sabato 28 novembre 2020

VIGANÒ: COME IL VATICANO II SERVE AL NUOVO ORDINE MONDIALE.

 


Il senso di inferiorità e di inadeguatezza

Come ho già scritto in precedenza, le istanze rivoluzionarie della Nouvelle Théologie hanno trovato terreno fertile nei Padri Conciliari a causa di un grave senso di inferiorità dinanzi al mondo. Vi è stato un momento, nel dopoguerra, in cui la rivoluzione condotta dalla Massoneria in ambito civile, politico e culturale ha fatto breccia nell’élite cattolica, persuadendola della sua inadeguatezza dinanzi ad una sfida epocale ormai ineluttabile. Anziché mettere in discussione se stessa e la propria fede, questa élite – vescovi, teologi, intellettuali – ha temerariamente attribuito la responsabilità dell’imminente fallimento alla Chiesa, alla sua granitica struttura gerarchica, alla sua monolitica saldezza dottrinale e morale. Guardando alla sconfitta della civiltà europea che la Chiesa aveva contribuito a formare, l’élite ha pensato che il mancato accordo con il mondo fosse causato dall’intransigenza del Papato, dalla rigidità dei Pastori, dal non voler scendere a patti con la mentalità del secolo, dal non volersi “aprire”. Questa impostazione ideologica nasce dal falso presupposto che tra Chiesa e mondo contemporaneo vi possa essere un’alleanza, una consonanza di intenti, un’amicizia: niente di più alieno alla verità e alla realtà, dal momento che non vi può essere tregua nella lotta tra Dio e Satana, tra Luce e tenebre. «Io porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stripe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gn 3, 15). Un’inimicizia voluta da Dio stesso, che pone Maria Santissima – e la Chiesa – come nemiche eterne dell’antico serpente. Il mondo ha un suo principe (Gv 12, 31), che è «nemico» (Mt 13, 28), «omicida sin dal principio» (Gv 8, 44) e «bugiardo» (Gv 8, 44). Cercare un patto di non belligeranza con il mondo significa dover scendere a patti con Satana. Questo stravolge e perverte l’essenza stessa della Chiesa, la cui missione è di convertire quante più anime a Cristo per la maggior gloria di Dio, senza mai deporre le armi contro chi le vuole attrarre a sé per dannarle.

[Questo senso di inferiorità – di fallimento – della Chiesa dinanzi al mondo ha creato le premesse perché la rivoluzione attecchisse nei Padri conciliari e nel popolo cristiano, nel quale l’obbedienza alla Gerarchia era stata coltivata forse più della fedeltà al depositum fidei. Sia chiaro: l’obbedienza dei fedeli nei confronti dei Sacri Pastori è certamente lodevole, se questi impartono ordini legittimi; ma cessa di essere una virtù e scade nel servilismo se è fine a se stessa e contraddice lo scopo al quale è ordinata, ossia la Fede e la Morale. In realtà, per completezza, dovremmo aggiungere che questo senso di inferiorità è stato insinuato nel corpo ecclesiale ad iniziare da gesti di grande impatto mediatico quali la deposizione della tiara da parte di Paolo VI, la restituzione dei vessilli dell’ammiraglia ottomana conquistati a Lepanto, gli ostentati abbracci ecumenici con lo scismatico Atenagora, le richieste di perdono per le Crociate, l’abolizione dell’Index, la smania pauperista del Clero in opposizione al presunto trionfalismo di Pio XII. Compendio di questo atteggiamento è certamente la liturgia riformata, che tradisce quasi l’imbarazzo per l’esposizione dei dogmi cattolici giungendo a tacerli per negarli indirettamente: ne è conferma il mutamento dottrinale dei fedeli, frutto del cambiamento rituale con il quale essi sono stati condotti a credere che la Messa sia un semplice banchetto fraterno o che la Santissima Eucaristia sia solo un simbolo della presenza di Cristo tra noi.]


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