MICHELA
La mia lotta per scappare dall'Inferno
Un'ostia nella vagina
La Dottoressa continuò a sussurrarmi all'orecchio alcune frasi che mi davano tranquillità: «Respira. Sta' tranquilla. Controlla. Non ti succede niente. Vedrai che ti piacerà. Nel contempo, lei e un'altra donna che era presente mi stimolavano eroticamente. Il Sacerdote si tese sopra di me e fu il primo ad avere un rapporto sessuale: al momento dell'orgasmo, emise lo sperma all'interno del calice. A questo punto la Dottoressa mi ripeteva parole collegate a «dolore» e «piacere», descrivendomi come un onore ciò che stava accadendo: «Ora veramente tu e lui siete una cosa sola».
Venne il turno delle due donne, che fecero sgocciolare della cera bollente su diverse parti del mio corpo. Poi mi fecero mettere inginocchiata a quattro zampe e da dietro mi masturbarono analmente con una candela e con le mani. In quel momento ho provato molta rabbia verso la Dottoressa, perché mi faceva molto male. Tutti gli altri intanto urlavano da non dirsi: eravamo veramente fuori di testa. Poi in sequenza ebbero tutti un rapporto anale con me e, a ogni tentativo di ribellione o di reazione per il dolore, venivo punita con ulteriori penetrazioni.
Sfogato ogni istinto sessuale, il Sacerdote ha preso il vassoio con le ostie, ne ha intinta una nel calice, l'ha infilata nella mia vagina e quindi l'ha mangiata. Tutti gli altri hanno ripetuto le medesime azioni. Il miscuglio di sangue e sperma rimasto nel calice l'ho bevuto io: è stata l'unica volta, perché normalmente lo consumerà il Sacerdote. Infine hanno tolto il serpente dal contenitore di vetro nel quale era custodito e me lo hanno poggiato sul ventre. Ha strisciato per un po' sul mio corpo, ma non mi ha morsicata, e dunque tutti hanno ritenuto che la cerimonia era stata gradita da Satana.
Mi hanno dato una tunica nera, come il cappuccio che avevo sulla testa, e l'ho indossata. Il Sacerdote a quel punto mi ha detto: «Adesso fai parte di noi». Poi ha dato inizio alla messa nera, senza però la consumazione delle ostie che già c'era stata, e il rito si concluse con la recita di una preghiera in dieci formule, una specie di "decalogo" al contrario. Ci hanno dato qualcosa da bere, utilizzando come contenitore un teschio che era poggiato su un tavolino, ma non so di che si trattasse Prima di andare via, il Sacerdote ha posto anche a me sulla testa la croce capovolta, cosa che sino ad allora non aveva mai fatto. Era il riconoscimento del mio ingresso nella setta.
Il rito si è probabilmente concluso intorno alle cinque del mattino, perché ricordo che, durante il tragitto verso la casa della Dottoressa, il cielo ha cominciato a rischiararsi. Sono rimasta con lei per tutta la domenica e il lunedì. Ero così turbata che il primo giorno non ho detto una parola. Quando ho trovato il coraggio per chiederle che cosa fosse successo, mi ha risposto seccamente:
«Abbiamo l'accordo che non puoi fare domande».
Poi ha spostato la mia attenzione sulla dimensione del piacere: «Non ti è piaciuto? Hai visto quale importanza avevi per tutti noi? Eri soltanto tu al centro dell'attenzione!». Per evitare qualsiasi rischio mi teneva sotto stretto controllo, tanto che perfino in bagno dovevo andare con la porta aperta. Avevo forti dolori, soprattutto alla vagina, che lei cercava di calmarmi mediante l'ipnosi, oltre che con le solite gocce e lacocaina.
Lunedì mattina, al risveglio, ha cominciato ad accarezzarmi dolcemente e poi mi ha detto: «Ti senti in questo modo strano perché pensi che il rapporto che hai avuto con il Sacerdote ha rappresentato un tradimento nei miei confronti». Io ho risposto che effettivamente avevo questa sensazione. Allora lei ha replicato:
«Guarda che invece sono orgogliosa di te. Hai fatto esattamente ciò che era la cosa giusta. Da quando hai ricevuto l'iniziazione tramite il Sacerdote, il nostro è divenuto un rapporto ancora più stabile e consolidato di prima. In realtà tu mi hai fatto un regalo e io a mia volta ti ho offerta a Satana come un dono».
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