martedì 6 dicembre 2022

MARIA E LA SUA ARMATA

 


Questo miracolo avvenne nel santuario della Madonna di Fatima di Benh-Loi, costruito nel 1969 da Padre Vo-Van-bo, e alla presenza di lui.

È lui stesso che lo racconta.

Stefano Ho-Ngog-Anh nacque il 24-4-1951 da famiglia cristiana. Arruolatosi nelle « Forze speciali » nel 1970, fu paracadutato in zona comunista, quale interprete, con un gruppo di soldati americani alla ricerca di prigionieri di guerra USA.

Conscio del calvario che l'attendeva si votò alla Madonna e si fece incidere sulla spalla con ago e inchiostro Bic queste parole: « O Madre Maria, vieni in mio aiuto ». Fu fatto prigioniero dai comunisti.

Cominciarono subito le tremende torture con tanti di quei colpi sulle nude spalle da lacerargli la pelle e coprirlo del suo sangue. Ad ogni tortura Stefano ripeteva: « O Madre Maria, vieni in mio aiuto ».

I carcerieri sentendogli ripetere quelle parole e vedendogliele scritte sulla spalla s'infuriavano di più e aumentavano le torture. Dopo un po' di mesi, non riuscendo ad avere notizie da lui, gli iniettarono un veleno che gli mise il fuoco in tutto il corpo: «Bruciavo tutto, racconta Stefano, urlavo fino ad impazzire, persi la conoscenza».

Quando rinvenne era diventato muto e paralitico.

Intavolate, in seguito, trattative tra il Vietnam del Nord e l'America per lo scambio dei prigionieri, Stefano fu liberato e portato in America. Lí ebbero tutte le cure per lui; ma tutto inutilmente.

Mentre stava per essere sottoposto a una trasfusione totale di sangue, volle entrare nella sua stanza un bambino di 7 anni, il quale gli disse: « Chiedi di essere trasferito al tuo paese. Se resti qui, sicuramente muori » e scomparve.

In quel momento Stefano vide portato in barella un altro giovane che era morto durante la trasfusione totale di sangue. Allora, immediatamente scrisse in un biglietto che voleva rientrare nella sua patria perché ne aveva una grande nostalgia. Fu subito accontentato: addormentato con una iniezione, si risvegliò nell'Ospedale di Govap. Si era alla fine del 1971. Sottoposto a ulteriori dolorose e inutili cure fu dichiarato invalido al 1oo%. Gli diedero una pensione e una sedia a rotelle.

All'inizio del 1974, facendosi anche in Vietnam la « peregrinatio Mariae », la statua della Madonna di Fatima fu portata nell'Ospedale militare di Govap, dov'era Stefano. Quando essa sostò avanti al suo letto, Stefano la vide piangere; lo disse al cappellano, ma questi non lo credette.

L'indomani mattina alle ore 4 la Madonna lo chiamò e gli disse: « Stefano, a Tan Quy, dove abitano i tuoi, un ufficiale questa notte mi ha sparato e rotto un braccio ».

Stefano lo disse al cappellano.

Distando Tan Quy appena 6 km, il cappellano, incuriosito, vi andò; constatata la verità di quanto gli aveva scritto Stefano, da quel momento cominciò a credergli.

Il 30.4.1975 tutto il Vietnam passò in mano ai comunisti. Questi, visto che Stefano era cattolico, lo cacciarono dall'ospedale. Lo ospitò un'infermiera cattolica a casa sua.

Il 22.12.1985 la Madonna lo invitò a trascorrere il Natale dai suoi familiari a Tan Quy. Il 23, mentre i suoi erano andati a Messa di mezzanotte, gli comparve la Madonna e gli disse: «Stefano, ho messo alla prova la tua fede. Ora ti faccio questa promessa: il 28.12.1975 alle ore 9 del mattino, nel Santuario di Binh-loi ti farò camminare e parlare».

Il sabato 27 dicembre Stefano giunge con la sua sedia a rotelle al Santuario di Binh-loi e dà un biglietto al Padre Vo-Van-Bo, rettore del Santuario, in cui ha scritto: « Padre, domani alle ore 9, dopo la S. Comunione, la Madonna mi guarirà ».

