venerdì 12 giugno 2020

Ecco fin dove si spinse il sindaco Massone di Ourem: minacciare tre bambini di una morte orribile pur di impedire alla gente di credere e manifestare apertamente la propria fede nel Signore, nella Sua Santa Madre e nella Chiesa Cattolica.



La Battaglia  Finale del Diavolo

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Ha inizio un’opposizione destinata a durare a lungo 

L’11 agosto 1917 il Sindaco di Ourem ordinò ai genitori dei tre  fanciulli di condurli in municipio giudicati perché fossero giudicati.  Ti Marto, padre di Giacinta e Francesco, disse: “non c’è alcun motivo  per portare dei fanciulli così piccoli dinanzi ad un tribunale di quel  tipo. Tra l’altro, il paese dista più di tre miglia, ed è troppo lontano  perché ci vadano a piedi. E non sanno cavalcare un animale. Non li  farò andare. Andrò io e spiegherò al Sindaco il perché”. Sua moglie  Olimpia acconsentì. Il padre di Lucia, Antonio, riteneva - come anche  sua moglie Maria Rosa - che se Lucia stava mentendo, sarebbe stata  un’ottima idea darle una bella lezione, mentre se invece stava dicendo  la verità (ma loro ne dubitavano) allora la Madonna l’avrebbe protetta.  Antonio mise sua figlia sul dorso di un asino (Lucia cadde almeno 3  volte, durante il tragitto) e i fanciulli iniziarono il loro cammino per incontrare il Sindaco. Ti Marto lasciò i propri figli a casa, andando a  parlare personalmente in loro difesa. Prima del viaggio, Giacinta disse a  Lucia: “Non ti preoccupare, se loro ti uccidono tu digli che io sono come  te, e Francesco ancora di più e che vogliamo morire pure noi. Ora andrò  al pozzo con Francesco a pregare tanto per te”.
Il Sindaco chiese a Lucia se aveva visto una Signora, alla Cova da  Iria, e chi pensava che fosse. Le impose di rivelarle il segreto che Nostra  Signora aveva confidato ai fanciulli e di promettere di non tornare mai  più alla Cova da Iria – Lucia rifiutò di dirgli il segreto e di fare una simile  promessa. (La Madonna aveva chiesto ai fanciulli di tornare alla Cova  da Iria il tredicesimo giorno di ciascun mese, e loro avevano promesso  che ci sarebbero andati per tutti i 3 mesi successivi). Allora il Sindaco  chiese ad Antonio se la gente di Fatima credesse a questa storia, ed egli  rispose: “O no, signore! Sono solo racconti da donna”.
“E tu cosa hai da dire?” chiese il Sindaco a Ti Marto. “Io sono qui  per vostra richiesta,” rispose, “ed i miei fanciulli dicono le stesse cose  che dico io”. “Allora pensi che la storia sia vera?”, chiese il Sindaco. “Sì,  signore, credo in quello che dicono”, rispose Ti Marto.
I presenti risero. Il Sindaco fece un cenno e uno dei suoi uomini  disse loro di andarsene. Il Sindaco li seguì fino alla porta e poi disse a  Lucia: “Se non mi racconti quel segreto, questo ti costerà la vita!” Poi  Lucia, suo padre e Ti Marto ritornarono ad Aljustrel.
La sera del 12 agosto, tre agenti di polizia convocarono i fanciulli  a casa di Ti Marto, dove il Sindaco in persona li stava aspettando. Egli  disse ai fanciulli che la morte sarebbe stata la loro pena se non avessero  rivelato il Grande Segreto che avevano appreso il 13 luglio. I fanciulli si  rifiutarono di dirglielo, sulla base del fatto che ciò avrebbe costituito una  disubbidienza nei confronti della Madonna: “Non importa”, sussurrò  Giacinta agli altri: “Se ci uccidono, tanto meglio, perché vedremo Gesù  e la Madonna”. La mattina del 13 agosto, Ti Marto era nei campi a  lavorare. Tornato a casa per lavarsi le mani, trovò una folla attorno a  casa sua, venuta per assistere all’apparizione che avrebbe avuto luogo  quel giorno, alla Cova da Iria. Sua moglie Olimpia era arrabbiata e  indicò con un cenno il soggiorno. Ti Marto raggiunse il soggiorno e  queste furono le sue parole, rivelate a Padre de Marchi: “Vidi il Sindaco  in persona. Anche allora, presumo, non fui molto amichevole con lui,  perché vidi anche un sacerdote ed andai a stringere la mano prima a  lui – poi dissi al Sindaco: ‘non mi aspettavo di vederla qui, signore’”.
Il Sindaco disse che avrebbe condotto i fanciulli alla Cova da Iria  sul suo carro per dargli il tempo di parlare col parroco di Fatima il  quale, disse, voleva porre loro alcune domande. I fanciulli ed i loro  genitori erano dubbiosi sul fatto di farli portare dal carro del sindaco,  ma obbedirono. Per prima cosa li portò con sé ad incontrare il parroco  di Fatima e poi, invece di portarli alla Cova da Iria, alcuni testimoni  lo videro agitare la frusta e condurre il cavallo a forte andatura nella  direzione opposta. Santos aveva condotto i fanciulli ad Ourem, e una volta arrivato lì, li chiuse a chiave in casa sua. 
