LUTERO FLASH
La sua lotta contro la Chiesa “tradizionale”
1. È vero, all’inizio della Riforma, Lutero voleva ancora rimanere nella Chiesa tradizionale, anche quando, alla conferenza di Lipsia, negò decisamente l’infallibilità dei Concilii ecumenici, rifiutandosi di riconoscere l’autorità di definire i dogmi, sia al Papa che ai Concilii. Furono affermazioni veramente eretiche che lo separavano già dalla Chiesa e non le “Tesi sulle Indulgenze”. Quindi, Lutero, anche prima della scomunica, non era già più cattolico!
2. Il suo “matrimonio”
Fu certo una “unione sacrilega”, a causa degli impegni sacerdotali e dei voti religiosi dei due e Lutero stesso se ne rese conto, perché ne sentì coinvolto l’animo, rendendosi anche conto di essersi reso “ridicolo e spregevole”. Anche il suo grande amico Melantone, a un suo confidente scrisse, in greco, per avvolgerlo di segreto: «Spero che lei (la moglie) lo faccia diventare più serio, e che gli faccia pas sare la voglia di quelle buffonate che così spesso gli abbiamo rimpro - verato»! Ma Lutero rimase quello che era. Egli era persuaso che la sessualità fosse un fatto fisiologico ineluttabile, come la defecazione, la minzio ne, tutto sommato marginale. A completare il “quadro-uomo di Lutero” non va sottaciuta la sua inarrestabile e pittoresca coprolalia. In una sola predica, per esem pio, egli paragona più volte le “Bolle” del Papa alle scoreggie della sua sina. È una anormalità, questa, che stomacava anche i suoi più fidi se guaci, un segno indubbio di squilibrio interiore!
3. Fu una contraddizione vivente
Lo manifestava ovunque e sempre. Un esempio: vedendo addensarsi la bu fera su di lui, consigliato dal suo superiore, confessore, amico e confi dente, Staupitz , Lutero inviò al Papa le sue “Tesi sulle Indulgenze” e le “Risoluzioni esplicative sulle medesime”. In una di queste, afferma: «Quello che piace o non piace al papa, non mi fa alcuna impressione. È solo un uomo come tutti gli altri». Eppure, nella lettera accompagnatoria al Papa, aveva scritto: «Perciò, prostrato ai tuoi piedi, offro me stesso e tutto quello che sono e ho; vivifica, uccidi, chiama, revoca, approva, riprova come ti piacerà. Io riconoscerò la tua vo ce come la voce di Cristo, che regna e parla in te. Se ho meritato la morte, non ricuso di morire». Strano! Un minimo di criterio, di buon senso, di coerenza, di equilibrio, non poteva fare tali affermazioni, per ragioni dottrinali, a “un uomo come tutti gli altri”!.. Ma è la contraddizione tipica di questo Riformatore che arrivò fino al grottesco quando, scomunicato dal Papa, nel 1520, con incre dibile arroganza, scomunica, a sua volta, il Papa e i suoi colla - boratori: «Come essi mi scomunicano per il sacrilegio di eresia, così io li scomunico nel nome della sacrosanta verità di Dio».
4. Nemico dell’ascesi spirituale
Dopo l’apostasia non tollerò più neppure l’ascesi cattolica. Un giorno, a pranzo, sghinazzando su un tale che si era autocastrato per osser vare la castità, Lutero espresse il desiderio di avere non due soli testicoli, ma quattro. Ascetismo e rinunce, ormai, erano in lui annullate, dimenticate. «Mangiava molto e in modo sregolato ed eccessivo». Ma non solo nel mangiare era incontrollato, bensì anche nel denigrare, nell’offendere, nel gonfiare storielle contro la Chiesa, nell’insultare i suoi nemici, nei desideri di vendetta e via dicendo. Un Autore scrive: «Sotto un certo punto di vista potrebbe dirsi che ciò che più propriamente caratterizza questo Riforma tore è la potenza dell’odio. Nessuno, per questo riguardo, fu più anticristiano di lui; nessuno così naturalmente in antitesi con l’ideale evangelico della rassegnazione e del perdono»1. Un diplomatico polacco, che una sera cenò con Lutero, scrisse: «Nel parlare, Lutero si riscalda, abbonda nello scherno e nelle punzecchiature. Porta un abito che non lo fa distinguere da un dignitario di corte. In tutto il tempo che rimanemmo in sua compagnia, non si parlò soltanto; l’umore era ottimo, si bevve birra e vino assieme, come usa da quelle parti. Lutero dà proprio l’impressione di un “allegro compagnone”, come si dice. Quanto a quella santità di vita che molti gli attribuiscono non è per niente diverso da noi; si vede subito che è piuttosto arrogante e avido di gloria. E quanto a ingiurie, scherni e maldicenza, sembra privo di inibizioni»!
