- L'intenzione dell'autore nella compilazione dell'opera
Tra tutti i compiti cui si applicano gli uomini lo studio della sapienza la vince in perfezione, sublimità, utilità e godimento. - In perfezione, perché nella misura in cui l'uomo si applica alla sapienza, partecipa in qualche maniera alla vera beatitudine; di qui le parole del Savio: «Beato l'uomo che si applica alla sapienza» [Eccli., XIV, 22]. - In sublimità, perché tale studio specialmente avvicina l'uomo alla somiglianza di Dio, il quale «ha fatto con sapienza tutte le cose» [Sal., 103, 24]; ed essendo la somiglianza causa della benevolenza, lo studio della sapienza è il mezzo principale che unisce a Dio con l'amicizia. Di qui l'affermazione della Scrittura [Sap., 7, 14], che la sapienza «è per gli uomini un tesoro inesauribile, cosicché quanti vi attingono sono partecipi dell'amicizia di Dio». - In utilità, perché mediante la sapienza si giunge al regno dell'immortalità: «poiché il desiderio della saggezza condurrà al regno imperituro» [Sap., 6, 21]. - In godimento, finalmente, perché «la familiarità con la sapienza non ha amarezze, né dà fastidio la sua convivenza, ma letizia e gioia» (Sap., 8, 16).
Prendendo perciò fiducia dalla bontà divina, nell'affrontare il compito del sapiente, pur trattandosi di un'impresa superiore alle nostre forze, ci proponiamo di esporre, secondo le nostre capacità, la verità professata dalla fede cattolica, respingendo gli errori contrari; poiché, per dirla con S. Ilario, «io penso che il compito principale della mia vita sia quello di esprimere Dio in ogni parola e in ogni mio sentimento» [De Trinit., I, c. 37].
È però difficile confutare tutti e singoli gli errori, per due motivi. Primo, perché non abbiamo tale conoscenza delle asserzioni sacrileghe dei singoli oppositori, da poter desumere validi argomenti dalle ragioni da essi addotte per distruggere partendo da esse i loro errori. Così infatti fecero gli antichi dottori nel distruggere gli errori dei gentili, avendo avuto la possibilità di conoscere le loro posizioni, essendo stati gentili loro stessi, o per lo meno avendo vissuto con essi ed essendo stati istruiti nelle loro dottrine. - Secondo, perché alcuni di essi, quali i Maomettani e i pagani, non accettano come noi l'autorità della Scrittura, mediante la quale è possibile invece disputare con gli Ebrei, ricorrendo all'Antico Testamento, oppure con gli eretici ricorrendo al Nuovo Testamento. Quelli invece non accettano né l'uno né l'altro. Perciò è necessario ricorrere alla ragione naturale, cui tutti sono costretti a piegarsi. Questa però nelle cose di Dio non è sufficiente.
Nell'investigare quindi certe verità mostreremo quali errori esse escludano, e in che modo la verità raggiunta con la dimostrazione concordi con la fede della religione cristiana.
SAN TOMMASO D’AQUINO
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