martedì 12 gennaio 2021

I NOSTRI MORTI

 


Come vederli

Come aiutarli

Come ci aiutano


LA VISITA AL CIMITERO: PELLEGRINAGGIO DI SALVEZZA

Una esistenza estroversa e molto dispersiva è la triste condizione dell'uomo moderno. Le preoccupazioni, il lavoro, le tensioni per formarsi, conservare o migliorare la sua posizione, le relazioni interpersonali e cento altre cose gli tolgono il più piccolo spazio ai tempo per ritrovare se stesso, per riflettere su progetti personali, spesso, più importanti della vita stessa. Oltre a queste dispersioni esterne e sociali, vi sono quelle interne alla famiglia: la radio, la televisione e le riviste seducenti che penetrano nelle stanze anche chiuse a chiave e incatenano i bambini, gli adulti e gli anziani al punto che la famiglia è ridotta a vivere come sulla veranda prospiciente a un pubblico mercato. Fra tanta dispersione e stordito dagli incessanti e contrastanti messaggi, l'uomo d'oggi difficilmente riesce a riflettere e prospettarsi i problemi che riguardano il suo spirito e il suo futuro dopo la morte. Egli vive alla giornata, vittima, in buona parte, delle seduzioni materialistiche ed alienanti che la civiltà e la cultura contemporanee di continuo sollecitano. Anche la visita al camposanto per molti cristiani risente di simile vuoto di spiritualità che investe, purtroppo, non solo la vita individuale, ma anche quella familiare e sociale. A somiglianza di quei turisti che entrano nella casa di Dio e, dopo aver scandagliato ogni angolo, se ne vanno senza aver formulato un semplice pensiero della presenza del Signore, così molti visitatori del cimitero ripartono senza lasciarsi neppure sfiorare dalle meravigliose verità che la fede cristiana offre ai suoi figli e che noi abbiamo cercato di richiamare in queste brevi pagine.

  Il cristiano che intende compiere una fruttuosa visita al camposanto deve prepararsi spiritualmente. Deve richiamare alla memoria alcune verità che la fede sottopone alla sua riflessione. Non può, quindi, ridursi a una visita di puro rimpianto, di affetto o di cortesia: portare un fiore, accendere un lume, riassettare la tomba. Questi gesti, squisitamente umani, non sono da svalutare, anzi da compiere con amore, ma non sono essenziali, né specificatamente cristiani. 


Le attività dell'anima separata dal corpo

La prima verità che la ragione e soprattutto la fede presentano al credente è l'immortalità dell'anima. Quanti cristiani ne dubitano! Senza questa fede nella parola di Dio che l'afferma nel modo più assoluto, l'uomo è ridotto a una dimensione puramente materiale che la morte distruggerà per sempre. Allora sulla pietra sepolcrale bisognerebbe scrivere la parola: Fine! In questo caso la visita al cimitero non ha senso, e per un cristiano è un assurdo come rincorrere un sogno notturno! Il cristiano invece crede fermamente che l'anima del defunto continua a sopravvivere in attesa di ritornare a vivificare il suo corpo risorto, alla fine dei tempi. La differenza tra la natura angelica e quella dell'anima sta proprio qui: l'angelo vive in sé e per sé; mentre l'anima, pur vivendo in se stessa, tende naturalmente al rapporto con il suo corpo con il quale forma un'unica realtà: la persona umana.

  Quanti interrogativi affollano la mente di coloro che stanno attorno alla tomba dei loro cari!... «Si ricorderanno di noi»?... «Ci saranno vicini»?... «Ci ameranno come prima»? Domande che suscitano tanta angoscia e reclamano una risposta: a) Le facoltà proprie dell'anima sono l'intelletto e la volontà, dalle quali ha origine l'amore. Ebbene, l'anima, anche separata dal corpo, conserva queste doti inalterate e perfette perché costituiscono la sua natura spirituale. b) Durante la vita terrena, l'anima, mediante i sensi del corpo, si era formata delle cognizioni, delle amicizie, delle idee e delle esperienze più o meno vaste e complete. È chiaro che tutto questo bagaglio di conoscenze l'anima lo porta con Sé; anzi, liberata dalla remora dei sensi, lo può maggiormente estendere e perfezionare riflettendo in se stessa. c) La stessa conoscenza «analogica» di Dio che l'anima si era formata durante la vita, ragionando a partire dalle cose create, diventerà più perfetta, estesa e penetrante. Questo vale, è chiaro, per le anime del purgatorio che non hanno ancora la «visione beatifica», propria dei santi in cielo. d) La ragione, e soprattutto la fede, attestano queste consolanti verità. Infatti le anime dei nostri morti non sono realtà evanescenti, ombre senza vita, ma persone vive e attive. Esse si ricordano di noi, ci amano e ci stanno vicine come quando erano con noi. Solo che, essendo senza il corpo, non possono manifestarsi ai nostri sensi. 

Del Padre francescano Pasquale Lorenzin


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