giovedì 8 luglio 2021

Le Profezie di Teresa Neumann

 


LE VISIONI DI TERESA NEUMANN 


Le estasi della Resl erano caratterizzate dal raptus improvviso con cui iniziavano e che la distoglievano completamente dal tempo e dal luogo in cui si trovava, rendendola insensibile a ogni cosa terrena. Tra una visione e l'altra subentrava il cosiddetto stato di «quiete soprannaturale», che le ridava forza tra le estasi dolorose e la gioiosa consapevolezza dell'unione col Salvatore. Tale stato si presentava anche dopo ogni comunione. Durante la «quiete soprannaturale» Teresa poteva essere interrogata e rispondeva alle domande. In particolare il pastore Naber le chiedeva chiarimenti e dettagli su ciò che aveva visto nelle visioni, cosa che nello stato normale Teresa non era capace di fare. Nello stato di quiete indicava invece con precisione le caratteristiche dei personaggi che aveva visto, le collegava ad altri incontri e visioni, commentava contenuto e decorso dei fatti. Le descrizioni delle visioni che figurano in questa parte del libro si basano appunto sui racconti fatti da Teresa in quello stato e accuratamente raccolti e registrati da padre Naber, Fritz Gerlich, Johannes Steiner, dal fratello Ferdinand e altri ancora. Come abbiamo già visto, per Teresa Neumann le visioni erano cominciate ben presto: la prima volta quando aveva appena undici anni, in occasione della Prima Comunione. Alla piccola Resl, nel momento in cui riceveva dal parroco l'ostia benedetta, era apparso Gesù Bambino e lei aveva creduto che fosse normale così e che la stessa cosa capitasse anche agli altri bambini. Da quel momento si era destato in lei un grande amore per il Salvatore presente nel sacramento della comunione. Teresa aveva avuto poi numerose altre visioni in occasione delle guarigioni miracolose di cui era stata protagonista: più volte le era apparsa una luce straordinaria, e una voce amichevole le aveva parlato annunciandole la guarigione dalla cecità e poi dalla paralisi. Quando nel 1925 era stata guarita dall'attacco di appendicite acuta, le era apparsa anche una mano bianca e sottile che l'aveva aiutata a sollevarsi dal letto. Le visioni della passione, che continuarono per tutta la vita della Resl, ebbero inizio nella primavera del 1926 e accompagnarono l'apparizione delle stigmate. Ne abbiamo già parlato descrivendo la vita di Teresa Neumann, tuttavia per una più completa e approfondita documentazione dei fatti riportiamo qui di seguito il protocollo di una serie di domande e risposte risalenti al 1953: Teresa si trovava allora ad Eichstàtt e il vescovo Josef Schròffer, col consenso di Teresa stessa, incaricò una commissione composta da due docenti universitari, che erano anche sacerdoti, di interrogare Teresa sotto giuramento sui fatti salienti della sua vita. Il colloquio avvenne il 13 gennaio 1953, previo giuramento di Teresa Neumann davanti a un crocifisso e a due candele accese. Lei ha desiderato di avere le ferite di Cristo? Non ho mai desiderato di avere le stigmate; fra l'altro non sapevo nulla di questa grazia particolare, del modo in cui si manifesta e della sua importanza. Ha personalmente fatto qualcosa per provocare le stigmate? Ovviamente non ho mai fatto nulla per produrle. Si tratta di una cosa a me del tutto estranea. A che cosa stava pensando quando si manifestarono le stigmate? Come si comportò dopo che le ebbe ricevute? Durante la Quaresima del 1926, un giovedì sera ero intenta a pregare; non pensavo in modo particolare alla passione di Cristo quando improvvisamente vidi per la prima volta il Salvatore adulto. Era nell'orto degli ulivi, sudava sangue e pregava così: «te sebud ach». Allora il Salvatore mi guardò con amore e in quel momento io ebbi la sensazione che con un oggetto appuntito mi trapassassero il cuore da destra a sinistra e poi ritirassero l'oggetto. Mi accorsi subito che perdevo sangue caldo (e in seguito vidi anche la ferita). Poi non vidi più il Salvatore nell'orto degli ulivi e non seppi neppure più di essere nel mio letto. Non ero però del tutto priva di coscienza: sentivo un forte dolore al cuore, che fra l'altro, ad accezione della settimana di Pasqua, non mi abbandona mai completamente; ero come fuori di me e riflettevo su ciò che avevo visto e sperimentato. Da una vecchia amica, che era allora la governante del parroco, mi veniva spesso a trovare e per anni mi aveva procurato le bende per le mie piaghe da decubito, mi feci dare qualcosa per coprire la ferita al cuore. A quel tempo, e ancora per molto tempo, non compresi l'importanza di questa ferita e neppure mi resi conto che mi sarebbe rimasta: continuavo infatti a pensare alle missioni. Non so se la mia vecchia amica abbia capito allora questa importanza.  

