Vita della Vergine Madre di Dio
SUOR MARIA DI GESÙ DI AGREDA (1602-1665)
L'esame dell'Inquisizione
Nelle pagine precedenti abbiamo fatto allusione varie volte all'interrogatorio dell'Inquisizione cui fu sottoposta la Venerabile. L'Inquisizione spagnola aprì il processo
per la prima volta nei confronti della Venerabile nel 1635. Però per il momento sembra che si fosse limitata a fare alcune domande a diversi testimoni e informatori, lasciando la cosa in sospeso per molti anni.
Però nel 1649 si riprende l'esame. Al trinitario p. Antonio Gonzalo del Moral si comanda di andare ad Agreda come censore del Santo Ufficio e di interrogare la Venerabile davanti
al notaio sulla base di un questionario di ottanta domande, la maggior parte delle quali si riferisce ai suoi sospetti viaggi nelle Indie. Suor Maria riconosce che negli anni delle «esteriorità», avendo
sentito parlare dell'evangelizzazione degli indios, credeva a volte di essere trasportata lì e di predicare loro; però sempre nutrì dubbi sulla realtà di tali fatti. D'altra parte, Benavides e altri
padri rispettabili diedero il fatto per inconcusso e le fecero firmare il famoso Memoriale. La spaventarono dicendole «che poteva cadere nell'eresia di Pelagio, attribuendo alla natura ciò che era soprannaturale». «Mi arresi - dice - più all'obbedienza che alla
ragione». Nelle risposte della Venerabile vediamo il giudizio che molti anni dopo si era formato sul periodo delle «esteriorità». Raccontando i favori che gli angeli le facevano, i confessori le ordinavano
per obbedienza di domandare il nome di detti angeli, e ne disse alcuni.
Per quel che si deduce dall'interrogatorio, tutta la questione dei viaggi nelle Indie ebbe origine da una lettera del p. Francesco Andrea della Torre, direttore della Venerabile,
all'arcivescovo del Messico, don Francesco Manso di Zùniga, nella quale gli diceva di verificare se nel Nuovo Messico sapessero di una monaca che andava facendo conversioni. Più tardi giunse di lì
fra Alfonso di Benavides, dicendo che, effettivamente, era stata vista e dava particolari.
Egli redasse un Memoriale che fu diffuso largamente. Alla domanda del censore perché avesse firmato il Memoriale di Benavides, suor Maria dichiarò che quando firmò era turbata, e può affermare che così firmò quel che non sapeva, e pensava che lei
sbagliasse ed essi avessero ragione: al vedersi davanti tanti padri non seppe fare altro. Aggiunse che i frati e le monache disposero il quaderno come vollero, e fecero poco caso al suo timore. Dicevano che aveva timori imprudenti
e scrupolosi.
Infine, suor Maria aggiunse che, circa la questione del suo essere andata nelle Indie, più di una volta pensò di fare una dichiarazione sincera per iscritto, vedendo che ne
parlavano in maniera diversa, e in alcune cose ingigantivano la verità; però, credendo che il tempo l'avrebbe fatto dimenticare, pose tutta la sua cura nel bruciare le carte che aveva scritto.
Il censore fr Antonio Gonzalo del Moral, trinitario, chiude il processo facendo una dichiarazione sopra l'alto concetto che si era formato dell'interrogata e scusando
la faccenda del suo essersi recata nelle Indie per le circostanze ampiamente descritte.
Occorre domandarsi ora che cosa mosse l'Inquisizione a proseguire una causa che per molti anni era rimasta semi-dimenticata. Pare che l'occasione fu la seguente: il duca di Hijar
era stato processato per congiura contro il re, e durante il processo presentò, a modo di discolpa, una lettera della Venerabile. Anche il p. Monteron, francescano, era stato messo in prigione, perché nei suoi
discorsi parlava di rivelazioni che annunciavano disgrazie a danno del re. Di fatto, nell’interrogatorio si fecero domande alla Venerabile sulle sue relazioni con il duca di Hijar e con il p. Monteron.
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione
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