domenica 28 febbraio 2021

Regina della Famiglia

 


Apparizioni a Ghiaie 


Risveglio di fede 

Il rinnovamento spirituale partito da Ghiaie è una realtà  storica da prendere in considerazione, se si vuole giudicare della  autenticità delle apparizioni. 

Lo stesso monsignor A. Bernareggi, vescovo di Bergamo,  nella lettera inviata alla diocesi, il 6 luglio 1944, rilevava l'ampiezza e la profondità di questo rinnovamento. Le pagine tratte  dal diario di don Felice Murachelli, ne sono una ulteriore conferma. 

L'Eco di Bergamo, quotidiano cattolico, il 22 maggio 1944, dopo la cronaca dei fatti di Ghiaie, così commentava: 

"In margine alla cronaca, ci preme tuttavia subito sottolineare, come questi fatti abbiano dimostrato in modo straordinariamente imponente e grandioso quale sete cocente di soprannaturale bruci in fondo all'anima di questa nostra generazione travagliata. È bastato che una speranza posasse per un attimo sul  cuore, fra tanta amara depressione, per vedere un popolo sollevarsi, e schierarsi e incamminarsi spontaneamente, senza che  nessuna campana suonasse, senza che un sacerdote si mettesse a  capo, anzi tra diffidenze e scetticismo, verso il richiamo di una  bambina. 

Persuase o meno sulla portata delle cose registrate, quelle  migliaia e migliaia di persone, nel tornare alle loro case, hanno  sentito e dimostrato con il loro comportamento che è comunque  sempre bello e confortevole mettersi in strada per andare verso  la Madonna e che un'ora di speranza è sempre un buon dono  materno. A prescindere per il momento da tutto, il gesto spontaneo di questa folla enorme è un dato di fatto di grande importanza che va sottolineato e, che è tale da indurre l'animo a  profonde e confortevoli considerazioni". 

Don Italo Duci, allora coadiutore nella parrocchia di  Ghiaie, ci fa conoscere l'influsso spirituale fatto sentire dalle  apparizioni, fin dai primi giorni. 

Scrive nel suo diario: 

"In questi giorni in paese si notò un risveglio spirituale.  Uomini e giovani si accostano ai sacramenti in buon numero.  Alcuni un po' restii alla Chiesa e ai sacramenti si sentirono  scossi. Le messe, anche nei giorni feriali, contro il solito erano  affollate. Alla gente sembrava che quello che avveniva non si  potesse spiegare umanamente, e diceva: "La bambina è troppo piccola perché possa ingannare". 

Dopo mezzogiorno (giovedì 18 maggio, n.d.r.) cominciò  ad arrivare gente che andava ad ammassarsi sul luogo delle  apparizioni: avrà raggiunto gli otto o dieci mila". 

Il 21 maggio, alla nona apparizione, andarono a Ghiaie più di 200.000 persone. 

Il giorno dopo don Duci si recò sul luogo delle apparizioni per la prima volta. 

"Appena giunto — scrive — mi sentii preso da commozione. Sembrava passato un uragano, un'alluvione, un bombardamento. Il vivaio del sig. Ferrari per una parte era stato ridotto  in uno stato pietoso. La maggioranza dei pellegrini per ricordo  asportavano un ramoscello di quei pini o di quelle piante. Alcune  piante furono letteralmente schiantate per l'enorme peso di grappoli umani. Il terreno di Colleoni Luigi era completamente  calpestato e ridotto come una piazza. Distrutti i filari di vite, di  granoturco, di frumento. Folla numerosa pregava commossa.  Molti passano per il paese recitando il Rosario". 

Il sabato 27 maggio molta folla affluì col proposito di pernottare all'aperto, pur di assistere alla prima comunione di Adelaide. Don Italo Duci annota: 

"Questa sera sono uscito dal confessionale alle 22.30.  Nell'uscire di chiesa trovai seduti sui gradini della porta principale pellegrini che alla mia meraviglia risposero: "Potremo  essere i primi a prendere posto in chiesa domattina!". Sul luogo  delle apparizioni già da parecchi giorni cominciano ad essere  portati ammalati; ma oggi il loro numero è aumentato. Anche  molti di loro hanno pernottato all'aperto. Tutta la notte sul luogo  delle apparizioni fu un susseguirsi di preghiere". 

Il 28 maggio, don Italo scrive: "Alle ore 5.30 la chiesa è  letteralmente gremita di forestieri desiderosi di partecipare alla  funzione della prima comunione della piccola Adelaide. Numero  straordinario di confessioni e di comunioni. Anche la piazza era  gremita di gente in attesa della bambina... La funzione si svolse  con la semplicità solita degli altri anni. Di straordinario c'era la  folla". 