5. Il “coraggio” di Lutero
Dire che Lutero “non mancò mai di coraggio” è dire un falso! Quando suo padre si ammalò gravemente, lo mandò a chiamare; ma Lutero si rifiutò di andare perché – disse – i nemici lo avrebbero potuto uccidere durante il viaggio. Il suo avversario Muentzer, in un opuscolo contro Lutero, dove, tra l’al tro, lo accusa di prendere dalla Bibbia solo quei brani che fanno comodo a lui, piegandolo, inoltre, forzatamente al suo pensiero, aggiunge: «... c’è proprio da addormentarsi davanti alla tua insensata follia! Se sei stato a Worms dinanzi alla Dieta, devi ringraziare la nobiltà te desca a cui hai così bene unto il muso e dato miele. Essa non desiderava altro che tu, con la tua predicazione, facessi “regali boemi”: conventi e mo nasteri che tu ora prometti ai prìncipi. Lo sa chiunque che se tu avessi tentennato a Worms, saresti stato soppresso piuttosto che liberato dalla nobiltà... Anche lì hai fatto uso della tua violenta malvagità e della tua scaltrezza con i tuoi. Su tuo consiglio, ti sei fatto prendere prigio niero e poi ti mostri risentito! Chi non conoscesse la tua scaltrezza, giurerebbe certamente sui Santi che sei un pio Martino. Dormi, molle, dolce carne! Ti adoro più volentieri arrostito nella tua tracotanza (mediante l’ira di Dio nel vasellame o nella caldaia bollente (Geremia I:13) che cotto nel tuo stesso sugo. Che il diavolo ti mangi (Ezechiele 24:3-13)! Sei carne d’asino e ti cuoceresti lentamente, saresti una coriacea pietanza per i tuoi lattanti (p.212)». (Per regali boemi si intende la secolariz zazione dei beni ecclesiastici, secondo l’esempio hussita). Da sapere anche che Lutero, in quel tempo, diede l’autorizzazione al principe Filippo d’Assia, di contrarre segretamente un altro matrimonio, pur perdurando il primo, per paura che costui gli ritirasse il suo valido appoggio alla Riforma. È una nera incancellabile ombra sulla presunta autentica genuinità del suo cristianesimo! E questo succedeva nel medesimo periodo in cui il Papa rifiutava di ammettere il divorzio a Enrico VIII, anche a costo di perdere tutta l’Inghilterra! Ma va detto, per completare la figura umana dell’eresiarca Lutero! Il suo atteggiamento, insomma, fu sempre rigurgitante di contraddizioni, come il suo atteggiamento con gli ebrei, dapprima conciliante, poi ingiurioso ai loro riguardi e deciso alla loro emarginazione; come pure verso gli eretici, dapprima contrario ad ucciderli, poi, invece, deciso alla con danna a morte dei bestemmiatori, e via dicendo!
