venerdì 1 maggio 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA



I DUE FRATELLI TEOBALDO E JOSEF BURNER
Illfurt, Alsazia, 1864-1869


La liberazione di Teobaldo: 3 ottobre 1869

Benché tenuto continuamente al corrente delle vicissitudini delle due povere vittime, il vescovo  Raess era rimasto sempre scettico, ma alla fine si vide costretto a cedere alle numerose istanze che  gli venivano fatte, specialmente dal canonico Lemaire, decano di Altkirch. 1113 aprile 1869 nominò una commissione di tre ecclesiastici, il canonico Strumpf, rettore del seminario di Strasburgo,  Apollinare Freyberger, decano di Ensisheim, Nicolò Sester, parroco di Mùhlhausen, che subito si  recarono a Illfurt per un primo esame. Esaminata con cura e scrupolosità ogni cosa, interrogate le  persone interessate e in primo luogo i due ragazzi, restarono pienamente convinti della presenza  diabolica in quei fatti preternaturali e ne rìferirono al vescovo che finalmente diede il permesso per  gli esorcismi.

Per compiere gli esorcismi in un clima di minore pubblicità e di maggiore raccoglimento fu deciso  di allontanare i due ragazzi dal paese e si cominciò col più grande, Teobaldo. In settembre egli  veniva portato nell'orfanotrofio o San Carlo a Schiltingheim, dai padri marianisti, di cui era  superiore il padre Spitz. Lo accompagnò anche la mamma.

L’esorcismo fu tenuto la domenica 3 ottobre 1869, alle due del pomeriggio, nella cappella  dell’istituto dal padre gesuita Souquart autorizzato dal vescovo di Strasburgo.

Pensiamo che il lettore desideri conoscere come si vo1ge un esorcismo, cosa a cui non tutti hanno la possibilità di assistere. Per questo vogliamo dilungarci alquanto, una volta per sempre, anche sui  particolari di questa importante cerimonia.

Teobaldo, che da quando si trovava nell’istituto San Carlo aveva conservato una relativa calma,  quando fu portato nella cappella cominciò a agitarsi furiosamente, tenuto a bada dai padri  Schrantzer e Hausser e dal giardiniere André. Il suo viso, rivolto verso il tabernacolo, era e  congestionato come quello di un febbricitante. Una schiuma densa usciva dalle sue labbra e colava  fino a terra mentre egli si dibatteva come fosse steso su una graticola ardente, cercando invano di  trovare la porta di uscita. Ogni volta che il padre gli toccava il petto col crocifisso, il petto si  sollevava e si gonfiava. Appena si presentò l’esorcista padre Souquart, il demonio gridò:

— Via di qui, via di qui, sporcaccione!

Furono cominciate le litanie dei santi. All’invocazione «Santa Maria prega per noi» il demonio  ricominciò a agitarsi e a gridare forsennatamente:

- Fuori da questo trogolo, puzzoni. Non voglio star qui!

All’invocazione «Dalle insidie di satana liberaci o Signore» l’ossesso si mise a tremare come una  foglia e a divincolarsi con tanta violenza che tre uomini stentavano a tenerlo fermo.

Le stesse reazioni violente e paurose intercalate dalle solite parolacce e titoli offensivi si ripeterono  alla recita delle preghiere del rituale, alla lettura del vangelo di san Giovanni, alla recita del Gloria  Patri e tutte le volte che l’esorcista tracciava su di lui il segno della croce, come è prescritto dal  rituale, sulle labbra e sul petto del paziente. Teobaldo si mise a guaire come un cane bastonato e  cercò anche di mordere la mano del padre.

L’esorcista, lasciato il rituale, disse in tedesco al demonio:

— Spirito delle tenebre, serpe che fosti schiacciato, io, sacerdote del Signore, te lo comando, dimmi chi sei e come ti chiami.

— E che cosa importa a te, puzzone? Lo dico a chi mi pare e quando mi pare.

— Ecco il tuo spirito di orgoglio — replicò il padre — quell’orgoglio che hai avuto con Dio e che ti ha rovinato per sempre scacciandoti dal paradiso. Ma io te lo ordino:

satana, esci di qui, tu non hai nulla a che fare nella casa di Dio. La tua casa è l’inferno, l devi  tornare e restare!

— No no, non lo voglio — gridò il demonio — la mia ora non è ancora venuta.

L’esorcismo era durato tre ore. Il padre Souquart, stanco e madido di sudore, si ritirò per riposarsi  prima di tornare a Strasburgo, rimandando all’indomani la ripresa dell’esorcismo. Teobaldo, subito  calmato, uscì dalla cappella.

Nella serata il piccolo disse al padre Schrantzer:

— Ehi! Hai fatto bene a dargli la placca di latta (medaglia).

— A chi l’ho data?

— Al cocchiere.

Era vero. Il padre aveva regalato al cocchiere una medaglia di san Benedetto, particolarmente  efficace contro le infestazioni diaboliche, quando era andato a Strasburgo a prendere l’esorcista. Ma Teobaldo, che si trovava in quel momento al di là del fabbricato che divideva il cortile, non aveva  potuto vederlo.

— E come lo sai? - domandò il padre —. E che cosa sarebbe capitato se non gliel’avessi data?

— Avrei fatto ribaltare la carrozza, cavalli e viaggiatori. lo galoppavo al fianco.