Avrebbe voluto trascorrere la notte dentro al Santuario, ma non gli venne consentito.

Aspettando sulla sedia a rotelle, soletto, dietro il muro del Santuario, mentre ad occhi chiusi prega la Madonna, dopo un istante si vede dentro la chiesa, illuminata a giorno, accanto alla statua della Madonna.

Impaurito scrive un biglietto: « Mia Signora, che cosa mi accadrà ora! ».

La statua della Madonna di Fatima, si anima, scende dal suo piedistallo e gli dice: «Non temere, tu sei sotto la mia protezione. Ti do questo rosario. Continua a recitarlo e a fare penitenza. Domani ti guarirò; ma sarai capace di accettare le sofferenze che ti attendono? ».

Stefano risponde scrivendo un biglietto: « Se guarisco, ti obbedirò alla lettera, perché tutti ti riconoscano ».

La Vergine sorrise e continuò: « Nel secolo scorso, molti adoravano il S. Cuore di Gesú e pregavano il Cuore di Maria. Ora invece c'è molta freddezza. Si cade nel peccato, non si pensa piú a Gesú e a Maria. L'umanità deve pentirsi e recitare il rosario, se non vuole andare incontro a disastri di distruzione ».

La Madonna mostrò poi a Stefano una lettera; gli disse che gliela avrebbe consegnata dopo cinque anni, il 28 dicembre 1980, sempre alle 9 del mattino (cosa che poi avvenne). È da notare che durante il dialogo, anche parlando con la Madonna, Stefano si esprimeva scrivendo su foglietti, essendo muto. L'incontro durò fino alle 5 del mattino. A quell'ora Stefano improvvisamente si ritrovò fuori dal Santuario.

Domenica, 28 dicembre, era una bellissima e calda giornata. Alle 5,30 si apre la porta del Santuario e Stefano vi entra insieme alla folla.

Vedendo un sacerdote, gli scrive un altro biglietto per avvisarlo dell'imminente miracolo.

Questi lo accompagna verso il Rettore del Santuario, il quale, a sua volta, lo sistema dietro l'altare della Madonna e poi celebra la Messa e fa anche lui la comunione.

Fatta la comunione, un uomo porta un bicchiere d'acqua attinta alla sorgente del Santuario e scompare.

Al suo posto compare la Madonna che prende quel bicchiere e lo porge a Stefano.

Stefano lo prende, lo beve e cerca di alzarsi per afferrarle il manto gridando: «Madre, Madre mia!».

Nell'impeto cade dalla carrozzella. Erano presenti oltre 400 persone.

Lo rialzarono cercando di sistemarlo nella carrozzella, ma Stefano non solo aveva riacquistato la parola, ma era anche perfettamente guarito dalla paralisi.

Quando non otteniamo la grazia che chiediamo, otteniamo una grazia superiore per questa vita o per la nostra salvezza eterna. Durante la seconda guerra mondiale fui cappellano militare in Albania.

Un soldato di nome Giuseppe Messina cadde gravemente ammalato di flebite.

Era molto buono, religioso e devoto della Madonna. Cominciò a pregare fervorosamente la Madonna per venire rimpatriato.

Altri soldati malati finti, furono riconosciuti ammalati e, caricati sulla nave-ospedale, furono rimpatriati. Lui fu lasciato.

Visitando gli ammalati, egli desolatamente mi disse:

- Ho pregato tanto la Madonna per essere riconosciuto ammalato, ma inutilmente. I miei compagni, tutti ammalati finti, furono rimpatriati; io, ammalato vero, no.

- Abbi pazienza, gli risposi. Chi sa quali sono i fini di Dio! L'indomani giunse un cablogramma: quella nave era stata silurata. Tutti i passeggeri erano morti.

- Meno male che la Madonna non mi ha ascoltato, disse il Messina; altrimenti sarei morto!

- Fu per le tue preghiere, io conclusi.


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