IL FIGLIO DI DIO UMILIA SE STESSO IN QUESTO MISTERO.
Come in poco tempo si è accresciuto il dominio del Padre Eterno! Ecco il Figlio di Dio eccessivamente abbassato ed umiliato, ma Egli medesimo umiliò se stesso in tal
modo, per la gloria del Padre suo: l'Apostolo ce lo rivela con queste parole: Exinanivit semetipsum, formam servi accipiens (Egli annichilò se medesimo prendendo la condizione di schiavo) e inoltre: Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, etc. (si umiliò facendosi obbediente sino alla morte - PHILP., II, 7 e 8). L'Apostolo in due parole ci rappresenta i due più grandi soggetti di umiliazione del Figlio di Dio: quello dell'Incarnazione
con queste parole: Formam servi accipiens; quello della Croce in questi termini: Factus obbediens usquead mortem. Ma l'Apostolo ha cura di rivelarci the il Figlio di Dio, Lui medesimo, si umiliò in queste due grandi abbassamenti. Infatti, è da
notare che, riguardo al primo dice: Exinanivit semetipsum, etc.; e riguardo all'altro: Humiliavit semetipsum, etc.
Notiamo bene questa verità che dall'Apostolo viene espressa con tanta cura e contempliamo il Figlio di Dio quando entra nello stato di questi abbassamenti. Egli, [89]
scende dal Cielo dei cieli; viene su la terra, non dei viventi, ma dei morienti,; e viene a morirvi Lui pure; porta la somiglianza del peccato, e viene ad abitare in mezzo ai peccatori. E ciò che è intollerabile,
deve portare sopra di sé i peccati di tutto il mondo.
Adoriamolo in queste sue umiliazioni; adoriamo l'amore che lo abbassa e non manchiamo di riconoscere la sua grandezza nella sua umiliazione.
Guardiamoci dal separare ciò che Dio ha congiunto con un mistero oltremodo ineffabile, con un disegno così ammirabile, con un amore così inestimabile; adoriamo
invece unitamente ed incessantemente la grandezza abbassata e l'abbassamento esaltato.
Adoriamo questa grandezza fin dall'inizio dell'abbassamento. Orbene, a Nazaret incominciano gli abbassamenti del Verbo eterno: a Nazaret prima che a Betlemme. La prima nascita
di Gesù nella Vergine è quella, che dà al Verbo questo nuovo stato di umiliazione, quella nascita di cui parla l'Angelo quando dice a San Giuseppe: Quod in ex natum est (Quello che è nato in Lei) nascita interna nella quale Gesù nasce dalla Vergine nella Vergine.
Dopo nove mesi, Gesù dalla Vergine nascerà fuori dalla Vergine: questa seconda nascita lo manifesterà al mondo nel suo nuovo stato, ma non gli darà questo
stato; bensì lo supporrà e gliene darà il compimento.
La nascita di Gesù a Nazaret è quella che gli dà quello stato di umiliazione, perché stabilisce il mistero dell'Incarnazione, congiungendo in unità
di persona le due nature prima così distanti e fa sì che Dio sia uomo e che l'uomo sia Dio. Pertanto la prima nascita nella Vergine a Nazaret è come la prima uscita di Dio fuori di sé medesimo.
Dio in quell'istante esce come fuori di se stesso; col mistero che viene allora compiuto entra nella sua [90] creatura ed alla medesima si congiunge nella sua propria persona; abbassa la sua grandezza nel nulla dell'essere
creato; si riveste della natura dell'uomo e dello stato di infanzia, e per nove mesi rimane bambino nel seno della Vergine.