Nei giorni seguenti l'afflusso dei pellegrini si accentuò. Per  alloggiare i malati si trasformarono in dormitorio, le aule, il  salone e il palcoscenico del teatro della scuola materna. Furono  mobilitati anche gruppi Unitalsi di Bergamo, Ponte S. Pietro,  Seriate, ecc. 

Il 31 maggio, ultimo giorno delle apparizioni, una folla immensa si riversò a Ghiaie. 

Don Italo scrive: 

"Per tutta la giornata un susseguirsi di confessioni e  comunioni. Alcuni sacerdoti vi celebrano la S. Messa. Le ultime  confessioni e comunioni furono alle 13.30. Gli ammalati raggiunsero quasi il migliaio. A detta di molti perfino sui treni e sui  tram si pregava e si cantavano inni sacri in onore di Maria. Le  vie che conducono a questa borgata da giorni non risuonano che  di preghiere e di canti. La maggioranza, per non dire tutti, passano con il Rosario in mano. In questi giorni in paese non è dato  sentire canti profani. Si è formata da sé come un'atmosfera di soprannaturale". 

Il 13 giugno, a un mese dalla prima apparizione,  giunsero a Ghiaie circa centomila pellegrini. La notte  precedente la chiesa parrocchiale rimase aperta. La  celebrazione delle sante Messe iniziò alle tre del mattino. 

"Sembrava — dice don Duci — di vedere la folla del Vangelo  che per tre giorni seguì Gesù dimentica degli stessi interessi materiali. Gli ammalati erano accomodati molti sui banchi, altri sul pavimento e su carrozzelle. Era un mormorio continuo di preghiere". 

In quei giorni cominciarono ad arrivare in treno pellegrinaggi  bene organizzati e diretti da sacerdoti. Non si possono citare tutti. A  causa di un riferimento storico vengono ricordati quelli del 6 luglio. 

"Già dalle quattro — annota don Duci nel suo diario — sono  in chiesa e celebro per quelli di Mandello. Alle sette giungono  pellegrinaggi dalla parrocchia di S. Lazzaro (Brescia), Cesano  Maderno (Milano), Turate (Como). La chiesa per tutta la mattina è gremita. Proprio al momento del "Sanctus" della Messa  che celebravano quelli di Saronno e di Turate, si sente passare  una squadriglia di apparecchi, e subito un bombardamento assordante. La ferriera di Dalmine è stata colpita e molti operai  vi sono periti. Dalmine è poco distante dal luogo delle apparizioni. In quel momento saranno state sul luogo delle apparizioni  migliaia di persone..." 

Il 12 e 13 luglio furono giorni di intenso lavoro per i mille  sacerdoti presenti, che si prodigarono a soddisfare la pietà di  trecentomila pellegrini, giunti a Ghiaie come a luogo sicuro, che  la Madonna proteggeva dai bombardamenti e mitragliamenti. 

Molti pellegrini giungevano a piedi da lontano e alcuni a  piedi scalzi. Dopo la mezzanotte nei tre altari della chiesa parrocchiale, iniziò la celebrazione delle sante Messe, che si susseguirono fino alle ore 14 e molti sacerdoti furono costretti ad  andare a celebrare nei paesi vicini e nella città di Bergamo (v.  D. Argentieri, o.c., pp. 103-106). 

Don Luigi Cortesi, nei suoi scritti ci dà notizie importanti su questo meraviglioso movimento spirituale. Egli afferma che il  recinto costruito sul luogo delle apparizioni, per difendere la  veggente e i malati dalla pressione della folla, era custodito  giorno e notte, da un denso cerchio di anime in preghiera. 

"Nella parrocchiale — egli scrive — le balaustre e i  confessionali erano affollati, a tutte le ore...L'asilo e la canonica  erano un ricovero, un albergo e un ospedale, sempre aperti. 

Le strade, fino a Ponte S. Pietro, erano altrettante propaggini della chiesa: la volta era il cielo, l'incenso era l'odor dei fieni  e delle siepi, che s'associava al coro ininterrotto di preghiere e di  canti offerti a Dio e alla sua dolce Madre" (v. Storia dei fatti di  Ghiaie, o.c. p. 108). 

