domenica 19 febbraio 2023

Gli empi non credono in Dio. Il giusto si proclama figlio di Dio. Per attestare la sua falsità decidono di metterlo alla prova.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

17 Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. 

Gli empi non credono in Dio. Il giusto si proclama figlio di Dio. Per attestare la sua falsità decidono di metterlo alla prova. 

Essi vogliono vedere se le sue parole sono vere. Vogliono sperimentare empiricamente cosa gli accadrà alla fine. 

Lui dice che la sua fine è beata. Quindi se muore o se vive non ha alcuna importanza. Se vive cammina verso la fine beata. 

Se muore ha raggiunto la fine beata. Cosa realmente accadrà al giusto? Questo gli empi vogliono sperimentare per un fine di male, non di bene. 

Scagliandosi contro il giusto essi vogliono ratificarsi nella loro coscienza di piena falsità. Di quanto il giusto ha detto, nulla si è avverato storicamente. 

Questo essi vogliono provare. Non per convertirsi, ma per radicarsi, piantarsi ancora di più nella loro materialità e concezione materialista della vita. 

18 Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. 

Ecco il pensiero malvagio degli empi: il giusto dice di essere figlio di Dio. Se è vero figlio di Dio, Dio non lo lascerà nelle nostre mani. 

Se è vero figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Essi dicono queste cose perché convinti della non esistenza di Dio. 

Se Dio non esiste, mai lo potrà liberare. Noi proveremo così che è falso il giusto. Non sono essi i falsi. Essi sono nella verità: Dio non esiste. 

È questo il loro ragionamento perverso, frutto della loro empietà e ateismo. 

19 Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. 

La decisione è presa: Il giusto dovrà essere provato con violenza e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione.  

Lui dice di non amare la violenza. Vediamo se queste sue parole sono vere. Ciò che dice lo compie anche? 

Lui dice che è capace di sopportare ogni cosa. Saprà sopportare le loro violenze e tormenti? Reagirà ad esse? Manifesterà la sua potenza? 

Cosa succederà? Sarà paziente? Sarà mite? Sarà arrendevole? Sopporterà ogni cosa? Sarà come un mite agnello condotto al macello? 

20 Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». 

Ecco in cosa consiste la prova: il giusto dovrà essere condannato ad una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà. 

Tutto questo avviene non perché essi vogliono aprirsi alla fede, ma per potersi maggiormente radicare nella loro empietà ed idolatria. 

Queste parole degli empi riferite al giusto, sono vera profezia di Gesù Signore. La passione di Gesù è stata vissuta tutta nel compimento di questa profezia. 


Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. 

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. 

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito (Mt 27,33-50).  


Gesù è tentato perché scenda dalla croce. A Lui vengono rivolte proprio queste parole. Viene sfidato, ma non per aprirsi alla fede. Non è questo il loro intento. 

Quanti sfidano Gesù lo fanno con arroganza. Tu sei crocifisso e non puoi sfuggire alle nostre mani. Noi siamo nella verità. Tu sei nella falsità. 

Non sanno gli empi che la risposta di Dio non è mai secondo il pensiero dell’uomo, né tanto meno secondo quello degli empi. 

La risposta di Dio è dettata dalla sua sapienza eterna. Per Cristo è la liberazione non dalla croce, ma dalla stessa tomba, dal sepolcro. 

Così la Lettera agli Ebrei e anche la Lettera ai Filippesi. 


Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. 

Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. 

Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,1-10).  

Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,6-11). 


I pensieri degli uomini da quelli di Dio sono distanti più che l’oriente dista dall’occidente. La profezia è il pensiero di Dio. Non è pensiero dell’uomo. 

Essendo pensiero di Dio, da Dio soltanto dovrà essere interpretata. L’uomo mai potrà interpretare il pensiero di Dio. Lo può se lascia che lo faccia lo Spirito di Dio.  

Gli empi neanche credono in Dio, mai potranno sapere cosa è scritto nel pensiero di Dio. Dio libera il giusto, ma a modo suo, non a modo loro. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

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