Il miracolo eucaristico di Alatri (FR)
(1228)
Da quando l'Angelo bianco ha detto che Cristo è risorto, è vivo, che non è più tra i morti, non ci è più lecito entrare in chiesa come le pie donne che andavano al Sepolcro, dove era stato deposto Gesù, e andavano «col viso rivolto a terra», annota l'evangelista S. Luca (24, 5), anche se avevano le mani cariche di aromi... per un morto!
Gesù è vivo: è questa la grande realtà della nostra fede!
Il nostro viso, entrando in chiesa, deve fissare quel viso di luce che dolcemente ci guarda dal Tabernacolo! Alziamo il capo e vicina sarà la nostra liberazione, proclama l'Apocalisse (1, 12) «Non temete - ci risponde il Risorto - sono io, il vivente. Fui morto ed eccomi vivo per i secoli dei secoli con in mano la chiave della morte e degli inferi!».
Ma nulla richiama, con più efficacia, la morte e niente dice con più eloquenza l'abbandono di un Dio, male amato dai credenti, la tragedia di una chiesa abbandonata e come sembrano anime uccise, deturpate, denudate le chiese profanate e trasformate in garages, in stalle, in officine o anche in lussuosi musei! Quanti cristiani cercano affannosamente una chiesa silenziosa per raccogliersi durante la pausa di mezzogiorno o all'uscita del lavoro e quante porte chiuse trovano, prima di trovare una chiesa aperta! Forse che le nostre chiese sono musei e non luoghi di ristoro per lo spirito? Quante chiese rimangono chiuse, sprangate per tutta la settimana a causa di ladri che tutto rubano?
Quanti sono stati costretti a sbattere contro la porta chiusa e a ripartire col loro peso sulle spalle poiché non poterono scaricarlo sulle braccia di Gesù?
E che dire poi della tristezza di tante chiese deserte? E quando nessuno vi passa un po' di tempo per riposare, per fare una breve visita, adorare il Signore del cielo e della terra!
Non odi i gemiti della tua chiesa quando è abbandonata dai suoi ragazzi, dai suoi giovani, dalle sue famiglie?
E il suo prete dov'è?
Tuttavia essa non è disertata dal Signore: la grande fiamma del Suo Cuore arde sempre aspettando ... ma non basta deplorare, occorre «stare» in chiesa, almeno qualche credente, qualche sacerdote, almeno io ...
Ma sono tristi anche quelle chiese brutte perché costruite male, quando non sono ornate, quando il tabernacolo dove sta il Santissimo é riposto in un angolo e al centro sta la cattedra del prete!
Come sono tristi le chiese trascurate: la sporcizia, la trascuratezza, lo squallore in cui spesso sono lasciate alcune chiese non sono forse il segno quasi evidente di poca fede di chi le dovrebbe tenere pulite, degne e decorose?
La polvere un po' dovunque, i banchi fuori squadra, le suppellettili annerite, le lampade spente e cose simili sono solo il segno di una grande indifferenza per Lui, il Signore che sta giorno e notte per noi, vivo, in un tabernacolo, ad aspettare, e a chiamare, ad attendere invano!...
«Un altare spoglio in una chiesa buia, rassomiglia ad una pietra nel deserto».
C'è forse qualcosa di più grande e di più bello di una chiesa pulita, decorosa persino profumata?
Anche solo il raccogliere con uno straccio un po' di polvere nella casa di Dio non rimarrà senza ricompensa!
Ah! lo zelo! I fedeli (e faccio appello alle mie vedove) uniti al loro sacerdote devono fare a gara per tenere pulita, ornata, fiorita la propria casa di Dio, se si crede davvero alla amorosa Presenza!
Il Beato Francesco Fàa di Bruno quando era ancora un laico scriveva ad un vescovo questa lettera che vi voglio leggere, quasi per intero, anche perché è breve, ma molto utile al mio intento.
A S.E. Rev.ma Mons. Lorenzo Gastaldi
Torino, 27 gennaio 1874 laico
Eccellenza Reverendissima
Mi rincresce sommamente non essermi trovato a casa al momento di sua onorevole visita; fui però consolato al sentire che V.E. Rev.ma si era compiaciuta della Chiesa, trovandola grande e bella.
Se gli uomini sapessero quanto bramerei fare una casa degna di Dio, e quanto con poco farei molto, mi aiuterebbero un po' di più! Sono 10 anni che sospiro e tribolo per fare una chiesa: per chi? Non per me, ma pel Clero, per Iddio. Ho la disgrazia d'essere un povero laico; per giunta creduto aver o poter qualche cosa; ed intanto si lascia in disparte chi non mira se non alla sola gloria del Signore.