Mi dava tuttavia da pensare l'annuncio che avevo avuto dalla piccola Teresa, cioè che avrei dovuto soffrire ancora molto e a lungo, e nessun medico avrebbe potuto curarmi. Il venerdì successivo vidi le sofferenze nell'orto degli ulivi e le sofferenze della notte fino alla flagellazione; il terzo venerdì fino all'incoronazione di spine, il quarto anche la Via Crucis fino al ricovero del Salvatore in una tomba diroccata dove dovette aspettare di essere crocifisso; il venerdì santo vidi tutta la passione del Signore fino alla sepoltura. Mentre gli conficcavano i chiodi, il Signore mi guardò con amore come quando avevo ricevuto la ferita al cuore, e in quel momento sentii alle mani un dolore acuto e opprimente, nel punto in cui da allora ho le ferite alle mani. Queste ferite da principio erano soltanto sul dorso delle mani, in forma arrotondata, ben delineata, come scavata; soltanto in seguito, un venerdì dello stesso anno, le ferite hanno attraversato tutta la mano; la data esatta non la ricordo più. Un venerdì santo, credo del 1927, assunsero la forma attuale, quadrata. Quando gli inchiodarono i piedi, il Salvatore mi guardò di nuovo con amore e in quel momento, nel punto dove sono le attuali ferite ai piedi, sentii lo stesso dolore acuto della volta precedente, però ancora più forte. Le ferite ai piedi subirono la stessa trasformazione di quelle alle mani, nello stesso giorno di quelle. Io mi feci fasciare le ferite da mia sorella Crescenzia, che abitualmente mi curava; le feci promettere però che non ne avrebbe parlato con nessuno e personalmente feci l'impossibile per nascondere le ferite. Ero peraltro certa che quelle ferite sarebbero sparite. Usai quindi, insieme a mia madre, diversi rimedi casalinghi (decotti di foglie di begonie e geranio e unguenti vegetali fatti dalla mamma). Naturalmente non mi era stato possibile evitare che mia madre, che dormiva in camera con me, e attraverso di lei il signor parroco, mio padre e i miei parenti si accorgessero delle ferite. Ha fatto qualcosa per impedire una guarigione o una trasformazione delle ferite? Ho fatto il contrario, anche con l'aiuto del nostro medico di famiglia, dottor Seidì, il quale mi fece delle cure che mi procuravano un gran dolore e gonfiore delle mani e dei piedi. Quando non ne potei più, una notte dopo che il medico mi aveva spalmato le ferite di unguento e le aveva fasciate, invocai la piccola santa Teresa, che venero dal 1917, e le chiesi di aiutarmi a far guarire le ferite oppure a darmi in qualche modo consiglio e sollievo. Il medico infatti aveva proibito di cambiare le fasciature. La santa da me invocata mi aiutò. Il gonfiore diminuì e quando le fasciature divenute ormai troppo larghe furono tolte ci si accorse che sui punti feriti, che fino ad allora erano stati umidi, si era formata una pellicola gelatinosa. Che cosa pensa adesso personalmente delle sue stigmate? Ho riconosciuto di aver ricevuto in queste stigmate la volontà di Dio e quindi le porto di buon grado come tutto ciò che Dio manda, soprattutto in spirito di espiazione per gli altri e per avvicinare le anime al Salvatore; a far questo mi invita ogni anno la piccola santa Teresa (il 17 maggio e il 3 ottobre). Osservo ancora che in quello stesso anno (1926) alle altre ferite permanenti si sono aggiunte quelle alla testa, che si sono formate allo stesso modo delle altre (sguardo del Salvatore mentre lo incoronano di spine). Come ferite transitorie porto quella alla spalla destra (durante la Quaresima) e le ferite della flagellazione (il venerdì santo), che si formano anch'esse allo stesso modo delle altre (sguardo del Salvatore quando si carica della croce presso la casa di Pilato e durante la flagellazione). Con riferimento alle due date citate da Teresa Neumann, va detto che il 17 maggio è il giorno della canonizzazione di santa Teresa di Gesù Bambino (in quel giorno, come abbiamo visto, Teresa fu guarita dalla paralisi alla schiena). Il 3 ottobre è di più difficile individuazione. Santa Teresa morì il 30 settembre; tuttavia si può notare che nel 1927 papa Pio XI proclamò santa Teresa di Lisieux patrona dei missionari e delle missioni, e stabilì che fosse solennemente festeggiata il 3 ottobre. In queste due date dunque Teresa Neumann veniva, per sua stessa ammissione, incoraggiata e rafforzata nella fede dalla sua santa protettrice. In che modo Teresa Neumann assistesse ogni venerdì alla passione e morte di Gesù Cristo è già stato descritto nella prima parte di questo libro. Tra le tantissime visioni che la Neumann ebbe durante la sua vita, ne riportiamo alcune di cui traiamo la descrizione soprattutto dai libri di Johannes Steiner dedicati in particolare alle visioni, dal testo di Fritz Gerlich e dal Diario di padre Naber. 

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