I PRODIGI DEL SUO CUORE
Se a Tombolo la carità di Don Sarto era apparsa meravigliosa, a Salzano superò ogni umano eroismo.
“Il cuore di lui era sempre aperto a tutte le miserie e tutto quello che aveva non era suo” 149. Il necessario poteva mancare a lui, ma non a chi era nella povertà e nella indigenza.
Davanti al bisogno non discuteva: dava fondo a tutto, “si spogliava di tutto” 150.
I frequenti richiami delle sorelle che vedevano scomparire biancheria ed indumenti, frumento, farina di granoturco e lo stesso modesto vitto quotidiano, non contavano, e, se volevano conservare quel poco di roba che avevano in casa, dovevano nasconderla, perché il futuro Pio X non vi mettesse su le mani 151.
Per Don Giuseppe contava una cosa sola: la sua grande fede nella Provvidenza.
Per questo non lo turbò mai la tentazione di accumulare danari, né mai pensò all'oggi per il domani ed anche con un pingue Beneficio non mise mai da parte un centesimo! 152
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Aveva una sola preoccupazione: tergere ogni lacrima amara e rendere meno umiliante la povertà dei suoi Salzanesi: il resto non aveva importanza per lui. Quando non aveva più nulla da dare, quando non sapeva come aiutare qualche famiglia colpita dalla sventura, non era contento se non si prestava a fare cauzioni, anche sapendo che alla loro scadenza avrebbe dovuto pagare di sua tasca 153.
Che cosa gli importava se per uscire da certe situazioni angustianti, create dalla sua inesauribile carità, doveva privarsi di tutto, dare mano perfino al suo stesso anello parrocchiale e mandarlo segretamente al Monte di Pietà di Venezia? 154
Che cosa gli importava se per soccorrere la povertà e sollevare l'indigenza dei suoi Parrocchiani doveva dimenticare così se stesso da trascurare perfino di fare le spese necessarie? 155
Qualche volta le sorelle si lamentavano che non aveva più calze, ed egli prontamente: “Aggiustate le vecchie, la tonaca copre tutto” 156.
La sorella Maria un giorno gli fece notare che aveva bisogno di una veste. Egli rispose: “non ho soldi”! 157
Non aveva calze, perché pensava più ai poveri che a sé.
Non aveva soldi, perché per i poveri aveva — come diceva il popolo — le
“mani bucate” 158. Non aveva vesti, perché “dava via tutto” 159, perché si privava di tutto, perfino delle sue stesse camicie e delle sue stesse scarpe 160. A lui bastava la gioia di chi tutto dona e nulla chiede: a lui bastava quietare angustie, consolare miserie, lenire dolori, sentire i poveri più vicini a sé e più vicini a Dio, mentre a chi lo consigliava di pensare un po' a se stesso, con la fede vittoriosa dei Santi, rispondeva, come tante volte aveva risposto a Tombolo: il Signore provvedeva! 161
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Il nostro Beato nel fare la carità era insuperabile.
Una mattina, verso mezzogiorno, la buona sorella Rosa, tutta affaccendata, era entrata in cucina. Ma quale la sua sorpresa quando non vide più la pentola che aveva messo al fuoco con un pezzo di carne per la minestra!
— Povera me! ... cosa farò adesso?! — esclamò con voce di lamento.
La udì Don Giuseppe, e, per tranquillizzarla, con un dolce sorriso, le disse: — E' venuto poco fa un pover'uomo che ha la moglie ammalata e quattro bambini che hanno fame. Non avendo altro da dargli, gli ho dato la pentola e con il brodo e la carne.
“Va là, va là — soggiunse subito — sta quieta, per noaltri el Signor provvederà”!162
— Ma cosa mangeremo noi adesso? — insisté la sorella che non sembrava volersi acquietare.
— “Polenta e formaggio”! — rispose lui che ordinariamente si contentava di un uovo o di una semplice minestra di fagioli 163.
Avevano bisogno di molta virtù le sue buone sorelle, dovendo sempre tacere! Se avessero osato di dire una sola parola, dal labbro del loro Don Bepi, avrebbero udito sempre la medesima risposta: “Avete paura di morire di fame? Non siamo nati per mangiare, ma per lavorare e per patire. Per noi il Signore provvederà” 164.
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Il grano del Beneficio della Parrocchia era destinato ai poveri. I Salzanesi affermavano che il loro Parroco “aveva sempre il granaio vuoto” 165, e, non senza commozione, ricordavano che in una annata di tremenda carestia egli aveva distribuito tutto il suo grano al popolo che pativa la fame, riservando per sé solamente “un mucchietto di fagioli allampanati e mezzo tisici” 166. Un giorno, un contadino, passando davanti alla Canonica, domandò:
— Di chi è quel grano messo lì al sole?
— E' dell'Arciprete! — gli fu risposto.
— Bisogna dire che il nostro Arciprete sia senza farina per avere tanta fretta di disseccare quel grano! — riprese il contadino.
Era proprio così!
