PRESENZA DELLA TRINITÀ NEL MONDO
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In un celebre testo scritto mentre era giovane teologo, Tommaso distingue tre modi in cui si può dire che Dio esiste nella creazione 157 . Il primo si verifica in tutta la creazione, animata o inanimata; il secondo al contrario non lo si incontra che negli esseri spirituali capaci di ricevere la grazia e dunque di accedere a Dio in un modo personale; quanto al terzo, esso si realizza soltanto in Cristo, che l‘unione ipostatica situa al vertice della creazione: «La prima [presenza] si realizza per semplice similitudine, cioè nella misura in cui si trova nella creatura una somiglianza della divina bontà [questo corrisponde a ciò che abbiamo caratterizzato qui sopra come ―vestigio‖], senza che essa raggiunga Dio considerato nella sua sostanza. Questo modo di congiunzione [tra Dio e la sua creatura] lo si incontra in tutte le creature nelle quali Dio si trova per la sua essenza, la sua presenza e la sua potenza». I teologi parlano in questo caso di una «presenza di immensità». Tommaso spiega ciò molto chiaramente nella Somma 158 , ma ha pure un testo ancora più esplicito, che risale alla fine della sua carriera: «Si dice comunemente che Dio è in ogni realtà per la sua essenza, presenza e potenza. Per comprendere ciò, bisogna sapere che qualcuno è detto essere per la sua potenza in tutti coloro che gli sono sottomessi, così come il re è detto essere in tutto il regno che gli è sottomesso, senza tuttavia esservi con la sua presenza né con la sua essenza. Per la sua presenza, qualcuno è detto essere in tutte le realtà che sono al suo cospetto, così come il re è detto essere presente nel suo palazzo. Invece qualcuno è detto essere per la sua essenza nelle realtà in cui è la sua sostanza, così come il re è [nella sua propria individualità] in un solo determinato luogo. Noi affermiamo che Dio è dappertutto nel mondo per la sua potenza, poiché tutte le cose sono sottomesse al suo potere — Se salgo in cielo, là tu sei (...), se prendo le ali dell‘aurora per abitare all‘estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra (Sal 138, 8) —. Dio è anche dappertutto per la sua presenza, poiché tutto ciò che è nel mondo è nudo e scoperto agli occhi suoi (Eb 4, 13). Infine Dio è dappertutto per la sua essenza, poiché la sua essenza costituisce ciò che vi è di più intimo in tutte le realtà... Ora, Dio crea e conserva tutte le cose secondo l‘atto d‘essere di ogni realtà. E dato che l‘atto d‘essere forma ciò che vi è di più intimo in ogni realtà, è chiaro che Dio è in tutte le realtà per la sua essenza, mediante la quale le crea» 159 . Noi purtroppo non possediamo il commento di Tommaso al Salmo 138, ma ciò che conosciamo della sua riflessione sul libro di Giobbe mostra bene com‘egli sia lontano dal vedere in questo Dio che ha tutto al suo cospetto, e scruta le reni e i cuori, il giudice spietato a cui lo si è a volte ridotto; Tommaso, molto diversamente, vede Dio in questa immagine come colui che conduce l‘uomo «sul cammino dell‘eternità» 160 . C‘è infatti un secondo modo in cui Dio si fa presente alla sua creatura; esso si verifica «quando la creatura raggiunge Dio stesso considerato nella sua sostanza e non nella sua semplice somiglianza, e questo mediante la sua operazione. E quanto succede quando qualcuno aderisce con la fede alla stessa Verità prima, e con la carità alla sovrana Bontà. Tale è dunque il secondo modo, secondo il quale Dio è specialmente nei santi mediante la grazia». Con questa scarna formula Tommaso evoca qui la dottrina dell‘inabitazione divina che, pur dando origine a eruditi commenti, conserva in lui una semplicità tutta giovannea: «Se uno mi ama..., noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Il contesto qui è molto chiaro: non si tratta dei santi canonizzati ma proprio di tutti i cristiani che vivono secondo le virtù teologali. Questa precisazione è sufficiente per mettere in risalto l‘incommensurabile differenza tra la presenza di immensità del Dio creatore in tutte le cose, anche materiali, e la presenza che egli riserva a coloro che lo amano perché per primo li ha amati: «al di fuori della grazia, non esiste una perfezione aggiunta alla sostanza che introduca Dio in un essere a titolo di oggetto conosciuto e amato. Solo la grazia fonda un modo particolare d‘essere di Dio nelle cose» 161 .
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