venerdì 5 maggio 2023

«Come avverrà questo se non conosco uomo? »

 


1. Dopo il comprensibile turbamento provocato dalla presenza e dalle parole dell'Angelo, Maria riflette e chiede saggiamente spiegazioni.

«Come avverrà questo, se non conosco uomo?». Maria sa, dunque, come nasce un bambino: «conoscere» indica spesso, nella Bibbia, l'atto sponsale. «Non conosco uomo» sulle labbra di Maria esprime chiaramente il suo proposito di rimanere vergine; diversamente Maria avrebbe detto a se stessa: «Ciò che non è avvenuto finora - il conoscere uomo - avverrà in seguito». Maria in altre parole chiede all'Angelo: «Come posso dare alla luce un bimbo, se mi sono impegnata davanti a Dio a non avere rapporti sponsali? Dovrò tenermi dispensata dal mio voto, oppure Dio stesso provvederà a farmi diventare madre in altro modo?».

L'Angelo risponde: «Verrà su di te lo Spirito Santo, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra; per questo il bimbo sarà chiamato (biblicamente = sarà) Figlio di Dio». Con un linguaggio figurato l'Angelo rivela a Maria che la sua maternità sarà diversa dalle altre, perché avverrà per un intervento eccezionale di Dio stesso.

2. Le scarne battute dell'annunciazione rivelano in Maria un vigore mentale e una levatura morale d'eccezione. Nessuna vertigine di vanità, nessuno smarrimento, ma chiara consapevolezza della proposta e dell'impegno da assumere, prudenza squisita ed equilibrio luminoso. Il comportamento di Maria rimarrà sempre un modello mai raggiunto di contegno giovanile: il giovane e la ragazza che meditano il fatto, troveranno sempre in Maria l'esemplare di quella umile consapevolezza dignitosa che costituiscono l'ornamento della gioventù più dotata.

3. Nel contegno di Maria di fronte all'Angelo riluce l'indole personalizzante della grazia di Dio. Darsi a Maria è impegnarsi a elevatezza di sentire, è darsi una personalità che non si lascia strumentalizzare da nessuno, ma obbedisce solo alla Verità e all'Amore.

L'essere cristiani non comporta soltanto l'elevazione data dalla vita di grazia, cioè la nostra partecipazione alla vita di Dio, ma anche lo sforzo di comportarci secondo il cuore di Dio. Un principe che ha parte delle ricchezze del re suo padre, ma non ha il comportamento, l'elevatezza morale, il cuore regale, disonora la propria dignità; così noi, figli di Dio, siamo chiamati, in forza della vita divina, ad avere in noi «gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), cioè a pensare, sentire, agire secondo il cuore di Gesù.

Che cos'è in fondo la santità se non una elevatissima nobiltà di animo che si esprime non solo nella forza di amare Dio sopra ogni cosa fino al martirio e il prossimo come se stessi, ma anche nell'intelligenza dell'amore? L'amore è la linfa segreta di tutte le virtù: 1'«arbore della carità» (S. Caterina) si espande portando ogni frutto spirituale, e l'amore perfetto non è possibile senza anche una sola delle virtù teologali (fede, speranza), o cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), o altre virtù morali (fortezza, pazienza, umiltà, ardimento, ecc.).

La grazia di Dio tende a sviluppare in noi ogni perfezione.


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