«Questo sacramento è il segno della più grande carità ed è il sostegno della nostra
speranza per l’unione tanto familiare di Cristo con noi»[131].
San Tommaso
I diversi stati del Corpo di Cristo nell’Eucaristia
Dobbiamo prendere ora in considerazione i diversi stati che ebbe o poté avere Cristo nell’Eucaristia. Dobbiamo dichiarare senza esitazioni che la consacrazione, l’immolazione eucaristica, il memoriale, ciò che realizza il sacramento per la sua propria natura, è prendere il Corpo e il Sangue di Cristo così come li trova, in qualsiasi stato essi siano, in maniera che il sacrificio sacramentale non produce in Cristo nessun nuovo stato.
Il sacramento stesso non pone in un nuovo stato né la Persona divina, né il suo Corpo e Sangue[132]. Il nuovo stato che può avere il Corpo e il Sangue non derivano ad essi a motivo del sacramento (ex vi sacramenti = in forza del sacramento; ex vi verborum = in forza delle parole della consacrazione; ex vi convertionis = in forza della transustanziazione). «“In virtù delle parole della consacrazione”, noi abbiamo nell’Eucaristia tutte quelle realtà e solo quelle che sono contenute nella formula della consacrazione [...]; diamo a ciascun termine il proprio senso letterale e avremo enunciato con chiarezza tutto ciò che è sull’altare»[133]. «Poiché la conversione del pane e del vino non termina alla divinità o all’anima del Cristo, ne consegue che la divinità e l’anima di Cristo sono presenti non in forza del sacramento, ma per concomitanza naturale. Infatti, non avendo mai la divinità lasciato il corpo che assunse, dovunque si trova il Corpo di Cristo deve esserci anche la sua divinità. Quindi in questo sacramento è necessariamente presente la divinità di Cristo in concomitanza con il suo Corpo»[134], (è evidente che il pane e il vino non possono convertirsi né nella divinità di Cristo, né nella sua anima[135]). Il nuovo stato deriva al Corpo e al Sangue… per concomitanza naturale! (ex vi realis concomitantiae). Questa realtà teologica ha categoria dogmatica secondo il Concilio di Trento[136]. Non sono giochi di parole dei teologi, ma spiegazione della verità presente nella realtà stessa eucaristica, e che conferisce tutta la sua forza al fatto che la Messa è sacrificio.
La concomitanza, come s’intende in questo contesto, per le sue radici latine, significa tramite una ridondanza di verbo e avverbio l’azione di camminare con un altro, come compagno. Le sue radici sono: cum (con) e comes (compagno). Cioè il Corpo e il Sangue eucaristici di Cristo non sono soli, ma accompagnati; sono scortati d’amici, da un corteo di splendori[137], senza i quali di fatto non si presentano mai, e che sono: divinità, quantità dimensionale al modo della sostanza, e gli altri accidenti del Corpo[138], l’anima (che potrebbe in via ipotetica mancare), lo stato mortale e passibile o immortale e glorioso, ecc.
Per comprendere meglio questa verità vedremo la Messa in diverse fasi della vita di Gesù: nell’ultima Cena, nell’ipotesi che si fosse celebrata nel momento della sua morte e dopo la Resurrezione.
1. Nell’ultima Cena
Immaginiamo l’ultima Cena. Nel momento più importante Gesù istituisce l’Eucaristia. La distribuisce agli Apostoli: «Infatti era certamente il vero e identico Corpo di Cristo quello che vedevano allora i discepoli nella sua specie [in propria specie] e quello che veniva ricevuto sotto le specie del sacramento [in specie sacramenti]»[139]. La stessa persona seduta a capotavola. Avviene che quello che era passibile stava sotto la specie in forma impassibile, come pure era invisibile quello che, di per sé, era visibile. Per questo S. Tommaso ha messo come argomento d’autorità dello stesso articolo l’insegnamento del nostro amico Innocenzo III: «Ai discepoli ha dato il Corpo tale come lo aveva allora»[140].
Nella terza obiezione S. Tommaso presenta la seguente difficoltà: «Le parole sacramentali non sono più efficaci quando sono proferite dal sacerdote nella persona di Cristo [in persona Christi] di quando furono pronunziate da Cristo stesso. Ma ora in virtù delle parole sacramentali il Corpo di Cristo sull’altare viene consacrato impassibile e immortale. Dunque tanto più allora»[141]. E risponde così: «Gli accidenti del Corpo di Cristo, come si disse sopra, sono presenti in questo sacramento per naturale concomitanza, non già in forza [= virtù, potere, ragione…] del sacramento, il quale rende presente la sostanza del Corpo di Cristo [e del Sangue]. Perciò la virtù delle parole sacramentali ha il compito di produrre e rendere presente nel sacramento il Corpo di Cristo [e il Sangue], con tutti gli accidenti che (in quel momento) realmente possiede»[142]. Dice Dom Vonier che quest’ultima frase è un vero lampo di genio![143] (letteralmente «una genialità»). «Dal resto è grazie a questa distinzione fra le virtù del sacramento e la concomitanza che può essere mantenuto l’aspetto sacrificale dell’Eucaristia»[144].