Il Municipio non dà un soldo perché non è Parrocchiale; mentre non è così in Francia. Ma appunto perché non è Parrocchiale deve essere la chiesa di tutti; e tutti dovrebbero concorrervi pensando che tutti pure hanno dei defunti a sollevare dalle loro pene. Appunto per questo io invoco dal Clero per mezzo di V.E. Rev.ma un aiuto almeno morale. Per parte mia, se Dio mi farà la grazia di compiere la chiesa, desidero che sia uno specchio, dovessi spazzarla io tutti i giorni. Il mondo deve imparare che tutte le arti, tutte le scienze, ed anche la civiltà debbono rendere omaggio a Dio; e che quanto facciamo per un mortale in un salotto, deve farsi per l'Immortale nel suo Tempio.
Di V.E. Rev.ma Um.mo Servo Fr. Faà di Bruno
Sapete invece cosa è accaduto ad Alatri? A sud-est di Roma, sulle montagne, in provincia di Frosinone, sta Alatri, antichissima città emica, a 25 km (circa) ad est di Anagni.
Entro la cinta delle imponenti mura, Alatri conserva nella Basilica concattedrale di S. Paolo apostolo, la sacra reliquia del quarto miracolo eucaristico, avvenuto nel 1228.
Ne parla esplicitamente nientemeno che il Sommo Pontefice Gregorio IX in una lettera chiamata «bolla» del 13 marzo 1228 per rispondere ad una interpellanza avanzata da mons. Giovanni V, vescovo di Alatri che appunto chiedeva come doveva comportarsi in merito al miracolo in questione.
Sentite cosa era accaduto: purtroppo anche stavolta non c'è da stare allegri se si pensa come Gesù Eucaristia fu oltraggiato con un atto sacrilego.
«Una ragazza, poco più che adolescente, addolorata per un amore non più corrisposto, si rivolse ad una fattucchiera, per riavere l'amato del suo cuore (scrive Padre Nasuti nel suo libro dedicato alla narrazione dei 17 miracoli Eucaristici avvenuti in Italia).
La maliarda, come soluzione, suggerì di procurarle un'ostia consacrata, con cui poter preparare un efficace filtro amoroso».
«Vai - le disse - portami dalla tua chiesa un'ostia che sia consacrata ed io ti darò un filtro portentoso che riporterà il tuo ragazzo al tuo cuore.
L'ingenua ragazza pur di riavere l'oggetto del suo desiderio, finì per abboccare, tacitando sul momento il richiamo della flebile voce della coscienza.
- Ma è peccato! - disse la ragazza.
- Taci, sciocca! Vuoi riavere il tuo ragazzo?
- Sì.
- Ed allora, segui le mie istruzioni; domani recati nella tua chiesa, assisti alla celebrazione della messa. E poi al momento giusto accostati a ricevere la comunione e senza dare nell'occhio - mi raccomando - affrettati ad avvolgere l'ostia consacrata dal prete in un fazzoletto o in un panno di lino. Ora va e poi quando avrai l'ostia, ritorna da me».
Tutta trafelata, con il cuore gonfio la ragazza il giorno dopo andò a messa e fatta la comunione, riuscì senza farsi vedere a portare a casa l'ostia consacrata avvolta in un fazzoletto. In attesa di portare il piccolo-grave peso alla maga, lo nascose dentro la madia del pane.
Passò una notte terribile, combattuta dal dubbio se portare a termine il sacrilego intento o restituire il santissimo carico al Sacerdote.
Passarono così tre giorni in una tremenda altalena: che faccio? Quando si decise di portare l'ostia consacrata alla fattucchiera, aprendo la madia restò esterrefatta. invece dell'ostia bianca trovò un'ostia di carne viva.
Oh Dio, oh Dio! cominciò a singhiozzare, sgomenta, la povera ragazza sacrilega.
Adesso che faccio? Che faccio?
Fuggì dalla casa, in preda allo spavento; giunta alla chiesa si rivolse al Sacerdote e piangendo confessò il suo terribile peccato.
Il ministro di Dio andò a prelevare l'involto e lo portò al Vescovo, che era Giovanni V. Il Vescovo si affrettò a comunicare la notizia al Sommo Pontefice Gregorio IX, per iscritto chiedendo consigli sul da farsi.
Delle due donne non si conoscono i nomi e non si conoscono altre notizie. Il papa rispose con la bolla pontificia che dice così:
«Gregorio vescovo, servo dei servi di Dio al venerato fratello di Alatri, salute e apostolica benedizione. Abbiamo ricevuto la tua lettera, fratello carissimo, che ci informava, come una certa giovane suggestionata dal cattivo consiglio di una malefica donna, dopo aver ricevuto dalle mani del Sacerdote il Corpo santissimo di Cristo, lo trattenne nella bocca fino al momento in cui, colta l'occasione favorevole, lo poté nascondere in un panno, dove, dopo tre giorni, ritrovò lo stesso corpo che aveva ricevuto in forma di pane, trasformato in carne, come tuttora ognuno può constatare con i propri occhi.
