(…) Né conoscono te, né conoscono me!; e, pertanto, non c’è conforto per la tua anima ferita e straziata!
“Cercai chi mi consolasse e non lo trovai”. Perché le anime, non ricevendo il messaggio eterno che vieni a comunicare loro, non bevono dell’acqua divina che dal tuo seno si effonde a fiotti nella Chiesa per saziare abbondantemente tutti i suoi figli, lasciando te, che sei Sorgente di acque vive, e scavandosi cisterne screpolate che li portano all’allontanamento dalla Felicità infinita che Tu hai bisogno di comunicare loro.
Sei venuto alle tenebre e le tenebre non ti hanno accolto, e per questo, durante tutta la tua vita, dalla mangiatoia fino alla croce, dal primo istante del tuo concepimento, si conficcò nella tua anima la spina più profonda e acuta che può lacerare l’anima umana: l’ingratitudine.
“Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo unico Figlio”, nel quale Egli riposa pienamente. Il Riposo eterno del Padre, la Gioia ed il Gaudio dei beati, il Cantore infinito dell’infinito amore, l’Espressione eterna dello stesso Dio increato, “venne ai suoi e i suoi non l’hanno accolto”.
O Verbo, Parola infinita, perfetta e feconda che vieni a portare la consolazione dei beati agli sconsolati figli di Eva, a quelli che, al peccare, allontanandosi dalla Fonte della Vita, “si scavarono cisterne screpolate!”
Tu, l’Infinita Consolazione del Cielo, non trovi consolazione sulla terra: “Cercai chi mi consolasse e non lo trovai!” Parole misteriose; per il nostro intendere, doppiamente misteriose. La Consolazione eterna, il Verbo della Vita, che mendica consolazione tra le sue creature…! Che mistero…! Mistero di amore, di consegna e di oblio di se stesso.
Tanto si dimenticò, tanto si consegnò ed abnegò, così completa fu la sua vittimazione, che non c’era consolazione per l’anima sconsolata del Verbo Incarnato. Oh, mistero sovrano, incomprensibile…! Mistero di amore Tu ti sei, Verbo mio…! “Venne ai suoi ma i suoi non l’hanno accolto”, non l’hanno compreso, né lo comprenderanno mai sulla terra!
Ah, Gesù incompreso…! Io oggi, in silenzio, in preghiera, mettendo la mia anima di sposa nella tua, Fonte di vita, voglio bere e ascoltare dalle tue labbra divine, senza rumore di parole, come Verbo che ti sei, la sostanza di quelle parole che, trafiggendomi, mi hanno ferito, davanti all’impotenza che sento di comprendere qualcosa del profondo mistero di quel tuo lamento, e così, vedere se posso servirti da consolazione: “Cercai chi mi consolasse e non lo trovai!”
O Amore! Com’è possibile…? Vedo tante migliaia di anime: martiri, dottori, confessori, vergini…, e al di sopra di loro, tua Madre santissima che vive solo per consolarti, e fatta Immacolata, senza peccato, per comprenderti… E quanto più conosco Maria e quanto più vedo la grandezza immensa della mia Santa Madre Chiesa ed il frutto incalcolabile dei suoi santi, dei suoi martiri, che irrigandola con il loro sangue, soltanto per amor tuo hanno dato la loro vita tra cantici di lode, contenti e beati di poterti consolare e seguire, tanto più misteriose mi diventano ancora queste parole: “Cercai chi mi consolasse e non lo trovai…!”
Ma, penetrando oggi un po’ nell’oceano immenso della tua anima santissima, ho compreso un pochino che non c’è consolazione per te, perché non c’è comprensione che possa abbracciare te nella grandezza immensa del tuo dolore.
L’anima incompresa non può essere consolata. La tua anima, o Cristo mio, mistero e filigrana del divino Amore, perché è l’anima del Verbo, ha una capacità incomprensibile per noi di amore e di dolore, che sulla terra non si è mai potuta né si potrà mai abbracciare. E siccome l’anima è consolata nella misura in cui è compresa, quella parte dell’anima di Cristo che rimane senza essere compresa resta senza ricevere consolazione; e, eccedendo la sua capacità quasi infinitamente quella nostra, quella parte misteriosa, profonda e trascendente, alla quale mai potremo arrivare, rimane senza essere consolata, e per questo: “Cercai chi mi consolasse e non lo trovai”.
