LETTERA 13
Scritta nel medesimo tempo (389-91).
Premessa la futilità della questione se l'anima abbia un altro corpo più sottile (n. 1-2), A. espone il concetto di intelligibile e di sensibile e i rispettivi oggetti (n. 3-4).
AGOSTINO A NEBRIDIO
Lettera scritta di notte.
1. Scriverti le solite cose non mi è gradito, scriverti cose nuove non mi è consentito. Vedo infatti che delle due cose l'una non si addice a te, per l'altra non trovo il tempo. Giacché, da quando ti ho lasciato, non ho avuto mai l'occasione, mai un momento di calma per meditare e discutere fra me sulle questioni che siamo soliti trattare tra noi. Le notti invernali sono molto lunghe, è vero, e non vengono da me trascorse interamente a dormire, ma quando ho del tempo libero mi si presentano piuttosto dei pensieri di cose necessarie che fanno perdere la tranquillità. Che debbo dunque fare? Essere muto o silenzioso con te? Né tu né io vogliamo l'una cosa o l'altra. Mettiti dunque all'opera e prendi quello che ho potuto tirar fuori da me nell'ultimo tratto della notte in cui è stata scritta questa lettera, per tutta la sua durata.
Il così detto "veicolo" dell'anima.
2. Bisogna che tu richiami alla mente il problema che abbiamo spesso agitato e che ci ha agitati facendoci affannare ed accalorare, cioè di una specie di corpo o quasi corpo dell'anima (che la accompagna sempre) e che alcuni - lo ricordi certamente - chiamano suo veicolo. Questo corpo, se è vero che cambia posizione, è chiaro certamente che non è intelligibile. E tutto ciò che non è intelligibile è impossibile arrivare a conoscerlo con l'intelletto. Ma di ciò che sfugge all'intelletto se non sfugge per lo meno ai sensi, non si può negare in modo assoluto di poter dare un giudizio verosimile. Invece quello che non è possibile percepire né con l'intelletto né coi sensi dà luogo ad un'opinione troppo avventata e puerile, e l'oggetto di cui trattiamo è di questo genere, se pur esiste. Perché dunque, ti chiedo, non lasciamo da parte questa questioncella e, invocato l'aiuto di Dio, non cerchiamo di elevarci fino alla quiete somma della Natura che possiede la vita in grado sommo?
Corpo sensibile e corpo intelligibile.
3. A questo punto tu forse mi dirai che, sebbene i corpi non possano essere conosciuti per mezzo dell'intelligenza, tuttavia molti aspetti pertinenti al corpo li possiamo percepire per via dell'intelligenza, per esempio il fatto che il corpo esiste. Chi lo negherebbe infatti, o chi oserebbe affermare che questo sia verosimile piuttosto che vero? Così, pur essendo il corpo in sé conosciuto in modo verosimile, tuttavia che esista in natura una tale realtà è assolutamente vero. Dunque il corpo è una cosa sensibile, ma l'esistenza del corpo è intelligibile: sarebbe infatti impossibile conoscerla altrimenti. Così quel non so che su cui verte la nostra indagine, cioè quel corpo su cui si pensa che l'anima si sostenga per passare da un luogo all'altro, sebbene sia percepibile, se non dai nostri sensi da altri molto più acuti, tuttavia se esista lo si può conoscere per un atto dell'intelligenza.
Conoscenza sensibile e conoscenza intelligibile.
4. Ma se sosterrai questo, richiama alla tua mente che l'atto che chiamiamo intendere, avviene in noi in due modi: o per un atto dell'intelletto e della ragione che deriva da essi ed in essi rimane, per esempio quando comprendiamo che esiste l'intelletto stesso, o per un'impressione che riceviamo dai sensi, ad esempio nel caso di cui abbiamo parlato, cioè quando comprendiamo che il corpo esiste. Nel primo caso noi giungiamo alla conoscenza sotto l'ispirazione di Dio per mezzo di noi stessi, vale a dire partendo da ciò che è in noi; nel secondo, sempre sotto l'ispirazione di Dio, giungiamo alla conoscenza partendo da ciò che ci viene comunicato dal corpo e dai sensi. Se queste premesse sono valide, nessuno può sapere se quel corpo esista tranne colui al quale i sensi ne abbiano dato notizia. E se pure vi è qualcuno che si trovi nel numero di tali esseri, dato che ben vediamo che noi non facciamo parte di esso, io credo risulti provato anche ciò che avevo cominciato a dire più sopra, cioè che tale questione non è di nostra pertinenza. Vorrei che tu vi tornassi sopra con insistenza ed avessi cura di farmi conoscere il risultato delle tue riflessioni.
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