"Dal Maggio al luglio circa 3.000.000 di pellegrini accorsero spontaneamente alle Ghiaie, non curando gli inenarrabili  disagi dei lunghi viaggi, soprattutto la fatica, la fame, la sete, il  sonno, la pioggia e il sole canicolare. Più di 30.000 malati  affluirono...Non si contano i pellegrinaggi collettivi provenienti  da varie località della diocesi bergamasca...dell'Italia settentrionale...perfino dall'Austria e dalla Jugoslavia" (v. Il problema  delle apparizioni di Ghiaie, o.c., p. 175). 

"L'eco di Ghiaie — aggiunge don Luigi Cortesi — fu una  travolgente ondata di fervore, la quale, ovunque pervenne, ridonò  ai cuori provati dalla disperazione la nostalgia della virtù, la  letizia del bene, le dolci speranze del cielo, strappò le anime  perdute dai camminamenti paludosi e tenebrosi del vizio,  risvegliò le energie sopite delle anime tiepide, incendiò le anime  pie e le rapì con ideali di vita eroica, in tutte le anime fecondò e  maturò una rigogliosa messe di preghiere e di penitenze" (v. Il  problema delle apparizioni di Ghiaie, o.c., p. 188).   

Nel promemoria del 1969, in parte già riportato, don Italo Duci scrive: 

"I fatti avvenuti nel 1944...meritano rispetto ed hanno  avuto degli aspetti spirituali positivi, di non poca importanza. 

Lo si può attestare ancor oggi alla distanza di tanti anni. La  maggioranza dei pellegrini arrivava recitando il Rosario o cantando inni alla Madonna...Era uno spettacolo commovente vedere  questa fiumana di popolo d'ogni condizione, che aveva l'aspetto  di una alluvione straripante...Sin dai primi giorni i pellegrini  iniziarono a riversarsi in chiesa, per accostarsi ai sacramenti,  sentendo il bisogno di purificarsi prima di andare sul luogo delle  apparizioni. Molte anime tornarono alla Chiesa ed ai sacramenti dopo decine di anni di lontananza. Da molti sacerdoti,  specialmente da quelli che aiutarono nelle confessioni, si  sentirono narrare fatti meravigliosi operati dalla grazia...Al termine di certe giornate era tanta la folla, che la chiesa rimaneva  aperta, e per tutta la notte si vegliava, si pregava, si confessava e  dopo la mezzanotte le centinaia di sacerdoti iniziavano la celebrazione della santa Messa e la distribuzione dell'Eucaristia...". 

Alle testimonianze citate, aggiungo quella di un vescovo.  Monsignor Giuseppe Maritano, del Pontificio Istituto  Missioni Estere (P.I.M.E.) di Milano, vescovo emerito di Macapà  (Brasile), cappellano di un lebbrosario nell'Amazzonia, nella  lettera di ringraziamento inviata il 19 agosto 1988, a padre  Mauro Mezzalonna che gli aveva mandato in omaggio il mio  libro sulle apparizioni di Ghiaie, tra l'altro, scrive: 

"In quei giorni era impressionante sentire le notti che pregavano (!), cioè sentire echeggiare nella notte i canti alla  Madonna, per le strade, nei dintorni di Ghiaie, senza la preoccupazione dei bombardamenti e delle rappresaglie. Erano carri e  barocci pieni di gente che ritornava felice dalle Ghiaie, perché  aveva sentito vicina la presenza della Madonna. Una Madonna  così semplice e buona che parlava il dialetto bergamasco. Rileggendo adesso le parole che diceva alla sua piccola Adelaide, mi  pare di sentirla rimproverare Gesù quando lo incontrò nel tempio.  In quel tempo ero vicedirettore del seminario teologico  del P.I.M.E. che era stato trasferito alla Grugana. Dopo pranzo, mentre gli alunni di teologia si riposavano, prendevo la bicicletta e la corona del Rosario e correvo alle Ghiaie e poi ritornavo in fretta. 

Al sabato e alla domenica andavo a Bernareggio (Milano)  ad aiutare in parrocchia e là non si parlava d'altro che della  Madonna di Bonate. Tutti ci andavano e ritornavano felici. C'erano anche quelli che non ci credevano, ma quando ci andavano  ne ritornavano profondamente impressionati. So che anch'io a  volte rimanevo senza saper che cosa pensare, perché non sono  molto a favore delle apparizioni, ma c'erano delle cose che non  erano nella normalità e che sembravano proprio manifestazioni  della presenza della santa Madonna. E alla Madonna io ho sempre voluto molto bene e gliene voglio assai, nonostante la mia  miseria che Lei conosce molto bene e sopporta con tanto amore. 

