Che se il bene e la vittoria vengono attuati attraverso l'obbedienza, i rovesci e gli insuccessi apostolici e le vittorie degli avversari devono ascriversi, evidentemente, almeno spesso, alla mancata conformità alla volontà dell'Immacolata. P. Kolbe è così convinto di tale verità che nulla teme tanto quanto il poter ostacolare, con la sua volontà e le sue iniziative personali, i progetti di Dio e dell'Immacolata. Sarà come un suo chiodo fisso, perciò, quello di implorare preghiere,: quasi in ogni lettera, perché non incorra in tale sventura.
Ci sarebbe da chiedersi' a questo punto: come mai, pur avendo consacrato tutto se stesso, l'uomo può sempre contrastare o impedire i piani di Dio.
La risposta non è difficile: l'uomo, pur se consacrato, resta malato, malato soprattutto di amor proprio. Per l'amor proprio egli crede più e, spesso, solo al proprio giudizio; e, non amando essere vincolato a nulla e a nessuno, rifiuta ostinatamente ogni obbedienza. È questa la libertà dell'uomo «animale», consistente solo nel potere di scelta, indipendentemente da ogni legge e valutazione morale. Una libertà in completa opposizione alla libertà dei «figli di Dio» che, fondata e diretta al vero amore, si muove sempre non solo nell'ambito della legalità e della legittimità, ma arriva, in purissima dedizione, ai vertici dell'eroismo e della santità di amore. La libertà dell'animale o della carne è, in fondo, schiavitù, più o meno grande soggezione a istinti e tendenze cieche. La libertà dello spirito, invece, è dominio, governo delle passioni che causa ed è, anche, effetto del ristabilito ordine interiore e in tutto l'essere che, perciò, è completa disponibilità al servizio di Dio e dell'Immacolata. Una meta alla quale bisogna tendere per vivere, fino in fondo, la consacrazione all'Immacolata; e che si raggiunge solo attraverso sforzi generosi, incessanti sostenuti dalla grazia. P. Kolbe, a riguardo, così si esprime: «Noi siamo proprietà dell'Immacolata, ma, nonostante questo, ci rimane un amore proprio assai sottile che, all'atto pratico, rende impossibile l'esercizio del governo di Maria su di noi. Noi possediamo un'individualità troppo grande per accettare volentieri tutti i progetti che la Madonna ha nei confronti della nostra vita (in pratica ciò si manifesta in modo evidente allorché qualcuno, ad es., decide di commettere un peccato). Di conseguenza riandando con il pensiero al ventennale servizio all'Immacolata, ho dinanzi a me, nella mia mente, coloro che hanno riconosciuto pienamente la loro indipendenza da Maria, si sono sottomessi in tutto ai suoi ordini e sono divenuti in modo sublime uno strumento nelle mani dell'Immacolata, allo stesso modo dello scalpello nelle mani di uno scultore, del pennello al servizio di un pittore, della truppa disciplinata in attesa degli ordini di un comandante».
Questa coesistenza e persistenza dell'amor proprio, anche nell'anima consacrata all'Immacolata, fa capire che la consacrazione, più che essere un atto passeggero o un sentimento di una pur bella emozione, deve provenire e costantemente radicarsi, sempre più, in un amore di volontà che sfida e vince ogni mutevolezza di sentimenti e di entusiasmi sensibili: «Dell'Immacolata siamo servi, figli, schiavi, cavalieri e tutto, tutto, tutto; in una parola apparteniamo a Lei, siamo Suoi sotto ogni aspetto, Suoi ogni giorno di più! Ma come attuare tutto questo? Non dimentichiamo che l'essenza e la perfezione della nostra consacrazione non sono né il sentimento né la memoria, ma la volontà. Perciò, nel caso che uno non sperimenti per nulla la dolcezza dell'intima familiarità con Lei (benché comunemente sia il contrario) e non sia capace di ricordarsi di Lei e di pensare per lungo tempo a Lei per qualsiasi motivo, se la sua volontà rimane accanto a Lei, se non revoca la propria consacrazione, anzi per quanto può la rinnova, ebbene, stia tranquillo, perché Ella regna nel suo cuore. E la volontà noi la possiamo controllare facilmente. Facciamo attenzione soltanto a conformarla sempre più perfettamente alla sua volontà e a compiere questa sua volontà nel modo più perfetto. Questo è tutto. Impegniamoci, inoltre, come un fanciulletto, nel riconoscere la nostra totale dipendenza da Lei e, quindi, nello stringerci a Lei, come figli alla mamma».
P. ANTONIO M. DI MONDA O.F.M.Conv.
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