Molti anni fa cominciai a studiare in profondità il tema dell’Eucaristia. Mi spinse fin dall’inizio un’intuizione che appena adesso posso vedere concretizzata in parole. L’intuizione era che il motivo per cui la Messa è sacrificio deve essere molto semplice, come tutte le cose grandi di Dio, che è Semplicità infinita. Penso che la pista si trova nell’ultima frase di S. Tommaso: «…la virtù delle parole sacramentali ha il compito di produrre e rendere presente nel sacramento il Corpo di Cristo [e il Sangue], con tutti gli accidenti che (in quel momento) realmente possiede», come per esempio i diversi stati dell’esistenza di Cristo. In virtù delle parole (e dei segni sacramentali) sono significati separatamente da una parte il Sangue di Cristo e dall’altra il Corpo di Cristo: non occorre nient’altro. Con la duplice consacrazione per la quale resta, da una parte, la sostanza del Sangue di Cristo sotto la specie del vino e, dall’altra, la sostanza del Corpo di Cristo sotto la specie di pane, non occorre nient’altro per ottenere il sacrificio sacramentale. Ecco la “mactatio mystica”, l’immolazione incruenta.
Nell’Ultima Cena, nel Sacramento eucaristico, a motivo delle parole c’era il Sangue sotto la specie del vino e il Corpo di Cristo sotto la specie del pane, e a motivo della concomitanza c’era il Sangue – sotto la specie di pane – e il Corpo – sotto la specie di vino –, la divinità, l’anima, lo stato mortale e passibile e gli altri accidenti della natura umana di Cristo.
Perché è proprio di questo sacramento prendere il Corpo e Sangue di Cristo così come li trova in qualsiasi stato essi siano.
2. Nella morte
Vediamo ora un caso ipotetico. Immaginiamo che un Apostolo stia celebrando la Messa o che il Corpo del Signore stava custodito in un tabernacolo: 1º. Nel momento in cui Cristo resta senza sangue, esangue; 2º. Quando muore in croce, cioè quando la sua anima si separa del corpo. Cosa sarebbe successo in questi casi?
1º. Quando resta senza sangue: «In forza della consacrazione, sotto la specie del pane, come si è detto sopra, è presente il Corpo di Cristo, e sotto la specie del vino è presente il Sangue. Adesso però, non essendo il Sangue di Cristo separato dal suo Corpo, sotto le specie del pane è presente per reale concomitanza anche il Sangue di Cristo insieme al Corpo; e sotto le specie del vino è presente anche il Corpo insieme al Sangue. Se invece al tempo della passione di Cristo, quando il suo Sangue fu realmente separato dal suo Corpo, fosse stato consacrato questo sacramento, sotto le specie del pane sarebbe stato presente soltanto il Corpo e sotto le specie del vino soltanto il Sangue»[145].
2º. Quando muore in croce: «In questo sacramento e sotto la propria specie il Corpo di Cristo è lo stesso nella sostanza, ma non si trova nello stesso modo: infatti nella propria specie esso viene a contatto con i corpi circostanti mediante le proprie dimensioni, il che non avviene nell’Eucaristia»[146], «[dove] non è in relazione con l’ambiente circostante mediante le proprie dimensioni, con le quali i corpi si toccano tra loro, ma mediante le dimensioni delle specie del pane e del vino. Di conseguenza a essere immutate e viste sono le specie, non già il Corpo stesso di Cristo»[147]. «Quindi tutto ciò che appartiene a Cristo in se stesso (nella sua sostanza) gli può essere attribuito sia nella propria specie che nella presenza eucaristica: p. es. vivere, morire, soffrire, essere animato [con l’anima] o inanimato [senza l’anima] e cose simili. Tutto ciò che invece gli conviene per i suoi rapporti con i corpi esterni gli può essere attribuito se viene considerato come esistente nella sua propria specie e non in quanto è presente nel sacramento: come essere deriso, coperto di sputi, crocifisso, flagellato e cose simili»[148], «perciò Cristo, in quanto sta nel sacramento non può subire [la passione]. Invece può morire»[149].
«Perciò se in quel triduo di morte fosse stato celebrato questo sacramento, l’anima non vi sarebbe stata presente né in forza del sacramento né per concomitanza naturale. Ma poiché “Cristo risorto dai morti non muore più”, come dice S. Paolo [Rom 6,9], la sua anima è sempre realmente unita al Corpo [e al suo Sangue]»[150].
«Nel sacramento ci sarebbe stato lo stesso Cristo che era sulla croce. Ma sulla croce egli allora moriva. Dunque sarebbe morto anche nel sacramento»[151], afferma nell’argomento d’autorità. Come l’anima nel momento della morte esce dal suo Corpo fisico così «in questo sacramento non sarebbe stata presente l’anima di Cristo: non per difetto di virtù nelle parole sacramentali, ma per la diversa condizione della realtà»[152].
È infatti proprio di questo sacramento prendere il Corpo e Sangue di Cristo così quale li trova, in qualsiasi stato essi siano.
3. Dopo la Resurrezione
Se si fosse celebrata la Messa al momento della Resurrezione del Signore, è ovvio che in quel momento anche l’anima tornerebbe al sacramento e il Corpo e Sangue, nel sacramento, acquisirebbero un nuovo stato glorioso e immortale, come quello che aveva Cristo nella sua specie propria in quel momento, e come lo ha adesso nei cieli. In modo che per virtù del sacramento sotto la specie del vino c’è la sostanza del Sangue di Cristo insieme (per virtù della concomitanza naturale) al Corpo, anima, divinità e agli accidenti della natura umana; e sotto la specie del pane c’è la sostanza del Corpo di Cristo insieme al Sangue, anima, divinità e agli accidenti della natura umana.
Perché è proprio di questo sacramento prendere il Corpo e il Sangue di Cristo così quale li trova, in qualsiasi stato essi siano.
Padre Carlos Miguel Buela,
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