Santa Veronica Giuliani
(conversione – l’amore nel patire redime)
La più grande colpa è quella di sentirci autosufficienti, non bisognosi di Dio e della sua misericordia: siamo il dio di noi stessi. Per Veronica l’esperienza della colpa e del peccato è sempre accompagnata da quella del perdono e della misericordia di Dio che piove su di noi con le mani ricolme di infinite grazie.
39- Ora sì che conosco che non ho mai fatto un atto di virtù; mi trovo con le mani vuote, senza nessun auto; il patire è cosa così preziosa, si deve farne gran conto ed io vivo così spensierata; dico fra me stessa: Veronica, che fai? Ora è tempo di far passi da gigante nella strada di Dio, nella perfezione, adesso che trovi un aiuto così grande non è tempo di star sonnacchiosa! Il patire è voce sonora, si sente, non v’è scusa nessuna; questo è vero mezzo per levare me da me, per staccarmi da tutto, per unirmi a Dio sommo Bene. Infatti il patire è cosa tanto efficace, che in un subito ci fa penetrare bene la nostra impotenza e ci fa conoscere la potenza di Dio. (D V, 234)
40- Si sente, nell’intimo del nostro cuore, un certo saldo proposito di morire piuttosto che peccare volontariamente; resta un rifiuto di qualsiasi imperfezione; e si comprende che il peccato è peggio dello stesso demonio. O colpa, o colpa, quanto sei dannosa per noi! Questo fa tremare e temere. Vengono tali ansie, che si vorrebbe far penetrare questo a tutte le creature, affinché, mai più nessuna peccasse. Di cuore, si prega, per la conversione di tutti i peccatori, e si darebbe vita e mille vite, se tante se ne avessero, per la salvezza delle persone. (D II, 909)
41- Io, come io, non posso niente, sono un verme vilissimo della terra, vivo e non so come. È Dio che mi dà vita e spazio di penitenza. Guai a me meschina! Sono una ingrata; non dico altro. (D III, 887)
42- O Dio mio! Quanto è brutta ed abominevole la colpa! Quanto gran danno apporta alla nostra vita! Non parlo di cose gravi - che Dio ce ne liberi -, ma solo di quelle leggere.
Siano pure cose piccole, quanto si vogliano, dinanzi a Dio non sono così piccole; ogni minimo neo è una gran cosa. Comunque, colpa o difetto che sia, non occorre altro: è pessimo veleno, infetta l’anima, e tanto basta. Non c’è altro che possa farci male come la colpa. Questa ci allontana da Dio, ci fa perdere tesori immensi, ci spoglia di tutti i beni, ci priva del santo Paradiso.
O Dio! Io mi sento struggere il cuore di dolore, per le tante mie colpe, per le mie ingratitudini; ma, nel tempo stesso, Dio mi accende del suo divino amore, e sembra che si uniscano insieme dolore ed amore.
Più la creatura si umilia e si riconosce indegna di ogni grazia, più Dio, con mani piene, piove sopra di lei con abbondanza di grazie. Le più grandi grazie sono la conoscenza di me stessa, il dolore delle mie colpe, e il distacco che sento da tutte le cose create. Mi pare sentirmi tutta ansiosa di Dio, e di non volere altro che il suo santo volere. (D III, 198-199)
Silvia Reali
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