martedì 23 febbraio 2021

La battaglia continua 2

 


 LA MESSA ECUMENICA DI PAOLO VI 

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Di quanto abbiamo detto sulla “nuova Messa”, elaborata accuratamente in un contesto socio-religioso e tutta impregnata di spirito irenico ecumenico, risulta in contrasto con la fede definita dal Concilio tridentino, e innegabilmente molto equivoca!

Quindi, siccome un Concilio non può essere in contrasto con un altro, tanto più questo Vaticano II (che è un “Concilio pastorale”!) può pretendere di annullare il Concilio tridentino, che è dogmatico, e perciò “de fide”! Del resto, non aveva detto anche papa Giovanni XXIII che il Vaticano II doveva solo «trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti»?19 Perciò, bisogna tener presente la dottrina cattolica circa l’oggetto, l’estensione e la natura del Magistero, quale è sempre stato esercitato nei passati Concili, e come è stato definito dal Vaticano I. Perciò, il “Novus Ordo” di Paolo VI non può chiamare in causa l’infallibilità pontificia, perché l’oggetto primario dell’infallibilità sono le “Verità”, formalmente rivelate, concernenti la FEDE e i Costumi20; e l’oggetto secondario dell’infallibilità sono quelle altre Verità che, anche se non formalmente rivelate, sono però strettamente connesse con quelle rivelate21, ossia: conclusioni teologiche, fatti storici, verità di ragione naturale, canonizzazioni dei Santi. 

Ora, il “Novus Ordo Missae” di Paolo VI non entra affatto nel campo dottrinale, perchè, in esso, non v’è stata definita alcuna dottrina. Al contrario, vi sono state taciute alcune Verità cattoliche definite, e sono state espresse altre in forma ambigua, a scopo di riavvicinare i protestanti. Ne consegue, quindi, che il “Novus Ordo” non è frutto del primato dottrinale, ma solo dell’attività pastorale di Paolo VI, per la quale non c’è alcuna promessa di infallibilità, come lo dimostrano anche le varie “omissioni” e “ambiguità” che contiene! Ne è prova anche il fatto che, dopo le “osservazioni” critiche dei due Cardinali, Ottaviani e Bacci, Paolo VI dovette  correggere (purtroppo ancora malamente!) il famoso art. 7, manifestamente eretico, e che Lui aveva già sanzionato con la Sua firma! Quello che poteva salvare Paolo VI fu solo l’assistenza dello Spirito Santo, che Gli impedì di cadere definitivamente nell’errore mediante quei forti richiami dei due Cardinali! (proprio come Gli accadde anche con l’“Humanae vitae”, in cui Paolo VI ha condannato la pillola, mentre, in precedenza, ne era stato personalmente favorevole!). “Rebus sic stantibus”, resta evidente che San Pio V sapeva quel che diceva quando segnò un limite invalicabile, “in perpetuo”, anche per i suoi Successori (compreso Paolo VI!). Infatti, la Sua Costituzione “Quo Primum” non fu né un atto disciplinare, né un atto di Governo Pastorale da potersi mutare per le circostanze storiche. La Sua Costituzione era una Codificazione definitiva di ciò che fu fin dai tempi apostolici, ossia: di sostanza dogmatica, immune, quindi, da eresia o errori dottrinali; di concetto teologico della Liturgia in genere, ma sopratutto della definizione dogmatica della Messa, come “Sacrificio Eucaristico” (e non “cena”!) e della sua celebrazione, che non è affatto di natura “comunitaria”, come afferma, invece, l’articolo 14 della “Istitutio Generalis”, dopo il Vaticano II!), ma bensì solo “celebrazione ministeriale del Sacerdozio Sacramentale”. Infatti, la “partecipazione del popolo” al rito, non ha mai significato, in venti secoli di storia della Chiesa, come un “diritto del popolo” a partecipare attivamente alla Messa, perché, se così fosse, sarebbe invalida! La “partecipazione del popolo”, quindi, può significare solo una “concessione benigna” della Chiesa a partecipare, con “dialogo”, ad alcune parti e preghiere di valore cerimoniale, ma mai a partecipare a quelle di “valore ufficiale” e “consacratorio”, che spetta solo al sacerdote validamente consacrato col Sacramento dell’ORDINE, stabilito da Cristo stesso, per cui è “conditio sine qua non” “ad validitatem… sacrificii Eucharistici”!

Fu per questi motivi che San Pio V potè concludere la Sua Costituzione Apostolica “Quo Primum” con queste solenni e terribili parole:

«NULLI, ERGO, OMNIUM “HOMINES” (compresi i Suoi Successori!) LICEAT HANC PAGINAM NOSTRAE PERMISSIONIS, STATUTI, ORDINATIONIS, MANDATI, PRAECEPTI, CONCESSIONIS, INDULTI, DECLARATIONIS, VOLUNTATIS, DECRETI ET INHIBITIONIS, INFRINGERE,… vel EI… AUSU TEMERARIO… CONTRARE (!)… “SI QUIS autem HOC ATTENTARE PRAESUMPSERIT… INDIGNATIONEM OMNIPOTENTIS DEI ac BEATORUM PETRI ET PAULI, APOSTOLORUM EIUS… SE NOVERIT INCURSURUM…».

Allora, a questo punto, ci si può chiedere se anche Paolo VI, successore di San Pio V, aveva previsto le “scomuniche” (anathema sit!) comminate a tutti coloro che “delinquono”, nel senso condannato dai Canoni 1°, 2°, 3°, 6°, e 9° della Sessione XXII del Concilio Tridentino!.. A rileggerli, mi sono chiesto se Paolo VI li conosceva questi Canoni tridentini, sì da farsi un serio esame di coscienza davanti a Dio e alla Chiesa, che Lui tradiva così pesantemente, e proprio come la voleva l’eretico massone Lutero, quando scrisse:

 «La Messa non è un sacrificio o l’azione del sacrificatore. Dobbiamo considerarla un sacramento o un testamento. Chiamiamola benedizione, eucarestia, mensa del Signore, memoriale del Signore. Le si dia qualunque altro nome, purché non la si macchi col nome di “sacrificio”».

E ancora: 

«Quando la Messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che avremo rovesciato con essa il papismo… Io dichiaro che tutti i postriboli, gli omicidi, gli assassini e gli adultèri, sono meno malvagi di quella abominazione che è la messa dei papi!». 

Persino il cardinale Prefetto della Congregazione per la Fede, il cardinale Ratzinger, ebbe il coraggio di ammetterlo, quando scrisse sul suo libro “La Mia Vita”, queste chiare parole:

 «LA RIFORMA LITURGICA, QUELLA VOLUTA DA PAOLO VI E REALIZZATA CON IL CONTRIBUTO E LA SODDISFAZIONE DI TEOLOGI PROTESTANTI, HA PRODOTTO DANNI ESTREMAMENTE GRAVI PER LA FEDE!»22.

Ergo... davanti alle macerie di questa povera Chiesa del Vaticano II, possiamo ben ricordare ancora quella stupenda “SEQUENZA” che si cantava, ante Vaticano II, davanti al “Tumolo”:

 «DIES ILLA... DIES IRAE... CALAMITATIS ET MISERIAE... DIES MAGNA... ET AMARE VALDE!»…

sac. Luigi Villa






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