domenica 20 dicembre 2020

Della purezza e della rettitudine dell'intenzione nel Predicatore

 


1 C'è anche un'altra difficoltà in questa impresa, forse non minore, e che ha bisogno non meno di un aiuto e di un favore celestiale, cioè la rettitudine e la purezza d'intenzione che il Predicatore deve avere nell'uso del suo ministero. Voglio dire, che dimenticando se stesso, le sue comodità e il suo onore, dovrebbe fissare il suo sguardo sulla gloria di Dio e sulla salvezza delle anime: occuparsi solo di quella, cercarla, pensarla, tenerla sempre davanti agli occhi, e non mettere mai da parte i suoi pensieri per pensare a se stesso. È infatti indegno che, quando si tratta della gloria di Dio Onnipotente, e della salute, o della morte eterna delle anime, l'uomo, disprezzando cose di tale importanza, in cui consiste la somma delle cose, faccia attenzione alla sua superbia, e senta di più, che questa inutile aura di rimorso popolare sia messa in pericolo, se purtroppo la sua preghiera è meno gradita all'uditorio della gloria di Dio, e la salvezza delle anime.

2 Ma chi potrebbe essere così innamorato di se stesso, avendo dimenticato Dio, che se sapesse che questa ambizione predomina nella sua mente, non si vergognerebbe di una così brutta deformità, che è il disprezzo di Dio? L'Armenia, la matrona più chiara, come dice Francisco Senense, tornando a casa sua da un invito del re Ciro, tutti lodando la sua bellezza, e chiesto dal marito che le era apparso, egli rispose: "Non ho mai, mio caro marito, distolto gli occhi da te, e quindi non so quale sia la bellezza del marito di un'altra. Perché se questa donna pensava che fosse un'offesa molto grave posare gli occhi su qualcuno che non fosse suo marito, anche se fosse un re, quanto più detestabile sarebbe stato, quando si trattava della gloria di Dio e della felicità eterna degli uomini, che sono stati totalmente rinviati, camminare in quell'onore, che svanisce più rapidamente dell'ombra? Quando il profeta Eliseo mandò il suo servo con il bastone a crescere un bambino, gli ordinò di correre più veloce che poteva, senza fermarsi a salutare o rispondere a coloro che incontrava per strada; Con ciò egli implicava che coloro ai quali Dio affida la cura di risuscitare le anime morte dal peccato, con il bastone della severità divina e la virtù delle parole del Vangelo, dovrebbero darsi così veramente all'importanza di questo ministero, che dimenticando ogni rispetto umano, dovrebbero pensare solo a questo, e meditare su di esso giorno e notte; né, a causa di qualsiasi dipendenza da questo mondo, astenersi da questa occupazione: in modo che alla grandezza del ministero corrisponda la cura e la diligenza del ministro. Perché se un Padre dovesse correre a chiamare un medico per una figlia in travaglio e in pericolo, a causa della difficoltà del parto, potrebbe in questo momento assistere ai giochi del popolo, o a una farsa del genere, o dedicare la sua attenzione a queste cose? Poiché è nostro dovere, dunque, non salvare i corpi umani da qualche pericolo, ma le anime redente dal prezioso sangue di Gesù Cristo, togliendoli dalla gola della morte, per restituirli alla vita immortale, cosa c'è di più perverso e detestabile che costituire un uomo in una carica così alta, e volgere anche gli occhi al fumo di una vana gloria?

3. Questa deformità di fare di un uomo i suoi affari, quando Dio lo accusa dei suoi, è talmente irragionevole che non ci sono quasi termini per spiegarla; eppure è molto difficile non incorrere in questo. Per la purezza e la rettitudine d'intenzione che si esige dal predicatore evangelico ha un nemico molto potente nel cuore dell'uomo che lo combatte, che è l'appetito per l'onore e per l'eccellenza stessa, un affetto così veemente in molti, che l'amore innato per la vita e la propensione al commercio carnale che, come dicono i teologi, regna tra le altre passioni della natura corrotta, e in questa misura gli altri desideri, si arrendono all'ambizione dell'onore e della gloria. Infatti, quanti di noi vedono ogni giorno la propria vita messa a rischio, quando non c'è nulla nell'uomo che sia così gentile con lui, e anche quando cerca la morte, perché non subisce alcun danno al suo onore? Quanti sono coloro che conservano puro il proprio corpo, non tanto per timore di Dio, quanto per timore del suo disonore? Né sono necessarie molte ragioni per spiegare la forza e la tirannia di questo affetto esorbitante. Guardate le guerre che hanno combattuto Alessandro Magno, Giulio Cesare e altri re e imperatori, sia romani che di altre nazioni. Guardate anche i duelli che vediamo ogni giorno tra gli uomini e capirete facilmente che quasi tutte queste fiamme sono nate dal fuoco di questa ambizione. E se vi fidate poco di strane testimonianze, guardatevi dentro, scrutare le vostre passioni, e a poco prezzo riconoscerete, quanto è la forza di questa febbre.

