mercoledì 12 maggio 2021

LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA REALE E BREVE PER ACQUISTAR LA PERFEZIONE

 


Quanto Cristo stimi colui che fa la volontà di Dio. 

   Quanto ho detto, voglio anche confermare con l'autorità, affinché sempre più sia dimostrata la sua  importanza. Sebbene nella S. Scrittura, in più luoghi, si inculchi grandemente questo esercizio, e  Davide dica che la vita stava nella volontà di Dio, e che con la sua volontà Dio diede virtù alla  bellezza dell'anima sua, nondimeno chi maggiormente ce l'inculca è il Maestro della vita, Gesù  Cristo, dicendo che non era venuto se non per fare la volontà di suo Padre. Tanto sublime è questa  occupazione che essa sola merita tanta grande spesa, quanto è il discendere un Figliuolo di Dio dal  cielo per adempirla. 

   In un altro luogo disse che il suo cibo era il fare la volontà di suo Padre, significando il gusto, che  è in questo e la sua necessità e importanza, non meno di quello che il mangiare sia necessario per  vivere. Ma sopra tutto raccomandò questa occupazione, quando disse: Chiunque farà la volontà di  mio Padre, che sta nei cieli, questi sarà mio fratello, sorella e madre (Marc. 3. 35). Prego tutti a  considerare queste parole e chi le disse e quello che significano, a tenerle fisse nel Cuore e a non  cercare al tra maggior premio del rinnegare sé stessi e far la volontà di Dio, che quello che Cristo  con tali parole promise: perché chi le disse fu il Figliuol di Dio, sapienza e verità eterna, che non si  poté ingannare, né disse esagerazione, alla quale mancasse un minimo che di verità: e però non si  hanno a udire queste parole, come eccesso di esagerazione, ma come dette con ischiettezza e verità,  e che veramente il fìgliuol di Dio tiene per fratello, per sorella e per madre chi fa la volontà di suo  Padre: cioè che gli porta amore di fratello e di figlio, il quale vincolo di amore è più stretto di quello  del sangue e della parentela e di maggior stima per sé stesso, perché finalmente il figliuolo manca di  rispetto verso sua madre, e il fratello non sempre soccorre al fratello nel bisogno; ma chi ama é  fedelissimo, né può mancare alle necessità di quegli, a cui vuol bene. Si aggiunga a questo che  Cristo non disse che avrebbe amore solo, come di fratello a fratello o di figlio a madre, a chiunque  facesse la volontà di suo Padre, essendo pur bastante a far stupire tutti i Serafini, tanto gran  piacevolezza e tenerezza del nostro Salvatore; ma disse che avrebbe amore come a fratello, come a  sorella e come a madre insieme, cioè come a tutti quelli uniti insieme, con affetto non solamente  duplicato, ma triplicato. E quanto gran cosa si stimerebbe l'essere fratello carnale di Cristo? E  quanta gran cosa si stima la Madre, che lo diede alla luce? 

   Con chi dunque fa la volontà di Dio, ha queste parentele insieme unite, e l'ama non solo come  fratello, o sorella, o madre, ma come se fossero tutte queste cose insieme. Veramente, ancorché  fosse questa un'esagerazione e in realtà non fosse così, ma fosse stato ciò detto solo per  complimento, questo é un gran favore, che si fa a quelli che adempiscono la volontà divina; e solo  per questo ci obbliga Cristo a far quel che tanto desidera, come ci esprimono queste parole tanto  tenere e amorose. E massime se si considera, che non solo disse Cristo che amerebbe come inferiore  o eguale quegli che facesse la volontà di suo Padre, ma che l'amerebbe come figliuolo la madre, che  é amore, in quanto figliuolo, di inferiore a superiore e per il quale si deve obbedienza: per darci a  intendere che egli stima tanto quello che fa la volontà di suo Padre, che in contraccambio egli  adempirà la sua e in quella maniera gli obbedirà, come fanno i figliuoli alle madri. Qual maggior  finezza di amore può ritrovarsi, che darsi per obbligato il Figliuol di Dio ad adempire la volontà di  quello che adempie la volontà divina, come se obbedisse alla sua propria madre? Per vero, il solo  dir ciò è favore grande. 

   Si aggiunge a questo che tali parole disse quel Figliuolo che nel mondo ha amato più di tutti la sua  Madre, più di tutti l'ha onorata e favorita: eppure con tutto ciò dice che stima come madre quegli  che adempisce la volontà di suo Padre. Ma l'occasione, nella quale ciò disse, ci discopre  maggiormente questo favore: poiché fu quando la sua medesima Madre lo cercava per parlargli; ed egli rispose che suo fratello, sua sorella e sua madre erano i suoi discepoli, in quanto facevano la  volontà divina: il che dopo dichiarò, aggiungendo la sentenza, che andiamo ponderando. Nel che  dimostrò che non solo stimava come sua propria madre quello che faceva la volontà di suo Padre,  solo per questo titolo, ma che lo preferiva nell'amore. E certo è che sebbene non è, né ci sarà al  mondo persona che, dopo Dio, sia amata più da Cristo che sua Madre, nondimeno egli le porta  questo amore, non tanto perché nacque dalle sue viscere, quanto perché ella adempì  perfettissimamente la volontà di Dio: nel che avanzò incomparabilmente sopra tutte le creature  insieme unite. Ma se ve ne fosse alcuna, che avesse meglio adempita la volontà divina, quella  creatura sarebbe amata da Gesù Cristo più che non la sua medesima Madre. E però la maggior  eccellenza della Vergine è più per questo, che per aver preso carne da lei il Figliuol di Dio; il che  dichiarò il medesimo Signore in un'altra occasione, quando, avendogli una buona donna detto ad  alta voce: Beato il seno che ti ha portato, il Signore, come correggendola, disse: Piuttosto beati  quelli che odono la parola di Dio e la custodiscono (Luc. II. 27 e 28), cioè l'adempiscono, facendo  la Sua volontà. Non volle Iddio levare in questo alcuna gloria alla sua Madre santissima, ma solo  dimostrare che la maggior grandezza di lei fu l'adempimento della volontà divina (nel che si avanzò  ella sopra tutti i Serafini e Beati uniti insieme), e che più stimava che una persona adempisse la  volontà di Dio, che s'ei fosse nato dalle viscere di quella medesima persona. 

