Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini
LA TRASFORMAZIONE
DEI TITOLI IN MONETA
Raggiungendo il duplice scopo di ridurre sia il debito
pubblico sia l’attuale penalizzante rarità monetaria, e
senza violare la legislazione o la prassi vigenti, lo Stato,
emettendo una propria moneta, sotto forma di “biglietti di
stato”, che circoli parallelamente alle banconote emesse
dall’Istituto di Emissione, metterebbe a disposizione della
collettività un ulteriore volume di “unità di misura di valore” da aggiungersi alla massa di moneta già circolante.
In questo modo, anche se limitatamente a questa quota di
circolante rappresentata da moneta statale, lo Stato, e per
esso il popolo, riacquisterebbe la propria originaria e
fondamentale sovranità monetaria; e la moneta diverrebbe veramente proprietà del popolo, realizzando, sia
pure in misura parziale, il principio della “moneta del
popolo”.
Tutto questo, inoltre, costituirebbe il solo mezzo di difesa per il popolo, se dovesse avverarsi la previsione che,
prima o poi, potrebbero sopraggiungere tempi di emergenza, come effetto di quella globalizzazione che rappresenta un fenomeno dai molteplici aspetti: uno di questi è l’attuale eccessiva espansione di liquidità che non trova
alcuna corrispondenza reale con la produzione e con i
consumi. Una liquidità, beninteso, del tutto fittizia e virtuale, che ha determinato una altrettanto fittizia e virtuale
moltiplicazione della moneta.
Cosicché, oggi, si assiste ad una evidente contraddizione
tra una finanza globalizzata ed incontrollata, che, pur
basata sul nulla, è capace di spostare, con la semplice
pressione di un tasto, enormi capitali da un punto
all’altro del globo e di provocare disastrose crisi economiche, dove e quando la speculazione internazionale vuole, ed una economia reale (quella che interessa la gente)
stagnante per rarità di moneta, che non consente agli
uomini del mondo “occidentale” il consumo di tutti i
beni prodotti, ed a quelli del “terzo mondo” addirittura
di sfamarsi.
Questa enorme contraddizione, ingiusta ed immorale, impone una urgente riforma dell’attuale sistema monetario e
creditizio, e conforta che l’esigenza di una tale riforma sia
sostenuta da diverse parti dello stesso mondo finanziario,
cui ha fatto eco anche l’economista italiano Paolo Savona, il quale, in una intervista sul quotidiano “Il Tempo”
del 17 marzo 1997, non ha esitato a lanciare un inquietante
allarme contro la speculazione finanziaria internazionale:
«Siamo seduti su una polveriera e fingiamo di non accorgerci; o si decide di recuperare la sovranità attraverso il controllo della creazione monetaria internazionale, oppure rischiamo che esploda»; la soluzione «è tecnicamente possibile», ma «occorre la volontà politica».
Sulla stessa lunghezza d’onda, sembra porsi addirittura il
Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, il
quale, dando atto che il sistema finanziario e monetario
mondiale “ancora non è sotto controllo, nonostante i ripetuti e tentati sforzi”, e che necessita “un’àncora con
l’economia reale”, perché invece l’universo della finanza
marcia “con una sua autonomia”, auspica che i paesi poveri non diventino più poveri e che non si ripetano disastri finanziari come quello che colpì il Messico nel 1995.
Un attacco alla Banca Centrale Europea è stato portato
anche da Franco Modigliani, premio Nobel per l’Economia, quando ha dichiarato: “Non è tollerabile che una
banca Centrale, isolata, che non ha nessuna responsabilità né l’obbligo di spiegare quello che fa, possa continuare a creare disoccupazione, mentre i governi stanno
zitti”; «il vero limite della BCE (Banca Centrale Europea) è quello di non capire qual è il problema dell’Europa: dovrebbero lasciare andare l’inflazione, che non
c’è e non conta, e concentrarsi, invece, su come dare
forza agli investimenti”; ma per fare questo è necessario
che “l’autorità eletta abbia un’influenza decisiva sulla
politica della Banca Centrale».
Ed è contro i moderni e ben più pericolosi speculatori della finanza internazionale, liberi di agire soltanto per il loro
tornaconto, in un mercato globalizzato e connotato dal più
selvaggio liberismo, che lo Stato dovrebbe attuare un intervento, per contrastare la speculazione internazionale,
con la programmazione di un piano diretto a far fronte a
tutte le evenienze possibili: sia ad una inflazione, sia ad
una ancora più accentuata rarefazione della moneta; evenienze, queste, che dipendono solamente da una scelta arbitraria, operata dalle centrali finanziarie e non controllabili dalle singole autorità nazionali.
Contro, quindi, il pericolo che la moneta circolante perda
ogni valore (in caso di inflazione) o che non possa essere
spesa (in caso di scarsità artificiale), deve essere garantito ad ogni cittadino un “potere di acquisto” attraverso
uno strumento di scambio diverso dalle banconote
emesse dalla Banca Centrale (nazionale o europea), vale
a dire attraverso una moneta emessa dallo Stato in virtù
di una sovranità cui ha sempre diritto e che, anzi, costituisce il suo connotato essenziale.
“Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014
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