Lutero distrusse non solo la ideologia medievale, ma attaccò anche la Tradizione della Chiesa e spaccò non solo l’unità della Chiesa ma anche l’unità dell’Europa. Né si possono ignorare e tacere le sue demoniache ingiurie al papato, il suo sacrilego matrimonio, il suo crudele accanimento contro i contadini che fece uccidere a migliaia, la sua autorizzazione alla bigamia, il suo odio feroce e implacabile contro i suoi nemici, il suo linguaggio più che scurrile, la sua etica sessuale più che permissiva, la sua negazione radicale di tanti dogmi di fede, la sua soppressione dell’ascetica cristiana, la sua spocchiosa comminazione della scomunica al papa... come si poteva arrivare, oggi, da parte del cardi nale Willebrands a definire l’eresiarca Lutero “il nostro comune maestro”? Egli ha visto Dio solo come un tiranno che fa tutto lui: il bene e il male, per cui l’uomo, già “predestinato”, non deve far altro che ras segnarsi. Per Lutero resta valida solo la Fede. Le “opere buone” servono a niente, perché è solo la “Grazia” che ci salva. Da qui quel suo motto: “pecca fortiter et crede firmiter”, che vuol dire, in parola povere: fa quello che vuoi, fa tutti i tuoi comodi perché tanto ti salva la fede! Anche lui fu fedele a questa massima; la sua vita disordinatissima, sia sul piano morale che in quello dogmatico, fatto di sue teorie aberranti, che poi sviluppò, non sono altro che l’interpretazione fedele a quel suo con cetto da squilibrato!
Per Lutero non c’è alcuna distinzione tra laici ed ecclesiastici; diceva: «è questa una finissima e ipocrita tradizione». Così pure diceva del Diritto Canonico: «è mera presunzione della ciurmeria romana». Bisogna invece, dare «salde fondamenta al Diritto civile e alla spada... la quale ebbe vigore fin dalle origini del mondo»... «se il tuo nemico è un tuo par, un tuo inferiore o uno straniero, allora... violenza contro violenza». Ma si spinge anche più oltre: «Contro i nemici della Patria è opera cristiana, anzi dell’amore, uccidere a sangue freddo, predare, bruciare, e fare tutto quello che arreca danno purché si vinca... risparmiando, però, le donne e le vergini». Se la prese, poi, e in modo feroce, contro i contadini, per la loro fede e per il loro attaccamento alla terra. L’Autorità, quindi, deve colpire “per stangare i malvagi”, “ad vindictam malefactorum”. E aggiunge, in un misto di pietà e di terrore: «Cari signori, liberate, salvate, aiutate, e abbiate misericordia della povera gente; ma ferisca, scanni, strangoli chi lo può; e se ciò facendo troverai la morte, te felice! Morte più beata non potrai mai incontrare, perché muori obbedendo alla parola e al volere di Dio»! Con queste sue teorie da fanatico, arriverà a giustificare anche l’assolutismo di Stato, quale fu sintetizzato nell’espressione: “cuius regio eius et religio”, e cioè: la religione deve essere quella dello Stato, sia grande che piccolo, come lo erano ai tempi di Lutero. Così si arrivò a sostenere che il Principe doveva essere anche Capo e della Nazione e della Chiesa, come lo fu ed è ancora oggi in Inghilterra, dove la Regina è anche la “papessa” del Protestantesimo anglicano!2 La sua protestantizzazione delle masse, in fondo, non fu che una riusci ta compromissione con i poteri politici. Lo hanno riconosciuto anche i luterani del suo tempo, come, ad esempio, Soren Kierkegaard3, che scrisse nel suo “Diario”: «Il frutto della Riforma sfumò tutto in politica e sviluppo politico» (Diario n. 1468); e ancora: «... chiamò in aiuto i Principi e divenne in fondo, un politicante» (Diario n. 2458). Ecco l’opinione che Lutero aveva dei magistrati: «Amo il magistrato anche se pecca, perché pecca per necessità; quanto più, infatti, la funzio ne è importante, tanto più e più gravemente si pecca. I privati curano interessi privati, mentre il magistrato cura il corpo pubblico e si tro va, perciò, nel rischio più grande» (N. 50, p. 10). Nella organizzazione civile, i protestanti, sugli esempi del fondatore, arriveranno a rendere i Re o i Principi arbitri anche delle scelte religiose dei loro sudditi, stabilendo che “cuius regio, illius et religio”!
sac. dott. Luigi Villa
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