martedì 18 maggio 2021

FUGGITA DA SATANA

 


MICHELA

 

La mia lotta per scappare dall'Inferno


La mia schiavitù diabolica

 Il rito di iniziazione e consacrazione sarebbe avvenuto nella notte fra il 14 e il 15 agosto, vigilia dell'Assunzione di Maria. Cominciai così a comprendere il significato delle date: oltre ai sabati (vigilie delle domeniche), anche le grandi feste della liturgia cattolica erano celebrate "al contrario" dai satanisti con il sacrilegio della Messa e dell'ostia consacrata. In preparazione a quell'appuntamento, la Dottoressa mi disse che per tutta la settimana precedente il Ferragosto avrei abitato con lei.

In quei giorni non uscimmo mai di casa. C'era una seduta quotidiana nella quale poneva particolare attenzione alle tecniche di sopportazione del dolore. Si raccomandava che non mi lamentassi, perché ero in grado di sopportare: «Sta' tranquilla. Poi proverai un piacere incontenibile». Tramite una specie di training autogeno mi aiutava inoltre a gestire le mie sensazioni ed emozioni, in modo da non farmene sopraffare. Fra noi c'erano rapporti sessuali soltanto di tipo anale. La masturbazione vaginale, che mi spingeva a praticare, aveva invece l'obiettivo di farmi imparare a controllare il mio orgasmo, allungando il più possibile i tempi, in modo che durante il rito potesse essere il Sacerdote di Satana a raggiungere per primo il piacere.

Anche l'alimentazione era particolare: tisane alle erbe e molta carne rossa al sangue. Fra l'altro questa dieta mi causò seri problemi di salute, portando a livelli eccessivi il contenuto di ferritina nel sangue. Ogni sera mi faceva indossare una tunica bianca bellissima, tutta ricamata, che avrei dovuto utilizzare durante il rito. Poi dovevo mettermi stesa a terra davanti ai suoi piedi per recitare l'atto di sottomissione al demonio.

La sera del 14 agosto uscimmo insieme di casa per il luogo del rito, dove giungemmo verso mezzanotte. Per la prima volta non avevo la benda sugli occhi, così mi fu possibile vedere che si trattava di un casale, con una cantina al piano interrato nella quale si scendeva tramite una scalinata di pietre. In macchina mi fece spogliare completamente e mi diede da indossare soltanto la tunica bianca e un cappuccio nero. Davanti alla scalinata d'ingresso, per la prima e unica volta, c'era il Sacerdote, tutto vestito di rosso, che mi attendeva. Sempre tenendo addosso il cappuccio, mi diede un bacio sulla guancia e mi fece segno di seguirlo.

Nella cantina c'erano già altre persone, tutte con la tunica nera e il cappuccio rosso, a semicerchio dinanzi all'altare, che era una lastra di marmo più grande del solito, lunga un paio di metri e larga un'ottantina di centimetri. Il Sacerdote si andò a sistemare sull'altro lato, mentre la Dottoressa si pose al mio fianco. Agli angoli dell'altare erano posizionati quattro candelieri a un solo braccio, con una candela rossa accesa. Da un lato c'era un tavolino con il calice, il vassoio con le ostie e il coltello, la gabbia con un corvo nero.

Proprio agli inizi ci fu una specie di interrogatorio rituale da parte del Sacerdote:

«Hai valutato bene questa persona? Ha seguito il percorso? È in grado di entrare nella setta? Si può consacrare a Satana?». Tutte domande a botta e risposta, cui la Dottoressa rispondeva sempre di sì. Dopo questa sequenza, lei mi disse di sfilarmi la tunica e di sdraiarmi nuda sull'altare. Il cappuccio nero continuavo invece a tenerlo sulla testa.

A questo punto cominciò il cerimoniale. Il corvo fu legato sulla croce capovolta e il Sacerdote lo uccise squartandolo all'altezza del cuore, mentre la Dottoressa ne Accoglieva il sangue nel calice. Io strappai il cuore dal Petto e lo passai al Sacerdote, che me lo infilò nella vagina. Poi lo tirò fuori e lo incise con il coltello, bruciandolo infine nel braciere che ardeva ai piedi della croce Con la punta della lama mi toccò la testa e la bocca, recitando una formula mediante la quale consacrava la mia intelligenza e volontà a Lucifero.

Quindi il Sacerdote mi incise sull'avambraccio sinistro, con il coltello, un simbolo satanico (qualche mese dopo scorgerò la medesima cicatrice sul braccio di una inserviente del mio ristorante). Subito dopo si fece un taglio sul polpastrello del pollice e qualche goccia del suo sangue andò a contatto con il mio. A quel punto il Sacerdote pronunciò una formula in latino, mentre la Dottoressa teneva il calice sotto il mio braccio per raccogliere il sangue che gocciolava. Per cauterizzarmi la ferita e bloccare l'uscita del sangue, lui fece arroventare la lama del coltello sulla fiamma di un candelabro e me la poggiò sull'incisione. Durante tutta questa operazione riuscii a mantenere il controllo del dolore, senza alcuna lamentela.

Successivamente mi incise con il coltello all'interno della vagina e pronunciò un'altra formula consacrando la mia sessualità ad Asmodeo. Quando passò il coltello rovente sulla ferita, per cauterizzarla, non riuscii ad avere il controllo e mi lamentai. Subito la Dottoressa intervenne: «Non far arrabbiare il Sacerdote. Tu sei in grado di sopportare».

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