Varie volte andai alle Ghiaie ad aiutare per le confessioni.  Una volta, non ricordo bene se era in occasione della prima  comunione dell'Adelaide; mi pare di sì, perché c'era molta  incertezza se la Madonna sarebbe venuta o no. Quel giorno era  piovuto molto e il posto delle apparizioni era tutta una pozzanghera. Vi era preoccupazione quindi, per la folla enorme che il  giorno dopo certamente sarebbe venuta. 

In una pausa delle confessioni, durante la giornata, andai  anch'io sul posto, in un'ora in cui non c'era nessuno, e poi rientrai nel confessionale, nella chiesa parrocchiale. Passai praticamente tutta la giornata confessando; uscii alle ore 23 per celebrare la liturgia delle ore, e poi rientrai nel confessionale. Era  forse l'una dopo la mezzanotte, quando m'accorsi che stavo  sonnecchiando, perché mi sorpresi a dire ad un penitente: "Per  penitenza bisognerebbe incanalare l'acqua dentro un tubo..."  (dato quello che aveva visto prima, non era poi fuori posto,  n.d.r.). Per fortuna mi svegliai e corressi in fretta la penitenza e  uscii, perché non ce la facevo più. E di gente da confessare ce  n'era ancora una fila enorme. Ed erano confessioni, te lo dico  io, che valeva la pena ascoltare. Qualcuno può dubitare che la Madonna sia venuta o no a farsi vedere; certamente si è fatta sentire, e ha dato un forte scossone non soltanto alla gente delle  Ghiaie, ma più ancora, a molti che venivano da lontano". 

Molti in Italia e all'estero, in quegli anni bui, guardavano  alla luce che s'irradiava da Ghiaie, diventata oasi di pace e di  grazia, motivo di speranza per tutti. 

Chi andava a Ghiaie restava colpito dal numero enorme dei  pellegrini, dal loro spirito di preghiera e di sacrificio, dalle  testimonianze di conversioni, dalla fioritura delle opere di carità,  a vantaggio soprattutto dei malati, che a migliaia vi affluivano. 

Che valore ha tutto questo? È sufficiente a dimostrare l'autenticità delle apparizioni cui si ispira? 

Domenico Argentieri (o.c., p. 107) scrive: 

"Il vescovo di Tarbes, monsignor Laurence, nel suo  famoso "Mandement" del 18 febbraio 1862 trovava appunto nel  risveglio spirituale più ancora che nei miracoli, la prova della  realtà delle apparizioni di Lourdes...Traduciamo alla lettera le  parole di monsignor Laurence (e il lettore noti che ogni frase,  ogni parola, si adatta perfettamente a Bonate): 

"Se si deve giudicare l'albero dai frutti, noi possiamo dire  che l'apparizione raccontata dalla fanciulla è soprannaturale e  divina; giacché ha prodotto effetti soprannaturali e divini. Che  cosa è successo, fratelli nostri carissimi? L'apparizione era  appena conosciuta, che se ne sparse la notizia con la rapidità del  lampo...Ecco che tutta la contrada si agita: ondate di popolo si  precipitano verso il luogo della apparizione; si attende con una  religiosa impazienza l'ora solenne; e mentre la fanciulla rapita in  estasi, è assorbita dall'oggetto che contempla, i testimoni di  questo prodigio, commossi, inteneriti, si confondono in uno  stesso sentimento di ammirazione e di preghiera. 

Le apparizioni sono cessate, ma il concorso continua; i pellegrini venuti da contrade lontane, come dai paesi vicini, accorrono. Si vedono affrettarsi tutte le età, tutti i ceti, tutte le condizioni. E quale è  il sentimento che spinge tutti questi numerosi visitatori? Oh! Vengono per  pregare e domandare alcuni favori all'Immacolata Maria. Provano, col loro  atteggiamento raccolto, di sentire come un soffio divino Anime già cristiane si sono fortificate nella virtù; uomini agghiacciati dall'indifferenza  sono stati ricondotti alle pratiche della religione; peccatori ostinati si sono  riconciliati con Dio. Queste meraviglie della grazia, che portano un carattere  d'universalità e di durata, non possono avere che Dio per autore; non vengono esse,  per conseguenza, a confermare la verità dell'apparizione?". 

Nel giudizio positivo dato da monsignor Laurence, sulle apparizioni di  Lourdes, hanno avuto un peso determinante i frutti spirituali e la pronta e generosa  risposta del popolo, che ha accolto il dono di Dio, attingendo alla nuova fonte di  grazia. 

Severino Bortolan

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