Questo è il suo primo passo, e come il suo ingresso nell'abbassamento e nel mondo. In questo primo passo del figlio di Dio che incomincia il suo viaggio dal cielo in
terra, in questo primo stato nel seno di sua Madre, noi riconosciamo ed adoriamo un Verbo-Infante, un BambinoDio; un Dio mortale ed insieme immortale; un Dio eterno e insieme sottoposto al tempo, alla misura dei giorni e dei
momenti (ciò che Nestorio non poteva comprendere): un Dio immenso e rinchiuso nel seno di sua Madre. Il medesimo Dio trovasi in questi stati differenti, perché ha due nature: divina l'una, umana l'altra;
una propria, l'altra appropriata; una gli conviene da tutta l’eternità, l'altra soltanto da questo istante: ma tuttavia tutt'e due gli appartengono e sono sue: una per essenza, l'altra per amore.
Queste due nature così differenti, ma indissolubilmente unite in Lui e nella sua persona, rimangono distinte, senza confusione; non sono separate, né dobbiamo considerarle come separate; vedendo l'abbassamento
di una, dobbiamo tener presente la grandezza dell'altra che la eleva sino al trono della Divinità, la deifica nella persona del Verbo e la rende divina, adorabile e fonte della salvezza.
Quel bambino dunque, appena nato in Maria al termine del colloquio angelico e nell'umile cella di Nazaret, è grande insieme e piccolo; ma è ben più grande
che piccolo. È vivente; anzi è la Vita medesima ed ha due sorte di vita: è vivente nel Padre suo e vivente nella sua santissima Madre.
Vive e nasce nel Padre suo, perché è sempre nascente da Lui; vive e prende una nuova nascita nella Madre sua, [91] perché or ora formato nella Vergine per opera
dello Spirito Santo; ed è fatto in onore del Padre suo: Factus est ei ex semine David secundum carnem, dice l'Apostolo. (Fatto a Lui [al Padre] dal seme di Davide secondo la carne - ROM., 1, 3).
Oh vita del Verbo increato nel Padre Eterno! Oh vita del Verbo incarnato nella Vergine sua Madre!
Parliamo un linguaggio più umile in onore di Colui che tanto si è umiliato!
Oh vita di questo bambino, nel suo Eterno Padre! Oh vita di questo bambino, nella Vergine sua Madre! Due vite ben differenti, ma tutt'e due divine e tutt'e due adorate dagli
angeli.
Nell’attesa che questo medesimo bambino ci elevi nel cielo per darei lassù la visione della vita che ha nel Padre suo, vediamo ora la vita che ha pure nella Madre sua
e l'esercizio ammirabile di tale vita.
La vita di Gesù in Maria è tutta nostra e tutta divina: tutta divina e tutta nostra, né gli angeli vi hanno parte se non per adorarla. Per noi, infatti, e non
per gli angeli Gesù è mandato; per noi e non per gli angeli viene su la terra; per noi é non per gli angeli vive, e morrà su una Croce: così canta la Chiesa medesima nel simbolo: Qui propter non homines et propter nostra salutem descendit de coelis, et incarnatus est de Spiritu Santo (Per noi uomini e per la nostra salute, è disceso dai cieli e si è incarnato per opera dello Spirito Santo).
Grandi parole, troppo poco considerate! Per noi è disceso dai cieli, dice la Chiesa nei suoi misteri, per noi si è incarnato. Guardiamo dal far getto dei nostri privilegi, né di diminuire, per ragioni umane i nostri favori; non priviamoci così alla leggera del massimo attestato del più grande amore che mai vi sarà
di Dio verso l'uomo. Non accomodiamoci di distinzioni inventate da alcuni [92] Teologi 40, distinzioni che non hanno fondamento nella parola di Dio, negli scritti dei santi Padre e neppure nella voce e nel sentimento della Chiesa. La Chiesa ci insegna che il Figlio di Dio si è fatto Figlio
dell'uomo per gli uomini. Accogliamolo, abbracciamolo ed amiamolo come tutto nostro. Questa vita ch'Egli prende è tutta nostra, sia nella sua origine, vale a dire nella natura da Lui presa in isposa; sia nel
modo, ossia nella condizione passibile per un po' di tempo in terra ed impassibile, per sempre in cielo.
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