martedì 10 novembre 2020

IL VATICANO II HA BANDITO IL “SOPRANNATURALE

 


LA BATTAGLIA CONTINUA 2

Si può dire che l’insidia più grave per un cristiano sia quando venga bandito, o perlomeno ignorato, il “soprannaturale”. Oggi, si può dire che la “crisi del soprannaturale” ha toccato i vertici più alti della storia della Chiesa, per quella apertura che Paolo VI ha voluto con la cosiddetta “svolta antropologica”, che non è altro che il ritorno di fiamma del “Modernismo”, che San Pio X, e i suoi immediati successori, avevano cercato di debellare. Ora, l’azione del Magistero dovrebbe centrarsi, soprattutto, insistendo per un ritorno al “soprannaturale”, offuscato anche per l’insidiosa penetrazione del soggettivismo e col ritorno al naturalismo più sfacciato, le cui conseguenze non potevano non essere che l’offuscamento della stessa dignità naturale dell’uomo. Ormai, è stato dimenticato che l’uomo, per la sua anima spirituale, è stato creato ad “immagine” e somiglianza di Dio (Gen. 1,27), dal che dipende, secondo San Tommaso, che l’uomo “…è principio delle sue opere, in quanto ha il libero arbitrio e il potere delle sue azioni”1. E questo significa che l’uomo, a suo modo, ossia quello di creatura finita, partecipa alla vita divina, che è “intendere e volere”, ed è anche “capace di Dio”, come a termine e compimento della propria perfezione e felicità. San Tommaso si esprime così: «Solamente la creatura razionale è capace di Dio, perché essa sola lo può conoscere e amare esplicitamente»2 (“De Veritate”, q.22, a.2, ad 5). E ancora: «Solamente la creatura razionale ha un ordinamento immediato a Dio»3. Da qui si può comprendere, in qualche modo, quanto sia congrua l’Incarnazione, ossia l’unione personale del Verbo con la creatura umana in Cristo4. È, quindi, in virtù di questa sua spiritualità che l’anima umana può avere una destinazione virtuale al possesso di Dio, e a partecipare della sua vita nell’eternità. Una partecipazione, questa, che ci comunica la “Grazia santificante”, meritataci dalla Passione di Cristo. Ora, «la “Grazia” è sopra la natura umana e, mentre ci restituisce l’immagine di Dio, deformata dal peccato, eleva l’anima, mediante le virtù teologali e i doni dello Spirito Santo, a partecipare del modo divino e di operare»5. Ma è Cristo, Verbo incarnato, che ci ha meritato il perdono dai peccati e la vita della Grazia mediante la sua Passione e Morte. Anche qui, si legga la mirabile dichiarazione di San Tommaso: «Fu conveniente che l’uomo fosse liberato mediante la Passione di Cristo e alla misericordia e alla giustizia. Alla giustizia, invero, perché con la sua Passione, Cristo soddisfece per i peccati dell’umano genere e così l’uomo è stato liberato mediante la “giustizia di Cristo”; alla misericordia, poi, perché non potendo l’uomo soddisfare da sé stesso al peccato di tutta la natura umana, Dio gli diede il suo Figlio per dare soddisfazione»6. E San Tommaso insiste, poi, sulla corruzione fondamentale del «peccato comune di tutta la natura umana». «C’è un doppio peccato…Uno, comune di tutta la natura umana, che è il peccato del primo uomo… l’altro, è il peccato speciale di ogni singola persona»7; il “Cristo paziente”, quindi, e la Croce, non sono solo un simbolo e l’immagine di un evento passato nella storia, ma è come una impronta viva che l’uomo ha ricevuto nel Battesimo per conformarsi a Cristo, seguendo il suo cammino senza compromessi con il sentire del mondo, con la concupiscenza della carne e la superbia della vita. Il suo “Modello”, perciò, non può essere che Cristo, il paradigma intensivo della sintesi del Dio-Uomo. Una sintesi misteriosa di eternità e tempo, di onnipotenza e di fragilità, di gloria e di umiliazione, di giustizia e di misericordia. Il dire, perciò, che Gesù soffre sempre, soffre ancora, soffre ora… per i peccati di tutti gli uomini, è più che teologicamente perfetto, perché Gesù ha sofferto un tempo, ma soffre e soffrirà ogni volta che gli uomini peccano, che ciascuno di noi pecca, “usque ad consumationem saeculi”! Viene, qui, spontaneo, il richiamo di quella precisa espressione di Pascal nel suo “Le myster de Jésus”: «Jésus sera en agonie jusqu’à la fin du monde: il ne faut pas dormir pendant ce tempe-là»8

La “Storia Sacra”, perciò, deve essere vista come un divenire del “piano di salvezza”, e che è opera di libertà che dà all’uomo l’alternativa di stare pro o contro Dio, pro o contro Cristo, come “Uomo-Dio” e Redentore. Non può più essere indifferente, quindi, la qualità di scelta che l’uomo fa, per cui gode se sceglie le opere buone, volute da Dio, e soffre, invece, se sceglie quelle cattive – il peccato – contro Dio. Comunque, con la venuta di Gesù sulla nostra Terra, il “tempo” umano ha acquistato un nuovo rapporto interiore, cioè si è inserito nella eternità, che è proprio della divinità. Di conseguenza, anche se ripartita per l’eternità la Persona del Cristo, è ancora reale, anche se invisibile, sia al mondo, sia al tempo umano, per cui Egli non può essere assente dalla Storia. Perciò, la Sua umanità assunta e glorificata, illumina, sul piano soteriologico, anche una Sua presenza e partecipazione di una Sua “nuova e reale” sofferenza del “Cristo-Uomo” per i peccati che gli uomini continuano e continueranno a commettere fino alla fine dell’ultimo eone storico che chiuderà l’ultimo “Giudizio” del Cristo stesso! 

sac. dott. Luigi Villa 

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