martedì 5 maggio 2020

FUGGITA DA SATANA



MICHELA
  
La mia lotta per scappare dall'Inferno



Un annullamento fatale

A quel fidanzatino delle superiori ho voluto veramente bene. Conservo tanti ricordi bellissimi delle nostre corse da quindicenni in motorino. Eravamo due matti, ma due matti belli. Quando mio padre lo scoprì, la sua soluzione fu di portarmi nel suo studio professionale, che aveva sede in una villa sperduta, e di darmene talmente tante, con calci e cinghiate, fino a quando gli garantii che avrei lasciato quel ragazzo, cosa che in realtà non ho mai fatto.
Anche quando mia madre, mi trovò nella borsetta il test di gravidanza, che fra l'altro risultava negativo, la loro reazione fu come al solito quella di menarmi e non di parlarne. Così il risultato che ottenevano era un rapporto sempre più sfilacciato. Da parte mia, mi ero imposta di non fargli mai comprendere quanto mi facessero male le loro botte. In collegio avevo imparato una cosa: che più piangevi e meno valevi. Così la soddisfazione a mio padre e mia madre di vedermi piangere non gliel'avrei data manco morta.
Non ricordo di aver ricevuto tenerezze da mio padre, non mi ha nemmeno mai abbracciata. Mi ero ridotta a vivere con una corazza. Il compleanno e le "feste comandate" erano un incubo perché non riuscivo a capacitarmi di come a Natale si diventasse improvvisamente tutti buoni e poi a Santo Stefano si tornasse a comportarsi da carogne. Perciò odiavo tutte queste circostanze: mi veniva il voltastomaco ad abbracciarci, a farci gli auguri, a dire «ti voglio bene», quando invece non pensavo nulla di tutto questo. Alla fine tutto si risolveva in una prova di recitazione...
Il "giocattolo" si ruppe definitivamente quando avevo diciassette anni. A pensarci oggi, fu una situazione tragicomica quella che si verificò in occasione della visita che la mia classe doveva fare a Milano, in coincidenza con la Fiera Campionaria.

Il giorno prima del viaggio chiesi a mio padre i soldi per il biglietto del treno - mi ricordo che era poco più di diecimila lire - e lui reagì: «Dammi un motivo per cui ci devi andare». Io cercai di spiegargli che era un'iniziativa della scuola, ma lui non intendeva ragionie concluse dicendomi:«Vedremo se tidarò isoldi».
Uscii di casa e andai verso scuola, però quel giorno non entrai e me ne andai a passeggio per la città. Non ebbi occasione di contatto con nessuno dei miei compagni e, quando tornai dai miei, li vidi nervosi. Chiesi nuovamente a mio padre i soldi del treno e per tutta risposta lui e sua moglie mi picchiarono così forte da farmi perdere i sensi. Addirittura, due anni dopo ho dovuto subire un intervento mascello-facciale perché i medici non si erano accorti della gravita di una lesione alla bocca che ha richiesto la riduzione della mandibola.
Quel che era accaduto lo scoprii più tardi: per motivi politici, il convegno al quale dovevamo presenziare era stato anticipato di un giorno e così la scuola aveva annullato il viaggio. Mio padre si era perciò convinto che io stessi cercando di ingannarli, ma non fece nemmeno il tentativo di verificare la mia versione dei fatti. Mi presero a calci per tutto il quartiere fino al convento dove c'era una suora giovanissima con la quale avevo stabilito uno splendido rapporto: «Ecco, questo è il mostro che hai creato, ci racconta soltanto bugie!» le dissero. E poi mi riportarono a casa.
Per me era divenuta ancora una volta una sfida. All'alba del giorno seguente sono scappata di casa e me ne sono andata lo stesso a Milano. Da ho telefonato alla mia amica suora: «Sono davanti al Duomo. Hai visto che ce l'ho fatta?». Lei mi disse di prendere il primo treno e di andare al convento, perché avrebbe cercato di proteggermi. All'arrivo, trovai tutti i miei familiari schierati. Mio padre era nero, ma uno zio pronunciò una frase che io colsi al volo: «Michela, che cosa c'è che non va? Non è che per caso ti era venuto il desiderio di andare a cercare la tua madre naturale?». È stato un lampo: ho detto di sì e mi sono inventata su due piedi una storia sul fatto che ero andata a Milano alla ricerca di notizie nel Tribunale per i minorenni. Poi ho guardato la mia mamma adottiva negli occhi e ho fatto la scena da grande attrice: «Però poi ho scelto di tornare da te!».

Nessun commento:

Posta un commento