Quanto Cristo stimi colui che fa la volontà di Dio.
Quanto ho detto, voglio anche confermare con l'autorità, affinché sempre più sia dimostrata la sua importanza. Sebbene nella S. Scrittura, in più luoghi, si inculchi grandemente questo esercizio, e Davide dica che la vita stava nella volontà di Dio, e che con la sua volontà Dio diede virtù alla bellezza dell'anima sua, nondimeno chi maggiormente ce l'inculca è il Maestro della vita, Gesù Cristo, dicendo che non era venuto se non per fare la volontà di suo Padre. Tanto sublime è questa occupazione che essa sola merita tanta grande spesa, quanto è il discendere un Figliuolo di Dio dal cielo per adempirla.
In un altro luogo disse che il suo cibo era il fare la volontà di suo Padre, significando il gusto, che è in questo e la sua necessità e importanza, non meno di quello che il mangiare sia necessario per vivere. Ma sopra tutto raccomandò questa occupazione, quando disse: Chiunque farà la volontà di mio Padre, che sta nei cieli, questi sarà mio fratello, sorella e madre (Marc. 3. 35). Prego tutti a considerare queste parole e chi le disse e quello che significano, a tenerle fisse nel Cuore e a non cercare al tra maggior premio del rinnegare sé stessi e far la volontà di Dio, che quello che Cristo con tali parole promise: perché chi le disse fu il Figliuol di Dio, sapienza e verità eterna, che non si poté ingannare, né disse esagerazione, alla quale mancasse un minimo che di verità: e però non si hanno a udire queste parole, come eccesso di esagerazione, ma come dette con ischiettezza e verità, e che veramente il fìgliuol di Dio tiene per fratello, per sorella e per madre chi fa la volontà di suo Padre: cioè che gli porta amore di fratello e di figlio, il quale vincolo di amore è più stretto di quello del sangue e della parentela e di maggior stima per sé stesso, perché finalmente il figliuolo manca di rispetto verso sua madre, e il fratello non sempre soccorre al fratello nel bisogno; ma chi ama é fedelissimo, né può mancare alle necessità di quegli, a cui vuol bene. Si aggiunga a questo che Cristo non disse che avrebbe amore solo, come di fratello a fratello o di figlio a madre, a chiunque facesse la volontà di suo Padre, essendo pur bastante a far stupire tutti i Serafini, tanto gran piacevolezza e tenerezza del nostro Salvatore; ma disse che avrebbe amore come a fratello, come a sorella e come a madre insieme, cioè come a tutti quelli uniti insieme, con affetto non solamente duplicato, ma triplicato. E quanto gran cosa si stimerebbe l'essere fratello carnale di Cristo? E quanta gran cosa si stima la Madre, che lo diede alla luce?
Con chi dunque fa la volontà di Dio, ha queste parentele insieme unite, e l'ama non solo come fratello, o sorella, o madre, ma come se fossero tutte queste cose insieme. Veramente, ancorché fosse questa un'esagerazione e in realtà non fosse così, ma fosse stato ciò detto solo per complimento, questo é un gran favore, che si fa a quelli che adempiscono la volontà divina; e solo per questo ci obbliga Cristo a far quel che tanto desidera, come ci esprimono queste parole tanto tenere e amorose. E massime se si considera, che non solo disse Cristo che amerebbe come inferiore o eguale quegli che facesse la volontà di suo Padre, ma che l'amerebbe come figliuolo la madre, che é amore, in quanto figliuolo, di inferiore a superiore e per il quale si deve obbedienza: per darci a intendere che egli stima tanto quello che fa la volontà di suo Padre, che in contraccambio egli adempirà la sua e in quella maniera gli obbedirà, come fanno i figliuoli alle madri. Qual maggior finezza di amore può ritrovarsi, che darsi per obbligato il Figliuol di Dio ad adempire la volontà di quello che adempie la volontà divina, come se obbedisse alla sua propria madre? Per vero, il solo dir ciò è favore grande.
Si aggiunge a questo che tali parole disse quel Figliuolo che nel mondo ha amato più di tutti la sua Madre, più di tutti l'ha onorata e favorita: eppure con tutto ciò dice che stima come madre quegli che adempisce la volontà di suo Padre. Ma l'occasione, nella quale ciò disse, ci discopre maggiormente questo favore: poiché fu quando la sua medesima Madre lo cercava per parlargli; ed egli rispose che suo fratello, sua sorella e sua madre erano i suoi discepoli, in quanto facevano la volontà divina: il che dopo dichiarò, aggiungendo la sentenza, che andiamo ponderando. Nel che dimostrò che non solo stimava come sua propria madre quello che faceva la volontà di suo Padre, solo per questo titolo, ma che lo preferiva nell'amore. E certo è che sebbene non è, né ci sarà al mondo persona che, dopo Dio, sia amata più da Cristo che sua Madre, nondimeno egli le porta questo amore, non tanto perché nacque dalle sue viscere, quanto perché ella adempì perfettissimamente la volontà di Dio: nel che avanzò incomparabilmente sopra tutte le creature insieme unite. Ma se ve ne fosse alcuna, che avesse meglio adempita la volontà divina, quella creatura sarebbe amata da Gesù Cristo più che non la sua medesima Madre. E però la maggior eccellenza della Vergine è più per questo, che per aver preso carne da lei il Figliuol di Dio; il che dichiarò il medesimo Signore in un'altra occasione, quando, avendogli una buona donna detto ad alta voce: Beato il seno che ti ha portato, il Signore, come correggendola, disse: Piuttosto beati quelli che odono la parola di Dio e la custodiscono (Luc. II. 27 e 28), cioè l'adempiscono, facendo la Sua volontà. Non volle Iddio levare in questo alcuna gloria alla sua Madre santissima, ma solo dimostrare che la maggior grandezza di lei fu l'adempimento della volontà divina (nel che si avanzò ella sopra tutti i Serafini e Beati uniti insieme), e che più stimava che una persona adempisse la volontà di Dio, che s'ei fosse nato dalle viscere di quella medesima persona.