Ah, anima del mio Cristo, quale mistero di amore a Dio ed agli uomini si racchiude in te…! Mistero di consegna, di vittimazione. Quale dolore avrai sentito davanti all’incomprensione degli uomini…! Tu racchiudevi in te il dolore più grande che una creatura, sulla quale si è effusa la stessa fortezza del Dio altissimo, ha potuto sopportare.
Chi potrà comprendere i misteriosi amori per i quali ti consumavi di amore al Padre? E per questo, chi potrà intravedere il dolore così profondo che ti trafisse, davanti all’incomprensione, all’indifferenza e al disprezzo degli uomini per Dio?
Cristo mio, un po’ intravedo oggi, anche se non lo posso spiegare, dell’amore e dolore quasi infinito, in quanto uomo, che ardeva nella tua anima.
Gesù, Ostia dolorosa di amore –giacché non posso spiegare la filigrana di finezza e di capacità di amare e di patire che c’era nella tua anima– mi permetti almeno di effondere tutta la mia vita sulla tua, solamente per poterti procurare, o mio Dio Incarnato, un pochino di consolazione?
Oh, mistero di abbandono…! Tutta la vita del Cristo, un mistero di sconforto.
Gesù, Tu sei il Verbo che vieni a cantare agli uomini la tua Divinità e non sei ricevuto…! E sei il Cristo, Verbo Incarnato, che stai davanti allo sguardo del Padre come peccato e rappresentante di quel peccato, colui che lo stesso Padre, che si è la Santità per essenza, ha abbandonato; tu che eri sempre accolto “nel seno del Padre”, ardente nell’amore dello Spirito Santo, nel quale trovavi consolazione infinita davanti all’incomprensione, da parte degli uomini, della tua anima santissima…! Quale dolore per te, vedere che “la luce venne alle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta…!”
Durante tutta la tua vita, o Cristo mio, sei stato a sopportare, da una parte, l’incomprensibile, dolce e misterioso peso dell’amore che in te ardeva e ti bruciava; e dall’altra, l’insopportabile peso del dolore dei peccati degli uomini di tutti i tempi, che su di te cadevano per essere il Cristo, garante di tutti i tuoi fratelli; essendo tutta la tua vita un “tutto è compiuto” a quella volontà amorosa del Dio Amore ed a tutti i suoi amorosi disegni su di te. Ma dove più si è riflesso l’abbandono e la sconsolazione della tua anima, è stato nel momento supremo in cui eri inchiodato alla croce, solo e incompreso dalle creature. Come avrai guardato tutti i tuoi figli ed avrai visto che nessuno ti avrebbe potuto consolare, perché a nessuno era stato dato di abbracciare la profondità misteriosa e la vittimazione della tua anima…! E per questo: “Cercai chi mi consolasse e non lo trovai”. Non c’era consolazione sulla terra per te!
Povero Gesù…! Com’è possibile tanto dolore…?
E se non bastasse, ti rivolgi al Padre cercando consolazione, e vedi che Egli, distogliendo il volto dal peccato che tu rappresentavi, pure ti ha abbandonato. Non perché non ti comprendesse, poiché Egli, come Dio, ti penetrava totalmente; ma perché, rappresentando Tu il peccato, in quel momento Egli stava effondendo su di te la sua giustizia divina. E ha distolto da te il volto, lasciandoti sconsolato nel più terribile e desolante abbandono.
Poveretto, Cristo mio…! Con il tuo abbandono totale, hai protetto la mia anima sotto l’abbraccio infinito dello Spirito Santo.
Questo è stato il martirio più terribile e supremo della redenzione, nel momento della manifestazione del massimo amore di Cristo nei confronti dell’uomo: vedersi abbandonato dal Padre, Colui che non ha altro da fare che cantare al Padre.
Poveretto, Cristo mio…! Ormai non soltanto, sulla terra non c’è consolazione per te, ma neanche nel Padre trovi consolazione. “Cercai chi mi consolasse e non lo trovai!”
Scritto di Madre Trinidad de la Santa Madre Iglesia, del 12 dicembre 1959,
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