Anzitutto una premessa. Padre Pio mai cercò o si compiacque di muoversi nelle alte sfere della vita mistica. Vi fu attratto come tutti gli autentici mistici, dal soffio dello Spirito Santo e vi aderì con generosa e costante fedeltà. Volentieri riconosceva che il meraviglioso mondo dei suoi rapporti personali con Dio uno e trino non era tanto una conquista dell'attività umana, quanto un dono della predilezione divina. Egli si rendeva perfettamente conto delle vie straordinarie attraverso le quali Dio andava realizzando i suoi disegni amorosi su di lui, avrebbe però preferito "la strada ordinaria a tutte le altre anime", pur di raggiungere la perfezione "dell'amore sostanziale":
"Sapete, padre, io non do nessuna importanza a questo stato mio straordinario: e per questo non cesso di dire a Gesù che mi conduca per quella strada ordinaria a tutte le altre anime, ben conoscendo che la via, per la quale la divina misericordia
mi sta conducendo, non si conviene alla mia anima, avvezza a cibi ancora assai materiali. Quello che dico al Signore si è che vado trovando l'opera, l'emendazione della vita, la mia risurrezione spirituale, l'amore vero sostanziale, la sincera conversione di tutto me stesso a lui" (7 4 1915).
Inoltre consigliava i suoi stessi direttori ad essere molto cauti nel dirigere le anime loro affidate riguardo ad eventuali fenomeni straordinari. Il 25 agosto 1915 scrive a padre Agostino:
"Quello che io voglio dirvi si è di stare molto accorto nella direzione di anime, specie di diverso sesso, e non dare loro a divedere di dare molta importanza in ciò che spetta fenomeni estraordinari, salvo quando si hanno prove chiarissime in mano, che il confutarle costituirebbe quasi una specie d'infedeltà".
Un altro importante rilievo da tener presente: padre Pio non parla volentieri né di propria iniziativa dei doni mistici. Anzi li occulta perfino ai suoi direttori, finché attraverso le loro insinuazioni e i loro ordini precisi non intravede la volontà divina. Ma anche in questi casi lo fa con la massima discrezione e riservatezza, sia per la difficoltà intrinseca di descrivere "le altissime comunicazioni", sia perché avrebbe preferito che quelle misteriose relazioni rimanessero nell'ambito di secretezza e di intimità in cui si attuavano, cioè tra Dio e l'anima:
"Nel caso di non poterle scrivere lo stato del mio interno, a causa della vista, ella mi dice di servirmi di qualche persona di fiducia per quindi manifestarglielo; ora la supplico, babbo mio, di non obbligarmi a tanto, perché non posso manifestarlo a nessuna persona di qui [...]. Il dovere quindi di non poter sfogare il mio interno con un padre generoso che mi offrì la sua mano protettrice e si degnò chiamarmi suo figlio, mi priva dell'unico conforto" (13 1 1912).
"L'anima posta dal Signore in tal stato, arricchita di tante celesti cognizioni dovrebbe essere loquace; eppure no, essa è divenuta quasi muta. Non saprei se questo sia un fenomeno che si avvera in me solo" (26 3 1914).
"Padre, preferisco in questo punto il silenzio, perché vedo chiaramente che ciò che ho detto e potrei dire non corrisponde se non assai pallidamente a ciò che in me si passa. Ci credete, padre? Mi fa quasi rabbia il non potere e non sapere manifestare tutto il mio interno. Sia fatta la divina volontà" (11 3 1915) "Vorrei, vorrei parlarvi, ma che vale il parlare senza intenderci? E' meglio uno stretto silenzio, che un mal parlare" (27 2 1916).
E quando, superando tali difficoltà, doveva aprire la sua anima, sperimentava una reale ripugnanza e la violenza interiore traspare dall'espressione: "Perdonatemi poi se non dò risposta a quelle interrogazioni che mi avete fatte coll'ultima vostra. A dirvi il vero, sento una grande ripugnanza nello scrivere quelle cose. Non si potrebbe, o padre, pel presente soprassedere di dare a queste vostre dimande un riscontro? Del resto vi ho esposto questa mia debole ragione, ma se voi non la trovate sufficiente e volete proprio che il tutto affidassi alla scrittura, non sapendo cosa farne, a me non mi rimane se non ubbidire" (4 10 1915).
"Eccovi manifestato, alla meglio che mi è stato possibile, l'origine di questo nuovo stato. Mio Dio!, non vi so dire, padre, la resistenza e la violenza che ho dovuto fare in manifestarvi queste cose; ve l'ho manifestate a viva forza, in virtù della santa ubbidienza, che vuole che nulla debbo far passare sotto silenzio. Ho dovuto faticare molto ancora nello strapparmi dalle unghie di satana, e ci peno ora in sentirne la sua rivendicazione: esso m'inocula continuamente il suo veleno, ed in balia di sue forze non è possibile indovinarne l'uscita, quando ogni via è chiusa e niuno spiraglio indica la sfuggita"
(19 6 1918).