Ogni anno il Parroco di Salzano era sempre il primo a raccogliere il grano, perché gli premeva di soccorrere i più miserabili della Parrocchia 167.
E per lui?. . . Per lui la solita mirabile parola: “La Provvidenza non manca maì”!
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Ma se la fame, sopportata non solo senza lamento, ma con gioia, non spaventava il Parroco di Salzano, non poteva fargli paura nemmeno il freddo. E di freddo ne faceva molto quel Marzo del 1868 e la legna, per il lunghissimo inverno, era venuta a mancare in tante famiglie.
In Canonica ce n'era ancora alquanta, ma veniva meno a vista d'occhio da un giorno all'altro.
— E' mai possibile che qui si consumi tanta legna? — domandò una sera meravigliato, al servo di casa il sacerdote chiamato per il Quaresimale a Salzano.
— E! ... — rispose il buon uomo — che vuole! ... qui la porta è sempre aperta!
Il Quaresimalista capì: era il Parroco che, nel suo gran cuore, si lasciava derubare per nascondere la sua carità. Ma, volendo avere da lui stesso la confessione, un giorno, lo interrogò:
— Come mai la legna nel cortile va scomparendo tanto rapidamente '?
— Vi è tanta gente, che patisce il freddo! — rispose Don Giuseppe.
— E tu?...
— Io posso farne senza! — replicò tranquillamente il Servo di Dio 168. Risposta eroica!
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Per i suoi molteplici impegni parrocchiali il Beato aveva un cavallo ed una carrozzella: ma il cavallo era di tutti e la carrozzella al solo vederla faceva pietà.
Un giorno, conversando con quel Don Giuseppe Menegazzi che abbiamo ricordato come suo contraddittore nei Catechismi Domenicali a dialogo 169, gli disse:
— Senti, caro Don Giuseppe, non ho ancora pagato le tasse e sono in arretrato con la retta del Seminario per un chierico povero della mia Parrocchia. Non ho un soldo e non so dove battere la testa. Non potresti tu che hai tante conoscenze farmi vendere il cavallo e la carrozzella?
— Il cavallo glielo faccio vendere, signor Arciprete — rispose Don Menegazzi — ma la carrozzella è così sgangherata che non vale la pena di arrischiarne la vendita. Non la vorrebbe nessuno anche a donargliela.
Poco dopo il cavallo fu venduto alla chetichella, ma la carrozzella continuò ad essere l'omnibus di tutti 170.
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— Oh! Don Carlo! ... Come mai da queste parti! — così un giorno la buona Rosa — la prima delle sorelle del Servo di Dio — nel vedersi venire incontro Don Carlo Carminati: il Cappellano sempre allegro di Galliera, collega di Don Sarto quando questi era a Tombolo.
— Sono venuto a salutare in fretta l'Arciprete! — rispose Don Carlo.
— Bravo, bravo! — ripigliò la buona Rosa — E, tirandolo in disparte, gli disse: — Senta, Don Carlo, in confidenza, una cosa. Questa mattina è arrivato in paese un merciaio che ha della buona tela. Don Giuseppe ha riscosso ieri un po' di danaro. Faccia un piacere, Lei che è tanto buono e conosce bene mio fratello: lo preghi che comperi un po' di tela. Capisce Don Carlo? Don Giuseppe non ha più biancheria personale. Ha dato via tutto!
— Ho capito, Rosina: guarderò di fare del mio meglio! — rispose Don Carlo. Il Cappellano di Galliera che conosceva il cuore del Parroco di Salzano — manco a dirlo! — si affrettò a fare la sua ambasciata, aggiungedovi da parte sua le più calde e persuasive ragioni.
Fiato sprecato, perché Don Giuseppe tronco subito ogni argomento, dicendo: “Lasciate là, lasciate là .... la tela si provvederà un'altra volta”!
Visto inutile ogni tentativo di piegare la volontà dell'Arciprete, Don Carlo e le sorelle ricorsero ad uno stratagemma piuttosto arrischiato.
Chiamarono il merciaio: scelsero un certo numero di metri della tela adocchiata; ne contrattarono il prezzo; la fecero
tagliare dalla pezza, e, rivolgendosi a Don Giuseppe che guardava impassibile, conchiusero il contratto, dicendogli:
— Don Giuseppe, tanti metri.... tanto danaro .... ora paga!
Don Giuseppe capì il tranello affettuoso, diede un'occhiata a Don Carlo, scosse il capo, e, con un tono di rimprovero, disse:
— “Anche tu vieni a tradirmi ed a macchinare inganni”?
Ma, comprendendo il pensiero che si era avuto per lui, tratto fuori il danaro che fortunatamente non aveva preso ancora altra via, pagò.
La buona Rosina ebbe un lungo respiro, e, rivolta al Cappellano di Galliera che se la rideva di gusto, tutta contenta, esclamò:
— Benedetto il suo arrivo, Don Carlo! Se oggi non c'era qui Lei, domani non si aveva né tela, né danari! 171
Ma la sorpresa non si rinnovò più.
Il Beato Pio X, del Padre Girolamo DAL GAL Ofm c.
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