mercoledì 20 maggio 2020

FUGGITA DA SATANA



MICHELA


La mia lotta per scappare dall'Inferno



In fuga da maggiorenne

Tutte queste vicende mi avevano da tempo spinto alla decisione che, non appena avessi compiuto diciotto anni, sarei andata via di casa. Ed esattamente la mattina del decimo giorno dopo il fatidico compleanno guardai i miei negli occhi e dissi:
«Ora sono maggiorenne e vaccinata». Presi la valigia che avevo già preparata e mi avviai verso l'uscita. Mio padre si pose di fianco alla porta e mi disse che, se l'attraversavo, per lui ero come morta. A bruciapelo gli risposi: «È da quel dì che tu sei morto per me».
Sono andata via e non mi sono mai pentita di averlo fatto, nonostante le tante tragedie che mi sono successe in seguito, poiché per me in quel momento la fuga dalla mia famiglia adottiva era l'unica maniera per poter sperare di sopravvivere. Ho dovuto tacitare anche un forte senso di colpa: quello per aver lasciato con loro mio fratello, che difatti per un lungo periodo non mi ha più voluto parlare, accusandomi di averlo abbandonato.

La mia meta era una comunità di suore che avevo conosciuto nell'ottobre precedente, quando erano venute nella mia parrocchia per una missione popolare, insieme con diversi ragazzi e ragazze di quella congregazione. Avevo avuto un colloquio con il Padre responsabile di quella comunità e lui mi aveva detto che percepiva in me una vocazione alla vita consacrata e mi aveva invitata a trascorrere qualche giorno da loro. Approfittando delle feste natalizie mi ero recata nella loro comunità ed era stato bellissimo: un'accoglienza straordinaria, tutti che mi facevano festa e dicevano che sarebbero stati contentissimi se mi fossi aggregata anch'io... Rientrata a casa, una delle loro suore cominciò a scrivermi regolarmente. Mi raccontava le cose che facevano, mi confidava quanto fosse bello vivere in comunità. Non dico che si sia trattato di un plagio, ma comunque fece leva sulla mia fragilità del momento per convincermi a fare una scelta per la quale ero certamente impreparata.
Nei primi tempi l'avventura andava piuttosto bene. Agli inizi del nuovo anno scolastico mi dissero che era opportuno che conseguissi il diploma di maestra d'asilo, in modo da potermi impegnare in uno dei loro istituti. Così ho cominciato a studiare da privatista e nel contempo collaboravo a diverse attività relative alla vita del santuario, dalla pulizia ad altri semplici servizi. Non è che fossi il massimo della perfezione, nel seguire la vita della comunità. Continuavo a essere piuttosto ribelle, non rispettavo facilmente le regole. Però i responsabili non mi pressavano più di tanto, lasciavano correre qualche mia disubbidienza, come il fumare di nascosto o il non essere assidua alle preghiere in cappella.
Dopo un anno e mezzo come postulante, in settembre avrei dovuto entrare in noviziato. Durante l'estate precedente, però, avevo cominciato ad accorgermi che c'era qualcosa che non andava. Venni poi a sapere che alcuni novizi avevano denunciato di aver subito abusi sessuali e che per questo motivo era stata disposta dal Vaticano un'ispezione canonica.
Onestamente io non ho mai visto né vissuto niente di simile. Fatto sta che il sacerdote responsabile mi suggerì di lasciare la comunità. Così, nella notte fra il 7 e l'8 settembre, andai via. Quando lo salutai, questo sacerdote mi benedisse e pronunciò una frase davvero profetica: «Tu troverai la morte dell'anima e una donna ti ridarà la vita».

Nessun commento:

Posta un commento