Dalla Gerarchia Cardinalizia di Carlo Bartolomeo Piazza
e dalle Rivelazioni Private della mistica Maria Valtorta
Santa Cecilia.
22 luglio 194467.
Festività di S. Maria Maddalena.
Una bella e lunga visione che non ha nulla a che fare con la Santa penitente che io ho sempre amata tanto. La scrivo aggiungendo fogli a questo quaderno perché sono sola e prendo quanto ho sotto mano.
Vedo le catacombe. Per quanto io non sia mai stata nelle catacombe, capisco che sono esse. Quali non so. Vedo oscuri meandri di stretti corridoi scavati nella terra, bassi e umidi, fatti tutti a giravolte come un labirinto. Si cammina diritti e sembra di poter continuare, al massimo di poter svoltare in un altro corridoio, invece ci si trova di fronte una parete terrosa e occorre svoltare, tornare indietro sino a ritrovare un altro corridoio che vada oltre.
In essi sono loculi e loculi, pronti per ricevere martiri. Pronti in questo senso: che ognuno è leggermente scavato nella parete per dare una norma ai fossori. Così in principio. Ma più ci si addentra e più i loculi sono già fondi e compiti, messi tutti nel senso della parete, come tante cuccette di nave. Altri sono invece già colmi della loro santa spoglia e chiusi da una rozza lapide incisa malamente col nome del martire o del defunto e i segni cristiani, oltre una parola di addio e di raccomandazione. Ma questi loculi già completati e chiusi sono proprio in quella zona che suppongo sia la centrale della catacomba, perché qui si aprono sovente ambienti più vasti, come sale e salette, e più alti, ornati di graffiti e più luminosi degli altri per delle lucernette a olio sparse qua a là per devozione e per comodità dei fedeli ai quali per qualche motivo si spenga la propria lampadetta.
Anche le persone qui sono più numerose e sboccano da tutte le parti, salutandosi con amore, a voce bassa come il luogo santo lo richiede. Vi sono uomini, donne e bambini. Di ogni condizione sociale. Vestiti da poveri e da patrizi. Le donne hanno il capo coperto da una stoffa leggera come una mussola. Non è il velo di tulle, certo, ma è come una garza fitta fitta, più bella nelle ricche, più povera nelle povere, scura per le spose e vedove, bianca per le vergini. Vi sono spose che hanno i bambini in braccio. Forse non avevano a chi lasciarli e se li sono portati seco e, se i più grandicelli camminano al fianco delle mamme loro, i più piccini, certuni infanti, dormono beati sotto il velo materno, cullati dal passo della madre e dai canti lenti e pii che si elevano sotto le volte. Sembrano angioletti scesi dal Cielo e sognanti il Paradiso a cui sorridono nel sonno.
La gente aumenta e finisce a radunarsi in una vastissima sala semicircolare che ha nel culmine del cerchio l’altare volto verso la folla ed è tutta coperta di pitture o mosaici. Non capisco bene. So che sono figurazioni colorate in cui splendono i toni più vivi o chiari e brillano le raggiere d’oro. Sull’altare molti lumi accesi. Intorno all’altare una corona di vergini bianco-vestite e bianco-velate.
Entra, benedicente, un vecchio dall’aspetto buono e maestoso. Credo sia il Pontefice, perché tutti si prostrano riverenti. Egli è circondato da preti e diaconi e passa fra la siepe di teste chine con un sorriso di bellezza ineffabile sul volto. Il solo sorriso dice della sua santità. Sale all’altare e si prepara al rito mentre i fedeli cantano.
La celebrazione ha luogo. È quasi simile alla nostra.68 Molto più complessa di quella vista nel Tullianum, celebrata dall’apostolo Paolo, e di quella vista celebrare in casa di Petronilla.69
Il vecchio celebrante, Vescovo di certo se non Pontefice, è aiutato e servito dai diaconi, i quali hanno vesti molto diverse dalle sue perché, mentre questo porta una veste (di celebrazione) che somiglia, tanto per darle un’idea, a quegli accappatoi da toletta che le donne usano per pettinarsi - mantellette tonde che coprono sul davanti e sul dietro e le spalle e braccia sino quasi al polso - i diaconi hanno una veste di celebrazione quasi uguale alle attuali, lunga sino al ginocchio e con maniche larghe e corte.
La Messa consta di canti, che comprendo essere brani di salmi o dell’Apocalisse, di letture di brani epistolari o biblici e del Vangelo, i quali vengono commentati ai fedeli dai diaconi a turno.
