martedì 8 agosto 2023

SULLA PREGHIERA

 


La Pratica della Presenza di Dio 

 

La pratica della presenza di Dio è una forma di preghiera che si compie nel corso di tutte le attività della vita. In quanto ha come oggetto la presenza di Dio, in quanto è semplice come preghiera, e richiede sforzo da parte del soggetto, è, secondo la definizione che abbiamo offerto sopra, una forma di contemplazione attiva. 

 

          a)  Modi della Presenza Divina 

Questa pratica si giustifica teologicamente col fatto della presenza di Dio in ogni luogo e nell’anima in particolare. Dio è presente in ogni luogo in tre modi: mediante la Sua Potenza, mediante la Sua Conoscenza, e mediante la Sua Essenza. Lui è Onnipresente mediante la Sua Potenza perché ogni cosa è sottomessa al Suo dominio; Lui è Onnipresente mediante la Sua Conoscenza perché ogni cosa è aperta ai Suoi occhi; e Lui è Onnipresente mediante la Sua Essenza in quanto è la causa dell’esistenza di ogni cosa ed è presente in ciò che c’è di più intimo in ogni cosa: cioè nel suo essere.  

Quanto a questo ultimo modo di onnipresenza, si può dire che Dio esiste in ogni cosa o, più giustamente, che ogni cosa esiste in Dio, perché Dio possiede la realtà più grande o piuttosto è l’unica realtà. ‘In ipso enim vivimus, movemur, et sumus’ (Atti degli Apostoli 17).  

Ma oltre ad essere presente in questo modo naturale, Dio è pr esente nell’anima anche in modo sovrannaturale quando essa è nello stato di Grazia. Questa presenza è nientemeno che la dimora della Santissima Trinità nell’anima, come dice il Signore nel Vangelo di san Giovanni (14.23): ‘Se uno Mi ama osserverà la Mia parola e il Padre Mio lo amerà e Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui’. 


b)  La natura di questa pratica  

La presenza di Dio in ogni luogo, e soprattutto nell’anima in istato di Grazia, costituisce la base della pratica della presenza di Dio. Questa pratica consiste in un rapporto con Dio di conoscenza e amore. Così Dio diviene presente all’anima anche in quanto conosciuto ed amato: come ‘Conosciuto nel conoscente ed Amato nell’amante’. 

La pratica consiste in un’‘attenzione’ verso Dio, un’‘attenzione affettuosa’ verso Dio o ‘una vista semplice ed affettuosa’ di Lui. Per mantenere questa attenzione in modo costante possono servire strumenti di mortificazione come il cilizio, ma solo su consiglio del padre spirituale. 

Nel caso dell’attenzione semplice, si tratta unicamente di un’atto costante di volontà, che nel caso dell’attenzione affettuosa è informato da affetto o desiderio. Sant’Agostino, commentando la parola del Salmo: ‘Signore, tutto il mio desiderio è davanti a Voi’, scrive: ‘Il vostro desiderio è la vostra preghiera; ed un continuo desiderio rende la preghiera continua. In effetti, non è invano che l’Apostolo ci dice di pregare incessantemente. Pieghiamo le ginocchia, o leviamo le mani senza posa? La preghiera fatta in questo modo, senza interruzione, è cosa impossibile. Ma c’è un’altra preghiera interiore, che è il desiderio. Se non volete cessare di pregare, non cessate di desiderare: il desiderio è un linguaggio continuo. Voi non direte nulla, se cessate di amare. La fiamma dell’amore è il grido del cuore. Se l’amore arde sempre, voi gridate sempre, sempre desiderate’. 

San Giovanni della Croce (Cantico Spirituale, strofa 11) parla di quella presenza sovrannaturale di Dio che suscita nell’anima l’affetto spirituale, e spiega come in numerose anime devote Dio fa sentire la Sua presenza in molte maniere, ricreandole e recando loro diletto e gioia. 

Vediamo dunque come la pratica della presenza di Dio si possa compiere sempre, in conformità all’invito del Signore di pregare sempre. Questo viene espresso in una riga di poesia della Beata Elisabetta della Santa Trinità: ‘Car mon coeur est toujours avec Lui’ (‘poiché il mio cuore è sempre con Lui’); e viene espresso altrettanto bene nella vita del frate Lorenzo della Resurrezione, carmelitano, che poteva godere sempre della presenza del Signore come se fosse davanti al tabernacolo anche durante i suoi lavori rumorosi nella cucina del convento. Questo frate, infatti, ha reso famosa la pratica nel suo libro sulla presenza di Dio. 

