COLUI CHE PARLA DAL FUOCO
«Il giorno dopo, - scrive il martedì 23 novembre - nel momento stesso in cui Gli chiedevo di dare a tutte le mie sorelle, come a me, la gioia di sentirsi al suo servizio, venne e mi disse:
«- Sei felice anche quando soffri?».
«Sì, o Signore, perché è per Te».
«- Vuoi portare il peso di altre anime?».
«Sì, o Signore, perché Ti amino!».
«- Ebbene, tu soffrirai perché sei la vittima del mio Amore, ma nell'amore, nella pace, nella letizia in tutto e sempre». In uno di quei giorni Gesù le disse:
«- Unirò alla fedeltà tua quella di molte anime».
E per la prima volta, sempre in considerazione delle anime, la fa partecipare ai dolori della sua corona di spine.
«Ero nella cappellina di S. Stanislao - scrive il venerdì 26 novembre - Egli mi chiedeva di consolarlo ed io cercavo ciò che avrei potuto fare per questo».
«- Ti lascerò un momento la mia corona, Josefa, e proverai ciò che è la mia sofferenza».
«In quell'istante sentii il mio capo come cerchiato di spine che vi si confissero profondamente».
Più volte questo tormento si rinnovò, «così forte - ella scrive - che quasi stavo sul punto di lagnarmi, ma Egli mi disse:
«- Non ti lamentare per questa sofferenza poiché nulla varrà a sollevartene, tu partecipi al mio dolore».
Ormai la corona di spine entra nella vita di riparazione di Josefa. Sarà per lei la testimonianza della sua unione a Gesù Crocifisso, la parte di patimento affidata al suo amore, a volte un segno di perdono a lungo desiderato. Vi saranno tempi in cui la corona non lascerà la sua fronte; sofferenza però misteriosa, senza traccia visibile. Se ne potrà misurare l'intensità dall'estremo pallore del volto e dall'espressione dolorosa degli occhi. Il suo capo, un po' inclinato in avanti, non troverà riposo né giorno né notte, e non si potrà che tentare di sostenerla sotto l'intensità di un tale dolore.
Così ella prosegue il tirocinio dell'Opera redentrice a cui è stata eletta. Gesù progressivamente le rivela la sollecitudine del suo Cuore nella ricerca delle pecorelle smarrite con una bontà che nessuna lentezza scoraggia e verso la fine di novembre le affida un'anima della quale essa scrive la domenica 28 novembre:
«Ieri è venuto nel guardaroba dove lavoravo, col Cuore ferito e l'aspetto di un Ecce Homo».
«- Fino a che quest'anima non torna a Me - Egli disse - verrò a chiedere a te l'amore che mi rifiuta».
«Lo seguii fino al dormitorio e Lo adorai con gran rispetto».
«- Affinché tu comprenda meglio il mio dolore, Josefa, te ne farò partecipe».
«La mia anima venne allora assalita da grande angoscia. Gesù restava lì. Non diceva niente: Lo consolai come potei... quando mi disse:
«-Mi hai riposato perché Mi hai dato amore».
«Il lunedì 29 - scrive - durante la meditazione mi disse:
- Ti lascerò la mia corona di spine e me ne offrirai il dolore per quest'anima. Se tarderà a ritornare, uniremo noi due il nostro desiderio ardente per il suo ravvedimento. Così il mio Cuore sarà consolato».
Nel tempo stesso in cui le comunica l'ardore con cui attende le anime, le lascia sperimentare in se stessa la longanimità del suo sacratissimo Cuore. Ella conosce la propria debolezza quando il Maestro l'abbandona alle proprie forze.
«Non posso esprimere ciò che soffro, prosegue il 29 novembre. Mi sembra aver l'anima lontana da Lui e il corpo affranto e senza coraggio».
Chiede al Maestro che cosa vuol fare di lei in quello stato di impotenza, di scoraggiamento.
«- Ciò che voglio - le risponde - è che tu viva così unita al mio Cuore che nulla sia capace di distaccartene». E incitando la sua generosità:
«- Voglio riposarmi in te - dice. - Non rifiutarmi ciò che Mi appartiene!».
Io che ho sempre tanta paura di vedermi mancare il tempo di lavorare - confessa Josefa - Gli dissi: ma, Signore, sarò in ritardo per il mio ufficio».
«- Non sai dunque che sono il padrone del tuo cuore e di tutto il tuo essere?».
Lo sa abbastanza?... si sottrae a quell'invito e Gesù sparisce. Molte resistenze per proseguire nella via straordinaria attireranno ancora nuovi perdoni. Attraverso numerose lotte, a poco a poco, imparerà «la scienza dell'abbandono». Fino alla fine il suo amore della vita comune sarà sorgente di ripugnanze e di tentazioni. Il divino Maestro sembra voglia lasciarle questo campo di combattimento per aver la gioia di scoprirle sempre più la sua instancabile misericordia.
suor Josefa Menéndez
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