— Intanto oggi ti abbiamo dato il fatto tuo. Conosci l’esorcista?

— Certo, è stato lui a scacciare uno dei nostri capi.

E difatti il padre Souquart aveva qualche anno prima fatto un esorcismo e scacciato il demonio da  una famiglia. Ma questo Teobaldo non lo poteva sapere.

Il giorno dopo, lunedì, il padre Souquart, accompagnato dai membri della commissione, tornò a  Illfurt e riprese l’esorcismo. Teobaldo fu fissato in un busto di ferro e legato strettamente a un  pesante seggiolone di velluto rosso e custodito da tre uomini per prevenire e impedire qualunque  sorpresa, ma anche questa misura servì a poco.

Il demonio si dimenò più che mai, sollevò in aria il seggiolone col fanciullo che vi era legato,  scaraventò a destra e a sinistra i tre uomini di guardia urlando sguiatamente e con abbondante  schiuma che gli usciva dalla bocca.

Le preghiere liturgiche durarono due ore, le quali finite cominciò il solito confronto diretto.  

L’esorcista disse:

— Adesso, spirito immondo, la tua ora è suonata. Ti ordino in nome della chiesa cattolica, in nome  di Dio e in nome mio come sacerdote di Dio, di dirmi quanti siete.

— Non te ne importa un cavolo, puzzone!

— Queste sono le parole che si adattano bene a un tuo pari, riprese il padre, che usi e che senti usare nell'inferno. Il tuo posto è là, nel fondo dell’abisso, non alla luce del sole. 

Tornatene là, all’inferno,  satana!

— Nemmeno per sogno, voglio andare dove voglio.

— Intanto ti ordino di dirmi quanti siete.

— Solamente due.

— Qualè il tuo nome?

— Oribas.

— E l’altro?

- Ypes.

— Orbene, spiriti immondi, vi ordino di uscire dalla casa di Dio. Qui non avete nulla da fhre, spiriti di perdizione, ve lo comando in nome del Santissimo Sacramento, andatevene via di qua!

- Te lo ripeto, puzzone, tu non puoi nulla contro di me, il tempo della mia partenza non è ancora  arrivato.

Il padre Souquart tremava ed era coperto di sudore ed era profondamente sconvolto per l’emozione.  Gli astanti lo erano non meno di lui. Tuttavia il sacerdote non si scoraggiò, riprese la lotta contro  l’avversario deciso questa volta a portarla fino in fondo. Preso il suo crocifisso lo mise davanti alla  faccia dell'indemoniato dicendo:

— Miserabile demonio che non osi contemplare la croce in faccia e allontani lo sguardo da essa,  credi di poter sfidare il sacerdote? Partirai di qui perché te lo comando io e tornerai all’inferno dove  il tuo posto è sempre pronto a riceverti.

— Ma ti ripeto che non voglio — gridò il demonio — non si sta bene laggiù.

— Dovevi obbedire a Dio — riprese il padre — ma hai ascoltato il tuo orgoglio e ti ha perduto.  Ormai sei lo spirito delle tenebre, allontanati dalla luce e ritorna nelle tenebre.

— No no no, voglio star qui. La mia ora non è ancora venuta. Non voglio andarmene.
Allora l’esorcista prese una candela benedetta dal papa, il così detto Agnus Dei, e la posò sul capo  dell’ossesso.

— Superbo demonio, ti metto questa candela benedetta sul capo perché ti illumini la strada che ti  conduce all’inferno. Questa luce è quella della chiesa cattolica e tu sei lo spirito dell’oscurità. Torna all’oscurità dell’inferno insieme coi tuoi compagni che ti aspettano.

— Io resto qui — rispose il demonio — qui sto bene, nell’inferno si sta male.

Il padre Souquart rimase un momento assorto in preghiera, poi si risolse di ricorrere all’ultimo  definitivo rimedio che si è sempre dimostrato efficacissimo contro il demonio quando fallivano gli  altri, l’invocazione della Madonna. Prese nelle mani una statuetta della santissima Vergine e  ricominciò:

— La vedi questa immagine della santissima Vergine Maria? Sarà lei a schiacciarti ancora una volta il capo. Essa deve imprimere nuovamente su di te il suo sigillo e scrivere sul tuo petto i nomi di  Gesù e di Maria perché tu ne sia eternamente bruciato. Non vuoi partire? Non vuoi andartene di qui  dopo che te l’ho ordinato in nome di Gesù, in nome della chiesa cattolica, del papa, del Santissimo  Sacramento? Non vuoi obbedire alla voce del sacerdote di Dio? Ebbene, satana, adesso è la santa  Madre di Dio che per mezzo mio ti ordina di partire. Vattene, spirito immondo, allontanati dallo  sguardo della Vergine Immacolata. Obbedisci! Essa te lo comanda, va via per sempre!

Gli astanti pregavano sotto voce. Il demonio con una voce da basso profondo da far venire i brividi  al sentirla gettò un grido disperato:

— Adesso, si, sono costretto a cedere.

Immediatamente il fanciullo si contorse come una serpe cui fosse stato messo un piede sulla testa,  un leggero scricchiolio percorse le sue membra, allungò il corpo e cadde a terra come morto.

Il demonio era fuggito e l’ossesso era finalmente liberato.

Paolo Calliari

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