C’erano almeno quindicimila persone quel giorno, alla Cova da Iria,  e tutti si chiesero dove fossero i fanciulli. Nel momento in cui Nostra  Signora stava per apparire, avvennero alcuni eventi soprannaturali,  che erano già stati notati dalla folla durante le altre apparizioni della  Madonna, cosa che convinse i presenti della Sua presenza, anche tra  chi non credeva. Ma i fanciulli non poterono essere lì per ricevere il Suo  messaggio. In quel momento, arrivarono delle persone con la notizia  che il Sindaco di Ourem aveva rapito i fanciulli e li aveva portati prima  dal parroco di Fatima e poi a casa sua, ad Ourem. La folla concluse  velocemente che i due avevano complottato insieme il rapimento, cosa  che secondo loro aveva con tutta probabilità “sminuito l’apparizione e  deluso la Madre di Dio”. Voci velenose si alzarono contro il Sindaco ed il  parroco, ma Ti Marto persuase la folla a non cercare vendetta: “Ragazzi,  calmatevi! Non dovete ferire nessuno! Chiunque debba essere punito,  lo sarà. Tutto questo è (permesso) dal volere di Dio onnipotente!” 
La mattina seguente il Sindaco di Ourem interrogò nuovamente i  fanciulli, i quali ripeterono ancora una volta di aver visto una bellissima  Signora, e di nuovo si rifiutarono di rivelare il contenuto del Segreto,  anche se Santos li aveva minacciati di imprigionarli a vita, di torturarli  e di giustiziarli. Il Sindaco era risoluto nell’ottenere una qualche sorta  di ammissione da parte dei fanciulli che potesse finalmente porre fine  alle manifestazioni religiose che avvenivano nella sua contea. Così li  gettò nella buia prigione cittadina, dalle celle maleodoranti e chiuse da  pesanti sbarre di ferro. I tre fanciulli vennero messi nella sala comune  con la maggior parte degli altri reclusi. Erano spaventati e tristi,  specialmente Giacinta, che aveva solo sette anni e che pensava che non  avrebbe mai più rivisto i suoi genitori. Ma i bambini si riassicurarono  l’un l’altro, ricordando ciò che la Madonna aveva detto loro sul Paradiso,  e Le offrirono le proprie sofferenze per la conversione dei peccatori. I  fanciulli recitarono il Rosario in prigione, e gli altri detenuti si unirono  a loro nelle preghiere. 
Poco tempo dopo, il Sindaco si fece portare i fanciulli da un poliziotto  e chiese loro per l’ultima volta di rivelargli il Segreto. Dal momento che  si ostinavano a non rivelarglielo, gli disse che li avrebbe fatti bollire vivi  nell’olio. Lanciò un ordine, ed una guardia aprì la porta. Chiese quindi  alla guardia se l’olio fosse caldo a sufficienza, e quest’ultimo gli rispose  di sì. Allora ordinò alla guardia di gettare per prima la più piccina,  Giacinta, nell’olio bollente. La guardia prese la bimba e la portò via. Un  altro poliziotto vide Francesco muovere le labbra in silenzio, e gli chiese  cosa stesse facendo. “Recito un’Ave Maria”, rispose Francesco, “così la  mia sorellina non avrà paura”. Lucia e Francesco erano convinti che  la guardia sarebbe tornata presto per uccidere anche loro. Francesco  disse a Lucia, “che cosa ci importa se ci uccidono? Andremo dritti in  Paradiso”.
Più tardi la guardia tornò nella stanza, dove i fanciulli venivano interrogati dal Sindaco, ed informò Lucia e Francisco che Giacinta era  stata viva uccisa nell’olio bollente poiché non aveva voluto rivelare il  Segreto; il Sindaco cercò allora di convincere i due bambini rimasti a  rivelare il Segreto, altrimenti sarebbe toccata loro la stessa sorte. Dal  momento che non intendevano rivelare il Segreto, Francesco fu portato  via per subire lo stesso destino. Subito dopo, la guardia venne per  prendere Lucia. Benché lei credesse realmente che Francesco e Giacinta  erano stati uccisi per non aver rivelato il Segreto che la Beata Vergine  gli aveva affidato, avrebbe preferito morire piuttosto di rivelarlo. Anche  Lucia fu quindi presa in custodia dalla guardia, che l’avrebbe - secondo  lei - sicuramente uccisa.
Giacinta, in verità, era stata semplicemente portata in un’altra  stanza, dove furono condotti anche Francesco e Lucia, quando era  venuto il loro turno di essere “bolliti nell’olio”; si ritrovarono quindi di  nuovo insieme. Era stato solamente un trucco architettato dal sindaco  per farli spaventare e far loro rivelare il segreto. Lucia, come scrisse  nelle sue memorie, ricordando ciò che era successo quel giorno, disse  che era convinta, così come lo erano stati i suoi due cugini, che stessero  realmente per essere martirizzati per mano del Sindaco.
La mattina seguente, dopo un altro interrogatorio, il Sindaco si  dovette arrendere al fatto che i tre fanciulli non avrebbero mai rivelato  il Segreto e ordinò il loro ritorno a Fatima. Era il 15 agosto, Festa  dell’Assunzione di Nostra Signora.
Ecco fin dove si spinse il sindaco Massone di Ourem: minacciare tre  bambini di una morte orribile pur di impedire alla gente di credere e  manifestare apertamente la propria fede nel Signore, nella Sua Santa  Madre e nella Chiesa Cattolica. Questo ci può dare un’idea dei metodi  disperati che i Massoni erano arrivati ad usare pur di sradicare la Chiesa  una volta per tutte, e di costruire al suo posto la loro Repubblica Atea –  non solo in Portogallo, ma nel mondo intero.

Padre Paul Kramer

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