Mi si dica ora con quale forza maggiore avrebbe potuto Gesù Cristo raccomandarci questo esercizio, quanto con parole così tenere e misteriose, nelle quali sopra tutto preferisce al diritto del sangue, che ha la sua medesima Madre, quegli che fa la volontà divina: e lo dichiara per più felice e beato, che se avesse da lui ricevuto tanto gran beneficio, quanto ne ricevono i figliuoli dai genitori, che è un debito incomparabile, e per il quale il medesimo Signore sarebbe stato gratissimo verso sua Madre, ancorché ella non fosse stata tanto santa, quanto è sopra ogni altra santità creata. In quale altra maniera si poteva più esagerare questo che con dire che Cristo non si teneva per meno obbligato a colui che fa la volontà di Dio di quello che sono obbligati i figliuoli ai genitori, il cui debito si chiama infinito per non potersi pagare? O immensa umiltà di tanto gran Maestà, che si dichiara così obbligata per adempire quello che noi dobbiamo, e che stima come beneficio infinito quel debito, al quale noi siamo infinitamente tenuti per mille titoli? Chi non resta obbligato a questa bontà e generosità di Gesù?
Non so se ci deve cagionare maggior ammirazione che Cristo rispettasse, quando era in terra, come fratello e madre quello che faceva la volontà di suo Padre, adempiendo fedelmente la sua volontà, o che lo rimiri, ora nel cielo, come signore; perché non sono meno tenere e significanti quelle parole che disse per S. Luca, parlando di quei servi, che vegliavano per dare a lui gusto e servirlo in tutto adempiendo senza trascuraggine né intermissione alcuna la sua santissima volontà. Beati, dice, quei servi, i quali il Signore troverà vigilanti, quando verrà: vi dico in verità, che il medesimo Signore si cingerà e metterà in ordine per servir li, e facendoli sedere a mensa, anderà portando loro in tavola (Luc. 12. 37). Dichiara come li premierà. nella gloria, per essergli stati servi fedeli in questa vita con 1'adempire la sua volontà.
E io non so con quali altre ragioni poteva maggiormente significare l'aggradimento e la stima che fa di quelli, che in questa maniera 1'adempiono: poiché, per significar ciò, dice che il medesimo Dio li servirà e farà con loro ufficio come di famiglio: e qui non parla della sua umanità, ma della sua divina natura, come ben dice S. Tommaso: «L'onnipotente Iddio di tal maniera si soggetta (a nostro modo d'intendere) a ciascheduno degli angeli e anime sante, come se fosse schiavo comprato da ciascuno di loro, e ciascuno di loro fosse il suo dio: e per dare a intendere questo, andrà servendo a tutti, avendo detto nel salmo LXXXI, v. 6: Io dissi che siete dèi: perché quel Dio sommamente perfetto adempirà in sé quello che qui insegnò dicendo: quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose. E sebbene è superiore a tutti in dignità e maestà, nondimeno si soggetta a tutti con umiltà». Tutte queste sono parole di questo gran Dottore, nelle quali dichiara il molto che volle dire il Figliuol di Dio in quelle parole. E veramente 1'esprime in quello che dice, che Cristo arriva a stimare i suoi servi fedeli, che solamente attendono alla sua divina volontà, non solo come suoi signori, ma come dèi. Il medesimo Signore, in un altro luogo del suo Vangelo, ci dà occasione di maggiormente apprendere questa sua tanto gran compiacenza e carità, quando disse per S. Giovanni: «Se alcuno mi ama, osserverà la mia parola», adempiendo cioè in tutto la volontà divina; «e mio Padre l'amerà, e verremo a lui e porremo in lui la nostra stanza». Il che disse Gesù in quel medesimo sermone, che finiva col dire, che nella casa di suo Padre vi erano molte abitazioni per premio dei beati nella gloria. E il dire subito che la stanza di suo Padre e sua era quegli che osservava la sua parola e faceva la sua volontà, pare lo stesso che se si fosse degnato di dire per eccesso di amore, che quegli era come suo premio e sua beatitudine: e che ciò che era il cielo per i beati, era con qualche somiglianza per Dio chi adempiva la volontà divina.
E sebbene questo è un parlar metaforico, nondimeno molto vivamente ci significa la stima e la compiacenza grande, che Dio ha di chi fa la sua volontà: poiché non si poté meglio significarlo. E certo è, che quel concetto, che noi possiamo formare di parole tanto tenere e esagerate, non può giungere a quello che la cosa è in sé stessa: perché, sebbene pare che Cristo abbia usato esagerazioni, sono state però in cose tali, che sempre resterà minore il nostro concetto e non giungerà alla vera stima di quello che é. Né vi ha dubbio veruno, che Dio sta nel cuore di chi fa la sua volontà, con maggior gusto, che nel più maestoso trono, che il pensiero umano possa immaginare, ancorché eccedesse mille volte la grandezza e la maestà del Cielo empireo.
P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J.
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