mercoledì 20 novembre 2019

L'umiltà è la luce che disperde le illusioni



Un detto comune, profondamente vero, afferma che la superbia acceca, e i maestri di vita spirituale hanno così ben capito il ruolo inverso dell'umiltà che ne fanno il più sicuro criterio per il discernimento degli spiriti.
Una qualsiasi virtù è vera o falsa? Una forma di orazione elevata viene o non viene da Dio? Un fenomeno straordinario è realtà o illusione? Il giudizio ultimo dipenderà dal convincimento preventivo sull'umiltà della persona che ne è favorita.
Questa regola va pure applicata alle virtù più ordinarie. Prima richiamo alla mente gli accecamenti della superbia che ho riscontrato negli altri; e poi provo timore degli apprezzamenti nei miei riguardi se non rivelano la mia piccolezza, dato che sono veramente ben piccolo, debole e miserabile.
Dio non giudica come noi. Coloro che mi ritengono persona progredita nella perfezione, non sanno quali sono state le mie ingratitudini e le mie colpe e quali sono tuttora le mie deplorevoli miserie. Per mettermi e restare al mio vero posto, la mia umiltà deve essere bene illuminata, deve penetrare l'intelligenza e mostrarle senza sosta il mio nulla, la mia impotenza e i miei torti: in una parola, deve essere una virtù autentica.
Quant'è facile cambiare opinione, smarrirsi e finire nella tiepidezza! Si adattano i doveri alle proprie idee, e poi la vita ai propri gusti. Si dichiara santo quel che piace; ci si avventura in pericoli non imposti dalla necessità; si scusano le proprie colpe e si tornano a commettere; non si avverte la necessità della preghiera; si vive per se stessi e senza rimorsi: ecco lo stato di tiepidezza che soffoca il gusto e la volontà di perfezione.
Se invece l'umiltà fosse attiva, tale decadimento sarebbe segnalato e bloccato, perché essa dà il senso del vero e l'istinto del bene. Se almeno adesso fossi preso da un profondo sentimento di sfiducia verso di me, la luce che mi invaderebbe sarebbe tanto viva che mi verrei a trovare nell'alternativa o del proposito di vincermi o della certezza di oppormi alla Grazia.
Niente falsifica la coscienza quanto l'influsso di una superbia ascoltata. Niente la mantiene retta e decisa quanto il sentimento dell'umiltà. Sotto la sua direzione l'anima, diffidando di sé, segue i metodi sicuri, chiede volentieri consiglio, teme le occasioni pericolose, prega incessantemente, impiega tutti i mezzi a sua disposizione. Anche se possiede grandi virtù, non le considera nemmeno; pur praticando il bene con sicurezza, intimamente è persuasa di essere debolissima. Le virtù hanno trovato così una perfetta custodia.
Senza l'umiltà, al contrario, quante cadute e talvolta quali cadute! Le radici dell'albero erano marcite, i fondamenti dell'edificio avevano ceduto. La tempesta delle passioni o la forza violenta di situazioni difficili hanno sradicato l'albero e fatto crollare l'edificio. E l'albero non è stato piantato di nuovo, e le macerie non sono state riedificate; mentre lì attorno certi peccatori, che avevano guazzato nel male, con la Grazia divina hanno trovato nelle loro colpe l'umiltà che salva.
Che io non sia, o Dio, uno di quei superbi che tu abbassi, abbandonandoli ai loro ridicoli sforzi e permettendo che cadano in modo vergognoso. Dammi la grazia di provare sempre un vivo senso di timore e di diffidenza di me stesso.

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