 

c)  Tratti particolari 

La pratica della presenza di Dio si caratterizza per la semplicità, l’interiorità, il silenzio interiore, e il raccoglimento. 


i)  La Semplicità 

Essendo un tipo di preghiera contemplativa, questa pratica è semplice per sua natura. Dice Bossuet: ‘La perfezione di questa vita consiste nell’unione al nostro Bene sovrano; e più grande è la semplicità, più perfetta è anche l’unione. È per questo che la Grazia sollecita interiormente coloro che vogliono essere perfetti a semplificarsi, per rendersi capaci infine di godere dell’Uno necessario, cioè l’Unità Eterna; diciamo dunque spesso dal fondo del cuore: O unum necessarium! Unum volo, unum quaero, unum desidero, unum mihi est necessarium, DEUS meus et omnia!... Bisogna dire che questa vera semplicità ci fa ‘vivere in una morte continua ed in un perfetto distacco, in quanto ci fa andare a Dio in modo perfettamente diretto e senza fermarci su alcuna creatura… tramite una grande purezza di cuore ed una vera mortificazione e disprezzo di noi stessi’ (Bossuet). 

 

ii)  L’Interiorità 

La pratica coinvolge un movimento verso l’interiore. Il principio che governa questo movimento è: ‘quanto possibile verso l’interiore e quanto necessario verso l’esteriore’. A questo riguardo, si osservi che più lontano si è dal centro, più forti sono le forze centrifughe; e più vicino si è al centro, più forti le forze centripete. 

Sant’Alberto Magno scrive: ‘Salire ver so Dio significa rientrare in sé stessi… Dobbiamo dunque liberare e proteggere il nostro cuore dalle distrazioni del mondo, ricondurlo alle gioie intime, per fissarlo infine nella luce della contemplazione divina. Vita e riposo del nostro cuore è dimorare in Dio, sostenuti dall’amore e dolcemente vivificati dalla divina consolazione… Il salire fino alla visione misteriosa della Santissima Trinità nell’Unità, dell’Unità nella Trinità per mezzo di Nostro Signore Gesù Cristo, è più ardente nell’anima a misura che la forza d’ascensione le è più intima; e più vantaggioso a misura che la Carità la rende più concreta. Nel mondo dell’esperienza spirituale non c’è nulla di più elevato di ciò che è più intimo’. 

San Pier Giuliano Eymard osserva nel suo libro L’Eucarestia e la Vita Cristiana, nel capitolo sulla vita d’unione con Dio: ‘Vivete intieramente con largo respiro in Dio. Questa sola intimità divina è vera vita. La vita esteriore è un vero indebolimento per la nostra virtù già debole. È chiaro che la radice della vite è la forza dell’albero, ma osservate com’è nascosta e come lavora nel silenzio e nella pace. Ora procurate seriamente di divenire interiori, cioè di vivere in Dio, lavorando in unione con Lui, sentirvi in Lui felici’. 

 

iii)  Il Silenzio interiore  

Un tratto essenziale dell’interiorità è il silenzio. Si distinguono due tipi di silenzio: un silenzio interiore ed un silenzio esteriore, anche se tutti e due si condizionano vicendevolmente. Il silenzio interiore è il silenzio delle facoltà dell’anima: delle facoltà intellettuali della ragione, della volontà, e della memoria; e poi delle facoltà sensitive come l’immaginazione e l’appetito sensibile. Tutte queste facoltà devono tacere, cioè devono essere private dei loro oggetti naturali. La ragione cessa di ragionare sulle cose create, la volontà cessa di desiderarle, la memoria cessa di ricordarle, l’immaginazione cessa di operare, e i sensi cessano di ricercare le loro proprie soddisfazioni.  

