Leggendo le prime pagine del Vangelo di san Luca troviamo che Maria Santissima per due volte, nel primo capitolo, presenta espressamente se stessa qualificandosi o definendosi ogni volta con parole che manifestano immediatamente il contenuto e il valore di una creatura molto umile e di nessun conto.
La prima volta, infatti, rispondendo all'annuncio dell'angelo Gabriele, la Madonna si presenta con queste parole semplici e limpide: «Sono la serva del Signore» (Lc 1,38), ossia si presenta come un'umile "serva" e il significato di questa umile parola - "serva" - secondo il greco biblico, si può estendere ugualmente ai termini pressoché simili di "schiava" e di "ancella".
La seconda volta, nel canto del Magnificat, in casa di santa Elisabetta, ad Ain Karem, la Madonna parla di se stessa dicendo che Dio «ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,48). Il significato della parola greca "tapeinosis", tradotta con la parola italiana "umiltà", più ancora che umiltà, piccolezza e bassezza, significa, per l'esattezza semantica italiana, "tapinità", per cui la traduzione più precisa, e quindi più espressiva del testo, dovrebbe essere che Dio ha guardato la "tapinità" della sua serva. Maria Santissima, quindi, qualifica se stessa come una misera ... "tapina", ossia come una creatura da niente, di nessun conto e nessun valore agli occhi degli uomini, incapace di nulla senza l'intervento della grazia di Dio. Ella, senz’altro, avrebbe potuto anche dire di se stessa, con tutta verità: "Da me non posso nulla", mentre «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil.4, 13), secondo le parole di san Paolo.
Se è sicuramente vero che Dio innalza gli umili e abbassa i superbi (cfr. Lc 18,14), viene proprio da chiedersi: a quale profondità "abissale", quindi, deve essere arrivata davvero l'umiltà di Maria Santissima, se da Dio è stata innalzata all'altezza stellare e superstellare della Maternità divina?
L'umiltà di Maria Santissima nei santi ...
Diceva molto bene, perciò, La piccola santa Teresa del Bambino Gesù affermando, con la sua solita luminosa semplicità, che «L'umiltà della Vergine attrasse Dio dal Cielo nelle due purissime viscere e con essa lo attrarremo anche noi nelle nostre anime».
Anche san Francesco d'Assisi, elevato all’altissima santità serafica, a gloria di Dio, non si struggeva forse nella lunga e appassionata preghiera riflettendo e ripetendo con il suo cuore «tutto serafico in ardore» (secondo il "verso” di Dante Alighieri): «Chi sei tu, mio grande Iddio, e chi sono io, tuo vilissimo verme?»,
E a quale altezza mistica celestiale non è forse arrivato anche l'umile san Pio da Pietrelcina - chiamato il “crocifisso del Gargano"- il quale, dinanzi a Dio e agli uomini; con tutta semplicità e sincerità, non sapeva e non poteva che autodefinirsi soltanto come "un povero diavolo e un falso santo"? ...
È incredibile sapere che noi; pur pieni di miserie, sappiamo stare molto attenti a nascondere le nostre debolezze e magagne, ricorrendo subito alla menzogna per "salvare la faccia: ... Ma stiamo pur certi; però, che non sfuggiremo al Giudizio di Dio, sul letto di morte, e al Giudizio universale dinanzi a tutti gli uomini alla fine dei tempi ... Beati, allora, gli umili, che sono i veri sapienti secondo Dio, guardando Gesù che alla nascita viene messo in una "mangiatoia" e alla morte viene inchiodato su una Croce!
A riguardo della vita spirituale e del cammino di conversione e di santificazione, infatti, l'importanza, il valore e la preziosità dell’umiltà danno certamente ragione al grande sant'Agostino quando afferma: «Se mi domandi quale è la cosa migliore per la perfezione, ti dirò: in primo luogo è l'umiltà, in secondo luogo è ancora l'umiltà, e in ultimo luogo è ancora e sempre l'umiltà».
Con sant'Agostino vanno pienamente d'accordo tutti i grandi Dottori e maestri della vita spirituale, da san Benedetto a san Bernardo, da san Bonaventura a san Giovanni della Croce, da san Francesco di Sales a sant'Alfonso M. de' Liguori, da san Giovanni Bosco a san Pio da Pietrelcina. Né può essere diversamente, poiché la verità della parola di Dio non può mai né venir meno né mutare: Iddio innalza gli umili e abbassa i superbi (cfr. Lc 18,14). Se si vuole essere superbi, come Lucifero e i suoi angeli ribelli - che volevano essere simili a Dio - non si potrà fare altro che precipitare nelle profondità degli abissi infernali.
L'immagine agreste dell'albero che non può crescere in altezza se non mette profonde radici, viene compresa da tutti con estrema facilità per rendersi conto che l’umiltà non è una virtù che si può avere o non avere, ma è la virtù fondamentale dalla cui profondità dipende realmente l'elevazione spirituale a cui si può aspirare, secondo le divine parole di Gesù che così insegna: «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11). L'umile sarà tanto più innalzato, quanto più avrà saputo umiliarsi fino in fondo, a imitazione dell’abbassamento sommo di Gesù, il Verbo Incarnato, che ha voluto addirittura annientare «se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil.2,7).
Maria Santissima, la Vergine Madre divina, con il suo Cuore Immacolato che era un vero «abisso di umiltà», secondo la definizione di san Giovanni Eudes, possa illuminarci e farci comprendere il valore inestimabile dell’umiltà con le sue preziosissime umiliazioni, insegnandocene la pratica generosa e sostenendoci nell’esercizio del rinnegamento di noi stessi che può santificarci a gloria di Dio e a salvezza delle anime, come hanno fatto tutti i santi di ogni tempo e luogo.
Padre Stefano Manelli
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