venerdì 27 novembre 2020

PREGARE CON MARIA

 


VISITA GUIDATA AL MAGNIFICAT ...

Il Magnificat può essere visitato come una bella chiesa. Si può entrare in una chiesa distrattamente. Si spinge la porta, si entra: l'abitudine ha smussato l'attenzione. Si può anche entrare, fare silenzio, lasciarsi prendere dall'armonia delle masse architettoniche e dal canto che sembra sprigionarsi dalle vetrate, lasciarsi invadere dalla meraviglia.

Così è per il Magnificat: se si vuole pregarlo, è indispensabile conoscerne l'architettura interiore. Questo schema tratto da Michel Gourgues (Cahiers Evangile, n. 80) può servirci da guida:

[Sezione “ Io ”]

Inno al Dio di Maria (vv. 46‑49)

 L'anima mia magnifica il Signore

 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

 perché ha guardato l'umiltà della sua serva.

D'ora in poi tutte le generazioni

mi chiameranno beata.

 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente

e Santo è il suo nome:

[Sezione “ Essi ”]

Inno al Dio degli umili (vv. 50‑53)

di generazione in generazione la sua misericordia

si stende su quelli che lo temono.

 Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

 ha rovesciato i potenti dai loro troni,

ha innalzato gli umili;

 ha ricolmato di beni gli affamati

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Inno al Dio d'Israele (vv. 54‑55)

 Ha soccorso Israele suo servo,

ricordandosi della sua misericordia,

 Come aveva promesso ai nostri padri,

ad Abramo e alla sua discendenza per sempre.

Non si tratta di una nuova interpretazione, ma di un invito a scoprire alcuni elementi caratteristici per alimentare la nostra fede e la nostra preghiera. Questo potrà permetterci di capire che il cantico di Maria interrompe il racconto degli avvenimenti precedenti per svelarne il significato profondo. Maria è, così, la prima teologa del mistero dell'Incarnazione.

Inno al Dio di Maria...

Il Magnificat è un inno all'amore che raggiunge le vette. Che Maria ami il suo Dio è cosa certa. Ma ciò che scopre con stupore, ciò che non può tacere è la scoperta del mistero dell'Amore di Dio per lei, così umile, così piccola. E per l'umanità intera. Maria, infatti, non è che una creatura, fatta della stessa natura di tutti gli uomini, di tutti i tempi, di cui la storia non fa che accumulare, nel corso delle età, la piccolezza e la povertà. Di età in età (Cardinale Schwery, vescovo di Sion, Svizzera).

Nella prima parte, Maria parla in prima persona, è la sezione “ Io ” anche se ella non usa il pronome personale “ io ”, ma il pronome possessivo: “ mia ” (la mia anima, il mio spirito). Si può, a questo punto, osservare il contrasto tra ciò che è grande e viene da Dio o va a Dio, e ciò che è piccolo e caratterizza l'umanità di Maria: La mia anima magnifica (cioè dice grandi cose su Dio); l'Onnipotente ha fatto in me grandi cose; perché Dio ha guardato l'umanità, la piccolezza della sua serva.

Quest'inno di Maria a Dio è già un omaggio al Dio delle Beatitudini. Esso annuncia la beatitudine di Maria ed anche la beatitudine di tutti i credenti che verranno, come dice Elisabetta.

“ Si nota tuttavia osserva Michel Gourgues un'importante differenza. Elisabetta situa la beatitudine in relazione alle disposizioni di Maria stessa: “E beata colei che ha creduto”. Maria pone invece la propria beatitudine in relazione con le disposizioni e l'intervento di Dio: “Perché ha guardato l'umiltà della sua serva” (v. 48), “Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente” (v. 49) ” (Cahiers Evangile, n. 80, p. 40).

Maria insiste sulla gratuità del dono che viene da Dio e ch'ella accoglie con gioia... Luca, più tardi, descriverà le Beatitudini come una felicità gratuita offerta ai poveri, mentre Matteo insisterà sulle qualità di chi le riceve: “ Beati i poveri in spirito ” (Mt 5,3).

Inno al Dio degli umili ...

“ Se tu conoscessi il dono di Dio... ”, ha detto un giorno il Cristo alla Samaritana. Ma qual è il dono di Dio, se non lui stesso? C'é una creatura che ha conosciuto questo dono di Dio...

Una creatura che è stata così pura, così luminosa da sembrare la Luce stessa!

Una creatura la cui vita è stata così semplice, così perduta in Dio che quasi non se ne può dire nulla. È la Vergine fedele, quella che “ custodiva tutte le cose nel suo cuore ”. Ella era così piccola e così raccolta di fronte a Dio nel segreto del Tempio da attirare le compiacenze della santissima Trinità... Il Padre, chinandosi su questa creatura così bella, così ignara della propria bellezza, volle che fosse la Madre, nel tempo, di colui di cui egli è Padre, nell'eternità. Allora lo Spirito d'Amore, che presiede a tutte le operazioni di Dio, sopravvenne, e la Vergine disse il suo Fiat: “ Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto ”. E il più grande dei misteri si è compiuto (Suor Elisabetta della Trinità).

