sabato 16 maggio 2020

ESERCIZIO DI PERFEZIONE E DI VIRTÙ CRISTIANE



Del desiderio ed affezione che dobbiamo avere alla virtù e alla perfezione 


Supplisce la vigilanza dei Superiori. 

Questo negozio della perfezione non è negozio, che si abbia a fare per forza, ma ha da procedere dal cuore. E così disse Cristo nostro Redentore a quel giovinetto del Vangelo: «Se vuoi essere perfetto» (Mt 19, 21). Ma se tu non vuoi, non basteranno tutte le diligenze e i mezzi che possono usare i Superiori per farti perfetto. Questa è la risposta e la dichiarazione della domanda, che fa S. Bonaventura, dicendo: qual è la cagione che anticamente un Superiore bastava per mille monaci, e per tre mila, e per cinquemila, come in fatti S. Girolamo e S. Agostino dicono, che tanti volevano stare sotto un Superiore; ed ora uno non basta per dieci; né per meno di dieci? (S. BONAV. De exter. etc. l. 2, c. 50, n. 5.) La ragione di questo si è, perché quegli antichi monaci avevano dentro del loro cuore un vivo ed ardente desiderio della perfezione, e quel fuoco, che là dentro ardeva faceva pigliar loro molto a petto il proprio profitto e li spingeva a camminare con gran fervore. «Risplenderanno i giusti e trascorreranno come scintille in un canneto» (Sap. 3, 7). Con questa metafora lo Spirito Santo ci dichiara molto bene la velocità e la facilità con cui camminano i giusti per la via della virtù quando si è acceso questo fuoco nel loro cuore. Guarda con che velocità e facilità corre la fiamma per un canneto secco, quando s'appicca in esso il fuoco: ora in questa maniera corrono i giusti per la via della virtù, quando sono accesi ed investiti da questo fuoco divino. Così facevano quei monaci antichi, e perciò non avevano bisogno di Superiore per quest'effetto; ma piuttosto per andarli ritenendo nei loro fervori. Quando poi non vi sia questo, non solo non basterà un Superiore per dieci, ma né anche basteranno dieci per uno solo, né lo potranno far perfetto, se egli non vuote. Questa è cosa chiara perché; a dire il vero, che gioverà il visitare all'orazione? Passato il visitatore, non può uno fare quel che gli piace? e stando ivi inginocchiato, non può stare pensando allo studio, al negozio e ad altre cose fuor di proposito? E quando va a render conto della coscienza, non può egli dire quello che vuole, e tacere quello che fa più al proposito, e dire che le cose vanno bene, non andando così, ma molto male? Tutto è superfluo e buttato via se egli non vuole e non desidera davvero la sua perfezione. 
 In questo luogo, viene ben a proposito quel che rispose S. Tommaso d'Aquino. Domandandogli una volta una sua sorella, come si sarebbe potuta salvare, le rispose il Santo: «volendo tu» (Hist. Praedic. l. 3, c. 37). Se tu vorrai, ti salverai: e se tu vorrai, farai profitto: e se vorrai, sarai perfetto. Qui batte il punto, che tu voglia, e lo desideri davvero, e ti esca dal cuore; ché Dio dal canto suo sta molto pronto per accorrere a noi: e se non v'è questo, tutto quello di più che possono fare i Superiori, sarà perduto. Tu sei quegli che hai da pigliare a petto il tuo profitto; perché questo è il negozio tuo, e a te importa, e non ad altri, e per questo sei entrato nella religione. E stia pur persuaso ognuno, che quel giorno che allenterà in questo e si dimenticherà di se stesso e di quel che concerne il suo profitto, e non userà diligenza per far bene i suoi esercizi spirituali, e non avrà un vivo ed acceso desiderio di profittare e d'andare innanzi nella virtù e di mortificarsi in quelle cose, nelle quali sa che ha necessità di mortificazione; quel giorno stesso, dico, il suo negozio andrà in rovina. E perciò il nostro S. Padre nel principio delle Costituzioni e delle Regole ci propone e mette questo per fondamento: «La legge interna della carità e dell'amore, che lo Spirito Santo suole scrivere ed imprimere nei cuori, è quella che ci ha da conservare, governare e promuovere nel suo santo servizio» (In prooem. Const. et Summ. reg. l; Epit. 351). Questo fuoco d'amore di Dio e questo desiderio del suo maggior onore e maggior gloria è quello che ci deve andare del continuo sollecitando, per avanzarci e far progresso nella virtù. 
 Quando davvero è nel cuore questo desiderio, esso fa che usiamo diligenza e sollecitudine per conseguire quel che desideriamo; perché la nostra inclinazione è molto industriosa per cercare e trovare quello che desidera, né le mancano mai mezzi per arrivarvi: e perciò disse il Savio, che il principio per acquistar la sapienza è il vero e sviscerato desiderio di essa (Sap. 6, 18). 

ALFONSO RODRIGUEZ 

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