sabato 13 agosto 2022

IL CUORE DEL PADRE

 


La risposta del Padre al primo peccato

Anche nell'episodio della caduta di Adamo ed Eva bisogna scoprire l'amore paterno. La prima impressione che produce il racconto del Genesi non é, infatti, quella della bontà di Dio, ma piuttosto quella di una giustizia che sancisce il peccato con un castigo. Dopo aver descritto la tentazione con cui il serpente ha reso debole la resistenza della donna, facendo trionfare in lei il desiderio di diventare simile a Dio, e dopo aver ricordato l'atto fatale del peccato, l'autore sacro ci f a assistere ad un interrogatorio e ad un giudizio. Dio interroga i colpevoli e trae tosto le conseguenze della loro confessione. E' il serpente, l'istigatore del male commesso, che diventa per primo oggetto di una maledizione, i cui effetti si manifesteranno nelle generazioni future. Segue la donna, alla quale Dio dice che ormai ella partorirà nel dolore e sarà dominata dal marito. E infine l'uomo, che per aver dato ascolto alla donna e ceduto alla sua seduzione é condannato ad un lavoro faticoso per tutti i giorni della sua vita. In quel momento Dio attua la minaccia che aveva formulato insieme alla proibizione di toccare l'albero della conoscenza del bene e del male: « Il giorno in cui mangerai di quei frutti incorrerai nella morte ». Infatti avverte Adamo che ritornerà in polvere e lo scaccia dall'Eden.

In questo racconto che può essere riassunto nelle parole: « la tentazione, la colpa, il castigo », saremmo indotti a vedere unicamente un Giudice che sancisce la legge da lui stesso stabilita. Non vi é che un particolare che potrebbe lasciare intravvedere una certa benevolenza divina. Prima di espellerli dal giardino di delizie « Dio fece all'uomo e alla donna delle tuniche di pelle e li rivesti ». In questo gesto si scorge una sollecitudine patema: il Padre dà ai suoi figli le vesti e lo fa di sua propria iniziativa, senza che Adamo ed Eva glielo abbiano chiesto. E più tardi, parlando delle preoccupazioni per il cibo e per le vesti, Gesù dirà agli apostoli di non averne: « Perché il Padre celeste sa che avete bisogno di tutto ciò ».

È vero che la sollecitudine di Dio verso la prima coppia non è che un elemento accidentale, secondario, nel racconto biblico, e che non impedisce a Dio stesso, un momento dopo, di scacciare l'uomo dal giardino e di sbarrargli per sempre l'entrata con una guardia dalla spada fiammeggiante. Tuttavia è una sollecitudine rivelatrice, che denota uno stato d'animo: anche nel Giudice che emana la sentenza c'è una nascosta benevolenza. Se Adamo ed Eva hanno bisogno di vesti che coprano il loro corpo ciò è in conseguenza della colpa commessa: prima non ne sentivano la necessità. Ciò nonostante Dio vuol provvedervi, e invece di abbandonarli alle funeste conseguenze della caduta, viene in loro aiuto e si dispone a porre riparo ai disastrosi effetti del peccato. Avrebbe potuto lasciarli nella nudità, affinché quella povertà totale facesse loro sentire tutta la riprovazione che il peccato merita e i frutti amari che riserba infallibilmente ai peccatori; invece, con un gesto generoso, li copre. E Adamo ed Eva lasciano il giardino con quella tunica di pelle che aderirà ormai alla loro persona di carne come un segno permanente della sollecitudine divina. Nel lavoro faticoso, nella sofferenza e nella morte che saranno il loro retaggio essi saranno accompagnati da questa testimonianza, inseparabile ormai da essi, dell'amore del Padre, da questa veste materiale che dà loro la certezza di essere amati da Dio di un amore più forte di tutti i castighi. È quasi la prova concreta che Dio resta loro Padre.