4. Questo marciume del genere umano corrompe all'estremo la purezza d'intenzione che, come abbiamo detto, è necessaria per svolgere bene questo compito: perché questo affetto è tanto più veemente, tanto più grande è l'onore e la gloria, e tanto più si diffonde e comunica; e la fama di un grande Predicatore non si limita ai limiti della Città in cui vive, ma vola verso nazioni e regni strani. Così sentiamo che a Roma o a Milano c'è un ottimo Predicatore, che nella facoltà di preghiera è molto più avanti degli altri. Né è una reputazione di forza di corpo e di forza d'animo in cui non pochi bruti ci superano di molto, né è una gloria di ricchezza o di bellezza, che è fragile e passeggera, ma di arguzia, di abilità, di eloquenza, di nobile erudizione, e persino di bontà che deve risplendere nel sermone di un eccellente Predicatore. La cui gloria è più degna e più avanzata, tanto che il nostro desiderio, assetato di gloria, strappa e si precipita dopo di essa con più ardore.

5  Ma che dire della paura dell'ignominia, che tanto turba la comprensione di alcuni all'inizio del sermone da far sì che anche le membra del corpo si disarticolano e le ginocchia tremano quando vanno a predicare, né c'è modo di scrollarsi di dosso questa paura? Da dove viene questa vile passione, se non dalla paura e dal rischio di affronto a cui gli oratori sono poi esposti? E da dove viene questa grande paura dell'ignominia, se non dall'amore disordinato della gloria? Quale posto lascerà nella mente la comprensione di questi due affetti affinché, dando la mano a tutti gli altri, sia interamente occupata dalla gloria di Dio e dalla salvezza delle anime? È chiaro, quindi, che non è facile mantenere questa purezza di intenti nell'esercizio di quest'opera se il Predicatore non cerca di ottenerla da Dio come un suo dono raro e singolare, con molte lacrime, molte preghiere e meriti di virtù.

6. E non pensate che, praticando questo con cura e diligenza, siate completamente liberi dal rischio di questa macchia, perché in questa parte dovete sempre considerarvi sospetti. Infatti, come dice saggiamente san Gregorio: "Si inganni la comprensione il più delle volte, e si finga nelle buone opere di amare ciò che non ama, e il rispetto per la gloria mondana, si finga di odiare ciò che stima".

7. Ma molti predicatori, e soprattutto i giovani, sono così poco consapevoli di evitare questo pericolo che non lo conoscono nemmeno. Come in molte regioni il maldestro vizio dell'ubriachezza non è più considerato un vizio o un affronto, perché l'usanza depravata degli uomini è stata rimossa dall'orrore, così questa vanagloria è così familiare e naturale per molti dei Predicatori che difficilmente se ne accorgono, e nemmeno la considerano un peccato. Ma coloro che sono agitati dal timore di Dio si scrutano con un esame diligente e maturo, e tutti i seni della loro coscienza, non lasciando nulla dentro di loro che non registrano, vivono molto nel timore di questo rischio. Anni fa avevo una strettissima amicizia con un predicatore, un uomo pio che, come lui stesso mi ha detto, quando ha iniziato a predicare, prevedeva poco, alla maniera degli altri, il pericolo di questa vanità. Ma col passare del tempo, aprì sempre più gli occhi e considerò in sé stesso quello che avevamo detto prima, e fu così spaventato e confuso che pensò di abbandonare del tutto l'uso della predicazione e di astenersi a lungo. Ma dopo aver ripreso il compito dell'obbedienza, cercò con la massima cura di rafforzarsi in molti modi, e con molte preghiere contro questo nemico comune dei Predicatori. Ho detto brevemente ciò che va detto più a lungo per avvertire i ministri della Parola divina di stare in guardia contro questo rischio più nascosto, in una cosa che è la più precisa di tutte, nello svolgimento di questo ufficio. Perché, come ogni ragionamento di cose ordinate ad un certo fine, deve essere preso dallo stesso fine: si deduce chiaramente che, se questo è mal costituito, il resto dell'ordine, della ragione e anche del merito viene tolto.

dominicos

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