Finito di leggere il Vangelo - lo legge con voce di canto un giovane diacono - si alza il Pontefice. Lo chiamo così perché sento che così è indicato da una mamma ad un suo bambino piuttosto irrequieto. Il brano scelto era la parabola delle dieci vergini: sagge a stolte.70
Il Pontefice dice:
«Propria delle vergini, questa parabola si rivolge a tutte le anime, poiché i meriti del Sangue del Salvatore e la Grazia riverginizzano le anime e le fanno come fanciulle in attesa dello Sposo.
Sorridete, o vecchi cadenti; alzate il volto, o patrizi sino a ieri immersi nella fanghiglia del paganesimo corrotto; guardate senza più rimpianto al vostro candido ignorare di fanciulle, o madri e spose. Non siete, nell’anima, dissimili da questi gigli fra cui passeggia l’Agnello e che ora fanno corona al suo altare. L’anima vostra ha bellezze di vergine che nessun bacio ha sfiorata, quando rinascete e permanete in Cristo, Signor nostro. Il suo venire fa più candida di alba su un monte coperto di neve l’anima che prima era sporca e nera dei vizi più abbietti. Il pentimento la deterge, la volontà la depura, ma l’amore, l’amore del nostro santo Salvatore, amore che viene dal suo Sangue che grida con voce d’amore, vi rende la verginità perfetta. Non già quella che aveste all’alba della vostra vita umana. Ma quella che era del padre di tutti: Adamo, ma quella che era della madre di tutti: Eva, prima che Satana passasse, traviando, sulla loro innocenza angelica, sull’innocenza: dono divino che li vestiva di grazia agli occhi di Dio e dell’universo.
O santa verginità della vita cristiana! Bagno di Sangue, di Sangue di un Dio che vi fa nuovi e puri come l’Uomo e la Donna usciti dalle mani dell’Altissimo! O nascita seconda della vostra vita, nella vita cristiana, preludio di quella terza nascita che vi darà il Cielo quando vi salirete al cenno di Dio, candidi per la fede o porpurei per il martirio, belli come angeli e degni di vedere e seguire Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore nostro! Ma oggi, più che alle anime riverginizzate dalla Grazia, mi volgo a quelle chiuse in corpo vergine, con volontà di vergine.
Alle vergini sagge che hanno compreso l’invito d’amore del Signor nostro e le parole del vergine Giovanni, e vogliono seguire per sempre l’Agnello fra la schiera di coloro che non conobbero contaminazione e che empiranno in eterno i Cieli del cantico che niuno può dire se non coloro che vergini sono per amore di Dio.71 E parlo alla forte nella fede, nella speranza, nella carità, che si ciba questa notte delle Carni immacolate del Verbo e si corrobora col suo Sangue come di Vino celeste per esser forte nella sua impresa.
Una fra voi si alzerà da questo altare per andare incontro a un destino il cui nome può essere “morte”. E vi va fidente in
Dio, non della fede comune a tutti i cristiani, ma di una ancor più perfetta fede che non si limita a credere per se stessa, a credere nella protezione divina per se stessa. Ma crede anche per gli altri e spera di portare a questo altare colui che domani sarà agli occhi del mondo il suo sposo ma agli occhi di Dio il fratello suo dilettissimo. Doppia, perfetta verginità che si sente sicura della sua forza al punto di non temere violazione, di non temere ira di sposo deluso, di non temere debolezza di senso, di non temere paura di minacce, di non temere delusione di speranze, di non temere paura e quasi certezza di martirio.
Alzati e sorridi al tuo Sposo vero, casta vergine di Cristo che vai incontro all’uomo guardando a Dio, che ci vai per portare l’uomo a Dio! Dio ti guarda e sorride e ti sorride la Madre che fu Vergine e gli angeli ti fanno corona. Alzati e vieni a dissetarti alla Fonte immacolata prima di andare alla tua croce, alla tua gloria.
Vieni, sposa di Cristo. Ripeti a Lui il tuo canto d’amore sotto queste volte che ti sono più care della cuna della tua nascita al mondo, e portalo teco sino al momento che l’anima lo canterà nel Cielo mentre il corpo poserà nell’ultimo sonno fra le braccia di questa tua vera Madre: l’apostolica Chiesa.»
Finita l’omelia del Pontefice, vi è un poco di brusio, perché i cristiani sussurrano guardando e accennando la schiera delle vergini. Ma viene zittito per far fare silenzio e poi vengono fatti uscire i catecumeni e la Messa prosegue.
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68 La scrittrice si riferisce, ovviamente, alla S. Messa come veniva celebrata ai suoi tempi, prima della riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II, anche se resta la somiglianza della celebrazione da lei descritta con quella dei nostri giorni.
69 Il 29 febbraio e il 4 marzo 1944.
70 Cfr. Matteo 25, 1-13.
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