Il Dio del Magnificat è un Dio che ha un amore di predilezione:

per quelli che temono Dio in contrapposizione ai superbi (cf vv. 50‑51),

per gli umili, in contrapposizione ai potenti (cf v. 52),

per gli affamati, in contrapposizione ai ricchi (cf v. 53).

Volendo approfondire ulteriormente il discorso, possiamo, con Michel Gourgues, distinguervi i toni di tre diversi registri:

Il credere o il registro religioso (vv. 50‑51). Maria contrappone “ quelli che temono Dio ” ai “ superbi ”, cioè a quelli che non pensano che a se stessi, che ignorano Dio e pretendono di essere autosufficienti. Dio, per questi, non può nulla perché non hanno bisogno di nulla e nulla desiderano da parte di Dio. Ora, non dimentichiamolo mai, Dio è umile, Dio è discreto, Dio non s'impone. Al contrario, egli è felice di colmare dei suoi beni tutti quelli e quelle che contano su di lui, e specialmente Maria che dice: “ Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto ” (Lc 1,38).

Il potere, o il registro politico (v. 52). Maria dichiara: “ Ha rovesciato i potenti dai troni ” (v. 52). In altri termini, la strategia politica del Dio del Magnificat non corrisponde affatto a quella dei media del nostro tempo e della maggior parte delle gente in tutto il mondo: Dio non valorizza le persone in funzione del loro peso militare, o del loro peso rappresentativo; gli “ umili ” hanno per lui altrettanta importanza, se non di più, dei “ grandi ” della politica o dell'industria dello spettacolo. Il termine “ umile ” non si trova in altre pagine di Luca. “ Nel greco classico era utilizzato per indicare una persona che era umile, perché senza potere né influenza ” (Cahiers Evangile, n. 80, p. 42). Ecco perché Dio “ ha guardato l'umiltà della sua serva ” (Lc 1,48).

L'avere, o il registro socio‑economico (v. 53). Maria, infine, contrappone gli “ affamati ”, quelli che non hanno nulla da mangiare, ai “ ricchi ” che ne hanno a volontà. Questo è il punto di vista del Dio del Magnificat. Si ritroverà la stessa contrapposizione nelle Beatitudini in cui Gesù contrapporrà i “ poveri ” cioè coloro che “ hanno fame ” (Lc 6,20‑21) ai “ ricchi ” e ai “ sazi ” (Lc 6,24‑25). Il possesso e il potere possono far leva sugli uomini, non fanno leva su Dio: con lui, tutti hanno delle possibilità, cominciando da quelli che hanno un cuore di povero.

Inno al Dio d'Israele...

Come hai voluto

aver bisogno di Maria

e Maria della discendenza

di tutti i suoi avi,

prima che la sua anima

ti magnificasse e che

tu ricevessi da lei

grandezza agli occhi

degli uomini,

è così che tu vuoi

aver bisogno di me

a mia volta, è così

che tu hai voluto,

o mio maestro,

ricevere da me la

vita come tra le

dita del prete che

consacra, e

porre te stesso

in questa immagine reale

tra le mie braccia!

(Paul Claudel, Cinq Grandes Odes, Magnificat in _uvres Poètiques, Gallimard, pp. 257‑258)

Il Dio del Magnificat è pieno di misericordia non soltanto per Maria, ma anche per il suo popolo, il popolo scelto d'Israele: “ Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia ” (Lc 2,54). Dio non ha soltanto cuore, ma memoria: egli è fedele alle sue promesse e s'impegna a soccorrere Israele che ha scelto e a liberarlo dai suoi nemici.

Israele, oggi, è la Chiesa, siamo noi nel mondo, è il mondo intero con i suoi paesi ricchi e i suoi paesi poveri, con i suoi paesi in pace e i suoi paesi in guerra, con i suoi paesi sviluppati e i suoi paesi sottosviluppati. Un mondo in cui il peccato e l'amore, da millenni, si disputano il potere: il bene è accanto al male peggiore, l'opulenza di alcuni privilegiati vi insulta l'indigenza della moltitudine dei poveri. E il mondo molto concreto, con le sue sacche di miseria, che Gesù vuole configurare a propria immagine e somiglianza con l'intercessione di Maria, sua madre, e col nostro aiuto, cioè particolarmente con quello della sua Chiesa d'oggi.

Ecco perché non si tratta soltanto di visitare il Magnificat come si visita un capolavoro ricco di fascino; non si tratta soltanto di cantare come si canta un meraviglioso poema; si tratta di viverlo. Si tratta di nutrirne la nostra azione, la nostra preghiera, il nostro combattimento, se è necessario. Nel quotidiano.

Le parole del Magnificat, l'inno mariano per eccellenza, non hanno, infatti, perduto nulla della loro giovinezza, della loro luminosità, del loro peso di fede, di speranza, d'impegno: esse sono capaci di ferire il nostro cuore. Oggi ancora.

Non è forse lo Spirito Santo, lo Spirito d'amore, lo Spirito di forza e di luce che le ha ispirate a Maria e alla Chiesa delle origini? E lo Spirito Santo che può porle sulle nostre labbra e nel nostro cuore. Come un fuoco. Ed egli ve le porrà, se umilmente, come Chiesa, noi sapremo accoglierlo come Maria e i discepoli di Gesù, nel cenacolo, un certo mattino di Pentecoste.

JEAN‑MARIE SÉGALEN


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