Questo silenzio non è un silenzio vuoto però, con queste facoltà aventi il nulla come oggetto (come pretendono i Buddhisti), poiché il nulla non esiste; ma, piuttosto, staccandosi dal creato intiero, si attaccano, fino al grado possibile, a Dio Stesso. L’intelletto si attacca alla Fede, la volontà alla Carità, e la memoria cede alla Speranza, mentre le tre facoltà sensitive dell’anima dormono. ‘O quante cose s’imparano in questo dolce sonno di silenzio interiore in cui l’anima si riposa in Gesù’ dice san Pier Giuliano Eymard nel capitolo sovracitato.  

Il brano seguente, scritto da padre Cornelio a Lapide, si può applicare al silenzio sia interiore sia esteriore: ‘L’acqua trattenuta s’innalza, dice san Gregorio; così l’anima silenziosa si leva in alto verso il cielo. L’acqua, lasciata libera, se ne va e si perde, così l’anima nemica del silenzio scorre qua e là dissipata, s’infiacchisce, svanisce, cade, si perde, e scompare. Chi non è difeso dal muro del silenzio, presenta la città dell’anima sua aperta alle incursioni del nemico; il quale tanto più facilmente la soggioga, quanto più ella con la sua loquacità lo aiuta a vincerla e prostrarla’. 

Scrive un autore spirituale che il silenzio interiore è indistinguibile dalla Presenza di Dio; e di fatti questo silenzio interiore ha un oggetto, e questo oggetto è Dio. San Giovanni della Croce scrive (Spunti di Amore 21): ‘Il Padre pronunciò una parola che fu Suo Figlio, e sempre la ripete in un eterno silenzio: perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall’anima’. 

 

iv)  Il Raccoglimento  

Raccoglimento significa raccoglimento delle facoltà dell’anima in Dio e corrisponde al processo di far tacere le facoltà e farle riposare in Dio fino al grado possibile. San Pier Giuliano Eymard, nel capitolo citato, parla del raccoglimento abituale che consiste nel considerarsi ininterrottamente alla presenza di Dio e dice: ‘Evitate con cura la dissipazione dello spirito che è assai dannosa al cuore, perché l’anima che vuole essere dappertutto, divertirsi di tutto, preoccuparsi di mille inezie, lascia arido il cuore, privandolo dei buoni pensieri e allontanandolo dalla presenza di Dio: la fantasia è sempre all’opera per procurare distrazioni allo spirito’. 


d)  I Benefici della pratica 

Secondo Bossuet la pratica può rappresentare l ’intenzione (cfr. supra) di ogni nostra azione: ‘per ringraziare Dio per le grazie ricevute durante la notte e tutta la vita, per offrire sé stessi e tutte le azioni a Dio…’  

‘Poiché l’operazione di Dio è riposo’ , scrive lo stesso prelato, ‘l’anima Gli diviene in un certo qual modo simile in questa preghiera, e riceve pure effetti meravigliosi. Come i raggi del sole fanno crescere, fiorire, e fruttificare le piante, così l’anima che è attenta ed esposta in tranquillità ai raggi del Divin Sole di Giustizia, ne accoglie meglio le influenze, che la arricchiscono di ogni genere di virtù’.                                                                     

Per illustrare la dottrina della presenza di Dio, citiamo in conclusione un passo del Diario di santa Faustina (§ 887) che accenna, tra l’altro, all’importanza della Grazia di Dio e del silenzio: 

‘La vita nel momento attuale mi scorre in una silenziosa consapevolezza della presenza di Dio. Di Lui vive silenziosamente la mia anima e questa consapevole vita di Dio nella mia anima è per me sorgente di felicità e di vigore. Non cerco la felicità se non nel profondo della mia anima, in cui dimora Iddio; sono consapevole di ciò… Ho scoperto nell’anima la sorgente di felicità, cioè Dio. O mio Dio, vedo che tutto ciò che mi circonda è pieno di Voi, e soprattutto la mia anima, adornata della Vostra grazia. Comincio già a vivere di quello di cui vivrò nell’eternità. Il silenzio è un linguaggio così potente che raggiunge il trono del Dio vivente. Il silenzio è il Suo linguaggio, benché misterioso, ma potente e vivo’.  

Vediamo, in una parola, che la pratica della presenza di Dio è nient’altro che la parte interiore di quella ricerca della perfezione che è la vita spirituale: il distacco da tutto il creato e l’attaccamento a Dio solo. 

Padre Konrad zu Loewenstein 


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