domenica 22 agosto 2021

Lettere di Sant'Agostino

 


LETTERA 13 

Scritta nel medesimo tempo (389-91). 

Premessa la futilità della questione se l'anima abbia un altro corpo  più sottile (n. 1-2), A. espone il concetto di intelligibile e di sensibile  e i rispettivi oggetti (n. 3-4). 


AGOSTINO A NEBRIDIO 


Lettera scritta di notte. 

1. Scriverti le solite cose non mi è gradito, scriverti cose nuove non  mi è consentito. Vedo infatti che delle due cose l'una non si addice  a te, per l'altra non trovo il tempo. Giacché, da quando ti ho  lasciato, non ho avuto mai l'occasione, mai un momento di calma  per meditare e discutere fra me sulle questioni che siamo soliti  trattare tra noi. Le notti invernali sono molto lunghe, è vero, e non  vengono da me trascorse interamente a dormire, ma quando ho del  tempo libero mi si presentano piuttosto dei pensieri di cose  necessarie che fanno perdere la tranquillità. Che debbo dunque  fare? Essere muto o silenzioso con te? Né tu né io vogliamo l'una  cosa o l'altra. Mettiti dunque all'opera e prendi quello che ho potuto  tirar fuori da me nell'ultimo tratto della notte in cui è stata scritta  questa lettera, per tutta la sua durata. 

Il così detto "veicolo" dell'anima. 

2. Bisogna che tu richiami alla mente il problema che abbiamo  spesso agitato e che ci ha agitati facendoci affannare ed accalorare,  cioè di una specie di corpo o quasi corpo dell'anima (che la  accompagna sempre) e che alcuni - lo ricordi certamente -  chiamano suo veicolo. Questo corpo, se è vero che cambia  posizione, è chiaro certamente che non è intelligibile. E tutto ciò  che non è intelligibile è impossibile arrivare a conoscerlo con  l'intelletto. Ma di ciò che sfugge all'intelletto se non sfugge per lo  meno ai sensi, non si può negare in modo assoluto di poter dare un  giudizio verosimile. Invece quello che non è possibile percepire né  con l'intelletto né coi sensi dà luogo ad un'opinione troppo  avventata e puerile, e l'oggetto di cui trattiamo è di questo genere,  se pur esiste. Perché dunque, ti chiedo, non lasciamo da parte  questa questioncella e, invocato l'aiuto di Dio, non cerchiamo di  elevarci fino alla quiete somma della Natura che possiede la vita in  grado sommo? 

Corpo sensibile e corpo intelligibile. 

3. A questo punto tu forse mi dirai che, sebbene i corpi non  possano essere conosciuti per mezzo dell'intelligenza, tuttavia molti  aspetti pertinenti al corpo li possiamo percepire per via  dell'intelligenza, per esempio il fatto che il corpo esiste. Chi lo  negherebbe infatti, o chi oserebbe affermare che questo sia  verosimile piuttosto che vero? Così, pur essendo il corpo in sé  conosciuto in modo verosimile, tuttavia che esista in natura una  tale realtà è assolutamente vero. Dunque il corpo è una cosa  sensibile, ma l'esistenza del corpo è intelligibile: sarebbe infatti  impossibile conoscerla altrimenti. Così quel non so che su cui verte  la nostra indagine, cioè quel corpo su cui si pensa che l'anima si  sostenga per passare da un luogo all'altro, sebbene sia percepibile,  se non dai nostri sensi da altri molto più acuti, tuttavia se esista lo  si può conoscere per un atto dell'intelligenza. 

Conoscenza sensibile e conoscenza intelligibile. 

4. Ma se sosterrai questo, richiama alla tua mente che l'atto che  chiamiamo intendere, avviene in noi in due modi: o per un atto  dell'intelletto e della ragione che deriva da essi ed in essi rimane,  per esempio quando comprendiamo che esiste l'intelletto stesso, o  per un'impressione che riceviamo dai sensi, ad esempio nel caso di  cui abbiamo parlato, cioè quando comprendiamo che il corpo esiste.  Nel primo caso noi giungiamo alla conoscenza sotto l'ispirazione di  Dio per mezzo di noi stessi, vale a dire partendo da ciò che è in noi;  nel secondo, sempre sotto l'ispirazione di Dio, giungiamo alla  conoscenza partendo da ciò che ci viene comunicato dal corpo e dai  sensi. Se queste premesse sono valide, nessuno può sapere se quel  corpo esista tranne colui al quale i sensi ne abbiano dato notizia. E  se pure vi è qualcuno che si trovi nel numero di tali esseri, dato che  ben vediamo che noi non facciamo parte di esso, io credo risulti  provato anche ciò che avevo cominciato a dire più sopra, cioè che  tale questione non è di nostra pertinenza. Vorrei che tu vi tornassi  sopra con insistenza ed avessi cura di farmi conoscere il risultato  delle tue riflessioni. 

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