   Mi si dica ora con quale forza maggiore avrebbe potuto Gesù Cristo raccomandarci questo  esercizio, quanto con parole così tenere e misteriose, nelle quali sopra tutto preferisce al diritto del  sangue, che ha la sua medesima Madre, quegli che fa la volontà divina: e lo dichiara per più felice e  beato, che se avesse da lui ricevuto tanto gran beneficio, quanto ne ricevono i figliuoli dai genitori,  che è un debito incomparabile, e per il quale il medesimo Signore sarebbe stato gratissimo verso sua  Madre, ancorché ella non fosse stata tanto santa, quanto è sopra ogni altra santità creata. In quale  altra maniera si poteva più esagerare questo che con dire che Cristo non si teneva per meno  obbligato a colui che fa la volontà di Dio di quello che sono obbligati i figliuoli ai genitori, il cui  debito si chiama infinito per non potersi pagare? O immensa umiltà di tanto gran Maestà, che si  dichiara così obbligata per adempire quello che noi dobbiamo, e che stima come beneficio infinito  quel debito, al quale noi siamo infinitamente tenuti per mille titoli? Chi non resta obbligato a questa  bontà e generosità di Gesù? 

   Non so se ci deve cagionare maggior ammirazione che Cristo rispettasse, quando era in terra,  come fratello e madre quello che faceva la volontà di suo Padre, adempiendo fedelmente la sua  volontà, o che lo rimiri, ora nel cielo, come signore; perché non sono meno tenere e significanti  quelle parole che disse per S. Luca, parlando di quei servi, che vegliavano per dare a lui gusto e  servirlo in tutto adempiendo senza trascuraggine né intermissione alcuna la sua santissima volontà.  Beati, dice, quei servi, i quali il Signore troverà vigilanti, quando verrà: vi dico in verità, che il  medesimo Signore si cingerà e metterà in ordine per servir li, e facendoli sedere a mensa, anderà  portando loro in tavola (Luc. 12. 37). Dichiara come li premierà. nella gloria, per essergli stati servi  fedeli in questa vita con 1'adempire la sua volontà. 

   E io non so con quali altre ragioni poteva maggiormente significare l'aggradimento e la stima che  fa di quelli, che in questa maniera 1'adempiono: poiché, per significar ciò, dice che il medesimo Dio  li servirà e farà con loro ufficio come di famiglio: e qui non parla della sua umanità, ma della sua  divina natura, come ben dice S. Tommaso: «L'onnipotente Iddio di tal maniera si soggetta (a nostro  modo d'intendere) a ciascheduno degli angeli e anime sante, come se fosse schiavo comprato da  ciascuno di loro, e ciascuno di loro fosse il suo dio: e per dare a intendere questo, andrà servendo a  tutti, avendo detto nel salmo LXXXI, v. 6: Io dissi che siete dèi: perché quel Dio sommamente  perfetto adempirà in sé quello che qui insegnò dicendo: quanto più sei grande, tanto più umiliati in  tutte le cose. E sebbene è superiore a tutti in dignità e maestà, nondimeno si soggetta a tutti con  umiltà». Tutte queste sono parole di questo gran Dottore, nelle quali dichiara il molto che volle dire  il Figliuol di Dio in quelle parole. E veramente 1'esprime in quello che dice, che Cristo arriva a  stimare i suoi servi fedeli, che solamente attendono alla sua divina volontà, non solo come suoi  signori, ma come dèi. Il medesimo Signore, in un altro luogo del suo Vangelo, ci dà occasione di maggiormente apprendere questa sua tanto gran compiacenza e carità, quando disse per S. Giovanni: «Se alcuno mi ama, osserverà la mia parola», adempiendo cioè in tutto la volontà divina;  «e mio Padre l'amerà, e verremo a lui e porremo in lui la nostra stanza». Il che disse Gesù in quel  medesimo sermone, che finiva col dire, che nella casa di suo Padre vi erano molte abitazioni per  premio dei beati nella gloria. E il dire subito che la stanza di suo Padre e sua era quegli che  osservava la sua parola e faceva la sua volontà, pare lo stesso che se si fosse degnato di dire per  eccesso di amore, che quegli era come suo premio e sua beatitudine: e che ciò che era il cielo per i  beati, era con qualche somiglianza per Dio chi adempiva la volontà divina. 

   E sebbene questo è un parlar metaforico, nondimeno molto vivamente ci significa la stima e la  compiacenza grande, che Dio ha di chi fa la sua volontà: poiché non si poté meglio significarlo. E  certo è, che quel concetto, che noi possiamo formare di parole tanto tenere e esagerate, non può  giungere a quello che la cosa è in sé stessa: perché, sebbene pare che Cristo abbia usato  esagerazioni, sono state però in cose tali, che sempre resterà minore il nostro concetto e non  giungerà alla vera stima di quello che é. Né vi ha dubbio veruno, che Dio sta nel cuore di chi fa la  sua volontà, con maggior gusto, che nel più maestoso trono, che il pensiero umano possa  immaginare, ancorché eccedesse mille volte la grandezza e la maestà del Cielo empireo. 

P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. 

Nessun commento:

Posta un commento