SOTTO LA GUIDA DELLO SPIRITO IN STATO DI CONVERSIONE
Secondo Benedetto, il padre spirituale deve vegliare attentamente sul novizio per vedere "se davvero cerca Dio" (si revera Deum quaerit: RB 58,7). Potremmo formulare altrettanto bene questa esigenza così: se cerca il vero Dio". Avrete capito che si tratta di sapere se non sia alla ricerca di un falso Dio, di cui porta in sé l'immagine. Deve invece raggiungere il vero Dio, quello che, al solo incontrarlo, lo libera. La guida deve aver incontrato anch'essa questo vero Dio e possedere il senso e il gusto di un'autentica libertà. La libertà è il riflesso di Dio nell'uomo: l'accompagnatore deve essere in grado di discernere questo riflesso nell'altro e di capire cosa avviene in lui, percependo i luoghi in cui è ancora prigioniero, minacciato di ripiegamento, nonostante un altrettanto evidente fervore solo esterno. Sorveglierà innanzitutto il censore interiore e l'influenza esercitata dall'immagine idealizzata: in questo il discernimento degli spiriti, o diakrisis, è assolutamente necessario. Il vero Dio non è quello delle nostre convinzioni o della nostra generosità ma - come dice in modo pregnante Ruusbroec - "il Dio che ci avviene dall'interno verso l'esterno", il Dio che bisogna accogliere nel nostro intimo più profondo. Può essere importante saper interpretare i sintomi di una mancanza di libertà negli altri. Eccone alcuni esempi: chi è carente di libertà può svilupparsi solo in una parte della propria personalità, mentre l'altra parte resta evanescente. E’ un tipo di persona che si incontra frequentemente ai nostri giorni: in lui le relazioni sociali sono in primo piano, assieme alla ragione, alla volontà e alla generosità, spesso interpretate come segni di un atteggiamento di fede. Altre forze sono invece relegate in secondo piano, spesso ridotte al silenzio, rimosse o per lo meno fortemente censurate: sono le forze vitali, proprio quelle che dovrebbero dare la vita; invece le si guarda con sospetto e sfiducia: sono circondate da dubbi mai espressi apertamente ma molto pesanti. Citiamo solo la tenerezza e l'amore, spesso confusi con erotismo e sensualità; lo spirito di decisione e l'efficacia, confusi con mancanza di delicatezza e di tatto; l'energia, scambiata per durezza; l'amore per la bellezza, interpretato come lusso superfluo; la fiducia in se stessi, confusa con l'orgoglio. Tutte queste forze vitali sono la ricchezza dell'uomo: Dio ne è l'autore ed esse dovrebbero restare a disposizione del suo regno. È quindi importante non tenerle sotto chiave ma renderle disponibili per una purificazione. Purtroppo vengono spesso sospettate, senza che si riconosca il loro valore positivo, la loro capacità di essere trascinate nel dinamismo dello Spirito che si incaricherà di dilatare ulteriormente le loro potenzialità nel suo amore e nella sua forza. Ecco alcuni tratti di questa divisione interiore che incontriamo così spesso. Essa rappresenta un carico pesantissimo per l'interessato, perché comporta un enorme dispendio di energie. Senza rendersene conto, quell'uomo esaurisce la propria energia nell'allontanare da sé tutte le proprie potenzialità di vita. Quando l'ego e la struttura psicologica della persona implicata sono fragili, questo dispendio di energie comporta anche dei rischi. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, viene trovato un compromesso vivibile: la persona in questione sembra vivere libera, anche se la sua umanità risulta diminuita. Resta chiusa all'amore e ripiega su un certo numero di ruoli paralleli che le richiedono molte energie e che finiscono per sopprimere ogni possibilità di amore e di vita autentiche. Sarebbe facile enumerare anche altri sintomi che indicano la mancata coincidenza piena e rappacificata con il proprio essere profondo e l'agire non conforme alla sorgente intima. Certi estremismi, per esempio: essere molto progressisti o estremamente conservatori, molto spirituali o assolutamente secolarizzati. Di fatto si tratta solo di nomi diversi dell'immagine idealizzata o della schiavitù del super-ego. Anche la malattia o un affaticamento cronico possono essere il segno di una tensione troppo forte; oppure i compiti che ci si è inventati senza che nessuno ce li abbia chiesti, o quelli richiesti che si assolvono in modo febbrile. Alcune forme di attivismo - l'incapacità di rifiutare qualcosa, di sospendere il proprio lavoro, di riposarsi, di andare a letto all'ora conveniente - sono solo sintomi di tensione interiore, così come certi riti nei quali si rinchiude la propria vita e per amore dei quali si spreca un tempo enorme. I confratelli giudicano spesso questi sintomi con un'ironia feroce, che però coglie nel segno; e anche il linguaggio popolare è ricco di espressioni a questo proposito. Di uno si dirà: "Se gli togli quell'incarico, è la sua fine!", o di un malato: "Se il medico gli toglie le medicine, ne farà una malattia!"; di qualcuno particolarmente virtuoso si dirà che è "un mostro di virtù", di un altro che impone a sé e agli altri un ritmo indiavolato: "E un boia! Si ammazza di lavoro". Ci sarebbe da domandarsi chi è la vittima e chi il carnefice... Quando un monaco viene definito "regola vivente" merita senza dubbio il rispetto, ma a condizione che oltre alla regola, qualcos'altro viva in lui. Visto dall'esterno un simile stile di vita può apparire soddisfacente, fino a un certo punto e per un certo tempo; a volte è addirittura oggetto di lode, ma in realtà la vita è soffocata in persone simili: non diventano mai adulte, sempre scontente, mai soddisfatte, si raggomitolano su se stesse. Nei loro rapporti non sono aperte agli altri e sono incapaci di donarsi gratuitamente. Saranno anche eroi - o vittime? - del dovere, ma non trasmettono la vita, sono sterili e sopravvivono a fatica. Hanno infatti bisogno di tutta l'energia disponibile per mantenere e controllare il processo in atto. Solo la morte le libererà, a meno che un giorno non assumano il rischio di confrontarsi con la propria debolezza, alla presenza e con l'aiuto di un fratello o di una sorella che le accoglie per quello che sono, con amore.
Nessun commento:
Posta un commento