E' molto significativo, a questo riguardo, il modo come venne a conoscersi il prodigio della stigmatizzazione.
Da più di un anno padre Pio aveva notato nelle mani
e nei piedi i primi sintomi delle stimmate; ma, vinto dalla "maledetta vergogna", non aveva fatto nemmeno un accenno al direttore, finché l'8 settembre 1911, non senza farsi "grande violenza", si decise a parlarne in questi termini: "Ieri sera poi mi è successo una cosa che io non so né spiegare e né comprendere. In mezzo alla palma delle mani è apparso un po' di rosso quasi quanto la forma di un centesimo, accompagnato anche da un forte ed acuto dolore in mezzo a quel po' di rosso. Questo dolore era più sensibile in mezzo alla mano sinistra, tanto che dura ancora. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore. Questo fenomeno è quasi da un anno che si va ripetendo, però adesso era da un pezzo che più non si ripeteva. Non s'inquieti però se adesso per la prima volta glielo dico; perché mi sono fatto vincere sempre da quella maledetta vergogna. Anche adesso se sapesse quanta violenza ho dovuto farmi per dirglielo!" (8 9 1911).
Ciò si ripete in ben più vaste proporzioni, quando la stigmatizzazione divenne un fenomeno visibile e permanente, il 20 settembre 1918. Padre Paolino da Casacalenda, che era superiore di San Giovanni Rotondo e godeva della stima e fiducia di padre Pio, racconta: "Non seppi nei primi giorni il tempo preciso della stigmatizzazione del Padre. E su questo non c'è da meravigliare, perché il padre Pio non parlava mai di se stesso, per cui non sentì il bisogno, neppure in questa circostanza così solenne della sua vita, di dirmi qualche cosa al riguardo. Egli anzi faceva tutto il possibile per occultare il dono di Dio" 2. Venuto poi a conoscenza del fatto ed accertatosi della sua oggettiva realtà, dopo una decina di giorni padre Paolino, verso i primi di ottobre, lo comunicò a padre Benedetto, invitandolo a recarsi d'urgenza a San Giovanni Rotondo. Ma
il direttore non ci andò; e padre Pio che dal 6 settembre non aveva scritto a nessuno, il 17 ottobre indirizzava una lettera a padre Benedetto, non accennando al dono ricevuto, ma soltanto vagamente ad una "pioggia di sangue":
"Deh, padre mio, venite in mio aiuto, per carità! Tutto il mio interno piove sangue e più volte l'occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere anche al di fuori. Deh, cessi da me questo strazio, questa condanna, questa umiliazione, questa confusione! Non mi regge l'animo a potere e a saper resistere" (17 10 1918).
Padre Benedetto, già informato dal padre Paolino, risponde il 19, chiedendogli un resoconto dell'accaduto. Dunque ormai era inevitabile; bisognava parlarne esplicitamente. Ma anche allora si rileva, da una parte, il non dare eccessiva importanza al fatto e, dall'altra, la schiettezza, la semplicità e quasi noncuranza con cui brevemente informa il direttore dell'impressione delle stimmate.
Nella prima parte della lettera, trascurando ciò che doveva essere lo scopo principale della risposta alla domanda rivoltagli, si intrattiene a calmare la coscienza agitata del direttore, e lo fa con calore e unzione. Poi passa a rispondere a quanto era stato chiesto, iniziando la breve relazione con queste parole:
"Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi dimandate del come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura!" (22 10 1918).
Anche dopo il fatto straordinario delle stimmate, padre Pio continua la tattica di sempre: parlare il meno possibile di propria iniziativa dei meravigliosi fenomeni che si verificano nella sua anima. Padre Benedetto lo rimprovera dolcemente e per spingerlo ad essere più sollecito e più ampio nei resoconti di coscienza, gli rivolge quest'amabile minaccia:
"Tu poi sai narrarmi le pene dell'amore e non ti sazieresti mai dal raccontarmele, e taci spesso e quasi sempre l'amore penoso e l'amore delle pene con tutto l'amore che produce l'uno e le altre e le dolcezze amorose che tu godi e per cui piangi. Quando tu ti sarai intrattenuto a dirmi positivamente e distintamente le dolcezze dell'amore, allora io risponderò direttamente e partitamente al grido delle tue pene" (16 11 1918).
PADRE PIO DA PIETRELCINA
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