Poiché l'una e l'altra donna ti hanno tutto ciò umilmente rivelato, desideri un nostro parere circa la punizione da infliggere alle colpevoli.
In primo luogo dobbiamo rendere grazie, con tutte le nostre forze, a colui che pur operando in ogni cosa in modo meraviglioso, tuttavia in qualche occasione ripete i miracoli e suscita nuovi prodigi, affinché, irrobustendo la fede della verità della Chiesa Cattolica, sostenendo la speranza, riaccendendo la carità, richiami i peccatori, converta i perfidi e confonda la malvagità degli eretici.
Pertanto, fratello carissimo, a mezzo di questa lettera apostolica, disponiamo che tu infligga una punizione più mite alla giovane che riteniamo abbia compiuta l'azione delittuosa più per debolezza che per cattiveria, specialmente perché è da credersi che si sia sufficientemente pentita nel confessare il peccato. Alla istigatrice poi, che con la sua perversità la spinse a commettere il sacrilegio, dopo averle applicate quelle misure disciplinari che crediamo opportuno di affidare al tuo criterio, imponi che visitando i vescovi più vicini, confessi umilmente il suo reato, implorando con devota sottomissione, il perdono».
Al termine della lettura della lettera pontificia, il vescovo di Alatri mostrò al clero e al popolo lo scritto del Papa e poi con tremore l'ostia incarnata, che ancora oggi si può adorare, tenuta tra due batufoli di ovatta e posta in forma di una pallottolina di colore scuro in un tubicino di vetro dell'altezza di cm. 4, a sua volta chiuso in un ostensorio-reliquiario collocato in un'ampia nicchia dell'altare dedicato all'ostia divenuta carne in una cappella del transetto destro della concattedrale di S. Paolo.
Nel fusto dell'ostensorio-reliquiario, di metallo dorato, sta scritto: «Il Verbo si fece carne e abitò fra noi».
Dinanzi ad un miracolo simile di Gesù che converte l'ostia consacrata in carne viva, dite voi cari ascoltatori, ascoltatrici che dobbiamo pensare? Che cosa dobbiamo concludere?
Certamente le due donne ormai dimenticate per sempre sono state soltanto la scintilla della forza demolitrice del germe ereticale del secolo XII che aveva intaccato anche la verità della presenza reale del Signore nell'Eucaristia, tanto a giungere, sul nascente XIII secolo, ad emarginare la pietà eucaristica, praticando nei confronti dell'Eucaristia una specie di «sciopero bianco».
Il miracolo di Alatri si inserisce in questo clima di raffreddamento della fede eucaristica. Contro questa tendenza nefanda reagì la Chiesa con il Concilio Lateranense IV (1215) nel quale si riaffermò la dottrina Cattolica:
«Una è la Chiesa universale dei fedeli ... nella quale il medesimo Gesù Cristo è Sacerdote e vittima, il cui Corpo e Sangue sono veramente contenuti nel sacramento dell'altare, sotto le specie del pane e del vino, transustanziandosi il pane nel Corpo e il vino nel Sangue di Cristo».
Anche oggi l'altare del miracolo eucaristico che ha confermato mirabilmente la sana fede cattolica, durante le sacre funzioni viene illuminato e dinanzi alla preziosa Reliquia trova la sua espressione orante nelle parole di questa meravigliosa preghiera:
«O Gesù, che a conferma della tua reale presenza nella divina Eucaristia ti degnasti mutare visibilmente in carne la particola che una fanciulla ricevette sacrilegamente per consegnarla ad una donna malefica e che dopo sette secoli e mezzo si conserva ancora visibile, ravviva la nostra fede e disponi le nostre anime a riceverti degnamente nella santa Comunione. Noi vogliamo col tuo aiuto riparare le irriverenze e i sacrilegi che ricevi in questo sacramento del tuo amore e uniti spiritualmente alle anime innamorate di te, che notte e giorno vegliano in adorazione davanti ai tuoi tabernacoli, ti preghiamo per quanti non hanno la fortuna di conoscerti e di amarti, perché siano conquistati dalla tua onnipotente bontà e si uniscano a noi nella lode perenne. Amen!»
Concludo con le parole di p. Natale Nasuti: «L'anima ha bisogno di certezza, di stabilità, di altezza. Ora in alto c'è solo Lui, il Dio uno e trino, l'unico che può conservare e mantenere il mondo nella pace e nel bene. La strada dell'uomo nella storia è dura e insidiosa. Solo il Cristo, nato da Maria, è la luce per i nostri nebbiosi sentieri, la forza per i nostri piedi stanchi, la speranza per i nostri fragili sogni, il calore per il nostro convalescente cuore.
Per tutti il miracolo è un invito potente a riempire la propria libertà con un sì radicale a Dio.
P. Giorgio Finotti dell ’Oratorio
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