lunedì 29 luglio 2024

San Pio V: «L‘esecrabile vizio libidinoso contro natura»


Se lo spirito dell’Umanesimo e del Rinascimento aveva risuscitato le pratiche omosessuali, la riforma della Chiesa promossa dal Papato nel secolo XVI (più nota come Controriforma) provocò una tale riscossa delle virtù di fede e di purezza da risanare quasi dovunque gli ambienti, sia ecclesiastici che laici, che ne erano stati pervasi. Fra gli interventi del Magistero ecclesiastico al riguardo, il più solenne è quello di San Pio V (1504-1572), il grande Papa domenicano che in due Costituzioni condannò solennemente e proibì severamente il peccato contro natura. «Avendo noi rivolto il nostro animo a rimuovere tutto quanto può offendere in qualche modo la divina maestà, abbiamo stabilito di punire innanzitutto e senza indugi quelle cose che, sia con l’autorità delle Sacre Scritture che con gravissimi esempi, risultano essere spiacenti a Dio più di ogni altro e che lo spingono all’ira: ossia la trascuratezza del culto divino, la rovinosa simonia, il crimine della bestemmia e lesecrabile vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le nazioni vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre, fame e pestilenze […]. Sappiano i magistrati che, se anche dopo questa nostra Costituzione saranno negligenti nel punire questi delitti, ne saranno colpevoli al cospetto del giudizio divino, e incorreranno anche nella nostra indignazione […]. Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura, per colpa del quale l’ira divina piombò su figli dell’iniquità, verrà consegnato per punizione al braccio secolare, e se chierico, verrà sottoposto ad analoga pena dopo essere stato privato di ogni grado»«Quell’orrendo crimine, per colpa del quale le città corrotte e oscene (di Sodoma e Gomorra, N.d.R.) vennero bruciate dalla divina condanna, marchia di acerbissimo dolore e scuote fortemente il nostro animo, spingendoci a reprimere tale crimine col massimo zelo possibile. A buon diritto il Concilio Lateranense V (1512-1517) stabilisce per decreto che qualunque membro del clero, che sia stato sorpreso in quel vizio contro natura per via del quale l’ira divina cadde sui figli dell’empietà, venga allontanato dall’ordine clericale, oppure venga costretto a far penitenza in un monastero (c. 4, X, V, 31). Affinché il contagio di un così grave flagello non progredisca con maggior audacia approfittandosi di quell’impunità che è il massimo incitamento al peccato, e per castigare più severamente i chierici colpevoli di questo nefasto crimine che non sono atterriti dalla morte dell’anima, abbiamo deciso che vengano atterriti dall’autorità secolare, vindice della legge civile. Pertanto, volendo proseguire con maggior vigore quanto abbiamo decretato fin dal principio del Nostro Pontificato (Costituzione Cum primum; N.d.R.), stabiliamo che qualunque sacerdote o membro del clero sia secolare che regolare, di qualunque grado e dignità, che pratichi un così orribile crimine, in forza della presente legge venga privato di ogni privilegio clericale, di ogni incarico, dignità e beneficio ecclesiastico, e poi, una volta degradato dal Giudice ecclesiastico, venga subito consegnato all’autorità secolare, affinché lo destini a quel supplizio, previsto dalla legge come opportuna punizione, che colpisce i laici scivolati in questo abisso».

Nessun commento:

Posta un commento