Si potrebbe obiettare che la tunica di pelle non é che un particolare e un simbolo, che non annulla il rigore della punizione inflitta: la sofferenza e la morte, l'esclusione dal giardino sono realtà ben più gravi. Parrebbe dunque che, sia pure al prezzo di qualche mitigazione secondaria, Dio si rivela senza pietà nell'applicazione delle sanzioni. Su ciò che é essenziale egli non transige; di più, dà a quelle sanzioni una portata universale, poiché colpisce nello stesso tempo tutta la posterità di Adamo ed Eva, tutta la razza umana. Infatti la Rivelazione c'insegna che tutte le misure prese contro i nostri progenitori significano in realtà che tutti gli uomini nasceranno nello stato di peccato e saranno gravati da quella propensione al male che é la concupiscenza. Non solo saranno soggetti alla sofferenza e alla morte, ma verranno al mondo con una ferita nell'anima, con un'intima miseria che li separa dall'amicizia divina, miseria che li trascinerà a commettere altri peccati, ad accrescere il flutto d'impurità e di vizi che ha avuto la sua sorgente nella prima trasgressione. Si direbbe che invece di arginare il più possibile le conseguenze della caduta di Adamo ed Eva, Dio abbia voluto spingerle all'estremo, con una logica inesorabile. Come non sentirci a disagio davanti alla decisione di far ricadere su tutti i discendenti il peccato di una sola coppia? Come non pensare che la bontà del Padre avrebbe dovuto limitare al minimo gli effetti del primo peccato, e limitarli ai veri colpevoli? E riguardo alle conseguenze, come non augurarsi di trovare in esse un'indulgenza e un perdono che invano cerchiamo nel racconto della caduta? Quello che vorremmo trovare in quel racconto è l'atteggiamento autentico di un Padre, fatto d'affetto e di misericordia.

Ed è precisamente questo che si scopre, nonostante certe apparenze. Quando s'interpreta il racconto della caduta alla luce della Rivelazione posteriore, si scorge meglio la portata delle conseguenze del peccato originale, ma si coglie anche meglio l’elemento fondamentale di tutto il dramma. Infatti, non è la tentazione, né la colpa, né il castigo che costituiscono l'avvenimento principale. Prima ancora che una sentenza sia pronunciata contro l'uomo e la donna, una solenne dichiarazione divina viene ad illuminare il loro avvenire. Facendo cadere la sua maledizione sul serpente, Dio apre un'immensa prospettiva di salvezza: « Porrò inimicizia tra te e la donna, tra il seme tuo e il seme di lei; ella schiaccerà la tua testa, e tu tenderai insidie al calcagno di lei ». Con queste parole, il cui mistero non sarà svelato che al termine dell'opera di redenzione, Dio annuncia che la vittoria riportata da Satana nel giardino dell'Eden è provvisoria, che la lotta continuerà e che un figlio della donna schiaccerà la testa dell'animale infernale. E in tale dichiarazione, carica di significati nascosti quando fu scritta dall'autore sacro, noi riconosciamo la predizione della venuta del Salvatore e del suo trionfo sul peccato.

Questa è la prima reazione di Dio al peccato di Adamo ed Eva: alla disobbedienza, per la quale essi hanno perduto onore e dignità, Dio risponde con la promessa della salvezza; alla donna e all'uomo che, per così dire, hanno insozzato il volto umano, sfigurandolo, egli contrappone immediatamente la donna ideale e l’uomo ideale, la Vergine immacolata e il Salvatore, suo figlio. Il Padre non ha sopportato neppure per un istante la vista della decadenza delle sue creature: la prima coppia aveva appena commesso il peccato, e già egli ne annunciava un'altra, che avrebbe portato la dignità umana ad un livello ben più alto di quello in cui si erano trovati Adamo ed Eva. Non è vero, dunque, che il Padre mirava ad aggravare la situazione conseguente al peccato. Lungi dal voler gravar la mano sulla decadenza dei nostri progenitori, egli decide immediatamente di compensarla con la prospettiva della redenzione. Il suo non è l'atteggiamento del giudice che pesa tutta la responsabilità di un delitto e pronuncia una sentenza di condanna. Al contrario: prima di comminare una pena qualsiasi, egli pronuncia una sentenza di salvezza affatto immeritata dai colpevoli, e annunciando il Redentore, restaura quell'immagine e quella somiglianza di Dio, che costituivano la grandezza dell'uomo e che la caduta aveva obliterato.

Non si può non riconoscere in questo fervore di Dio teso a ristabilire la situazione compromessa il gesto autentico di un Padre. Ciò che la trasgressione aveva distrutto, egli lo ripristina immediatamente, almeno con una decisione di principio che realizzerà in seguito. E ciò che afferma prima di ogni altra cosa davanti ai colpevoli è tutto il contrario di una sanzione: è una speranza, la speranza della vittoria sul peccato, testimonianza della bontà paterna che vuol riparare i danni commessi da dei figli indisciplinati e restituire in primo luogo ai peccatori sconfitti la fiducia nell'avvenire.

Di Jean Galot s. j.


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