lunedì 2 novembre 2020

FEDE - PREGHIERA – RICONOSCENZA - SEMPLICITÀ - CONFIDENZA – ABBANDONO

 


Suor M. Marta non ha scritto, non ha tenuto sapienti conversazioni in materia di spiritualità. Parlare delle sue virtù, non è dunque esporre i suoi pensieri, ma è soprattutto - se non unicamente - vederla vivere e operare sotto la mozione della Divina grazia. Considerata sotto quest'aspetto essa è veramente ammirabile: e già nei capitoli precedenti abbiamo potuto rendercene conto. 

Questi capitoli hanno già messo abbastanza in luce le linee principali della sua fisonomia spirituale, perché sia necessario fermarvisi più a lungo. Tutte le pagine ci hanno rivelato in Suor M. Marta, un'anima di fede e di preghiera, un'anima riconoscente, semplice, confidente e abbandonata in Dio. Non faremo che ricordarlo prima di trattare delle virtù propriamente religiose: umiltà - mortificazione - santi voti di castità - obbedienza, - povertà - carità - zelo apostolico. 

La FEDE è la base fondamentale d'ogni vita cristiana. Iddio la volle stabilita solidamente nell'anima della nostra Sorella.   

Si potrebbe dir veramente, che dal primo istante in cui essa aprì gli occhi alla luce terrestre, le aprì altresì alla luce della fede. Il germe prezioso deposto nell'anima sua dal Santo Battesimo si sviluppò magnificamente, al punto di farle penetrare, in maniera sorprendente i misteri della nostra religione: l'adorabile Trinità, l'Incarnazione del Verbo, la Redenzione, la Santa Eucarestia s'illuminavano per lei di splendide luci.  

Attratta da questi Divini splendori, Suor M. Marta ebbe fin dai più teneri anni, la fede per movente e per guida dei suoi atti e dei suoi pensieri: essa non viveva che per Iddio, operava solo per Lui, non vedeva che Dio in tutte le cose: “Dio è presente, Dio mi vede, Dio mi ascolta”.   

E sarà così per tutta la sua vita. Oh quanto essa cercherà la gloria di Dio e gemerà al ricordo dei peccati degli uomini, oltraggianti con le loro colpe la maestà di questo Dio che essa adora! Oh con quale ardore essa desidererà cooperare alla loro salvezza col Salvatore Gesù! Oh quanto essa sospirerà il soggiorno felice ove sarà unita per sempre all'oggetto della sua fede! Accetterà sofferenze ed espiazioni, al fine di ottenere questa felicità alle povere anime del Purgatorio. Oh con quanto fervore essa pregherà per la Chiesa, il mondo, la Patria, la sua Comunità! Oh con quale riverenza, quale umiltà, essa si accosterà ai divini Sacramenti!.... Quale amore per Gesù Cristo! Quale devozione verso Maria, sua tenera Madre, verso i nostri Santi Fondatori, gli Angeli, i Santi! E quanti segni di croce in onore della SS. Trinità! Questo medesimo spirito di fede la guiderà nei suoi rapporti con il prossimo e, specialmente, nei rapporti con l'autorità. Fosse la parola del sacerdote o della sua Superiora, l'anima sua semplice e fanciulla la raccoglieva avidamente, vi credeva più che alle sue proprie vedute. Ma questo noi lo diremo altrove. 

Da una fede così viva e pratica, sgorgava naturalmente, come da propria sorgente, la preghiera. 

La PREGHIERA di Suor M. Marta era incessante come il suo respiro. Si conserva ancora, nella sua famiglia, il ricordo di questa bambina che la notte si levava di nascosto per pregare. Più tardi, quando le sue nipotine venivano a visitarla al Monastero, la buona zia non aveva che questa raccomandazione sul labbro: “Vedete, piccine mie, bisogna pregare sempre. Per la strada dovete prendere la vostra corona e recitarla. Quando andate ai campi, dovete offrire il vostro lavoro al buon Dio; e così facendo nulla è perduto”. E dopo qualche parola di edificazione, Suor M. Marta le congedava: “Ora non so più cosa dirvi”. 

La nostra cara Sorella, in verità, non sapeva troppo conversare con le creature. Ma in cambio, come sapeva parlare con Dio! Quale incensiere ardente, essa si esalava in soavi profumi d'amore ai piedi del suo Diletto.  

Ciò avveniva perché essa aveva per Maestro il Dio stesso d'amore.   

Talora Nostro Signore le ricordava il precetto della preghiera vocale, mentale o di azione.  

Talora la invitava alla preghiera che aveva le sue preferenze: “Mio buon Maestro, quale preghiera desiderate da me? - interrogava un giorno prostrandosi alla Sua Presenza. “Mia figlia diletta, fammi la preghiera che t'ho insegnata, quella del cuore a cuore con Me. Nessuna preghiera mi è più gradita di questa, che vale assai più di quella delle labbra.... Io voglio la preghiera del cuore”.   

Altre volte Gesù insisteva sulla be llezza e potenza della preghiera: “La preghiera è la via per andare a Dio e per trovarlo. Il Cielo e la terra si congiungono con la preghiera e la giustizia cede il posto alla misericordia...”. 

Docile a gli insegnamenti ricevuti, Suor M. Marta era, - l'abbiamo visto - “la perpetua Orante” del Monastero. E noi sappiamo quanto Iddio si compiacesse di esaudirla.  

Ma anche la riconoscenza della nostra Sorella verso questo Dio così buono, era senza limiti.   

La RICONOSCENZA! Gesù la richiedeva in modo speciale dalla sua eletta e coltivava Egli stesso, nel di lei cuore, questo fiore di squisita delicatezza.  

Una delle intime pene di questa prediletta del Salvatore, le era cagionata dall'ingratitudine degli uomini. Dio dona tanto! Ed è ringraziato tanto male, e così poco! Quanto a lei, il suo cuore era in continua attitudine di riconoscenza come di riparazione e di amore. Tutto le forniva occasione d'innalzare verso il Padre celeste il suo cuore riconoscente: i legumi, le frutta che raccoglieva, la pioggia, il sole, il fuoco il nutrimento, i beni della natura e, più ancora quelli della grazia... tutto l'invitava a benedirlo.   

Una delle sue pratiche predilette era di ringraziare per il beneficio fondamentale della Redenzione. 

Un'altra di ringraziare Gesù Sacramentato, nell'anima dei comunicandi quando ritornano dalla santa Mensa.   

Lenire le ferite fatte al Cuore di Gesù da tanta ingratitudine e noncuranza delle creature, assumendo - secondo un desiderio espressole da Nostro Signore - “la carica della riconoscenza” entrava pure nelle nobili ambizioni di Suor M. Marta.   

Nel corso delle sue veglie Eucaristiche, l'azione del rendimento di grazie, si univa sempre alla preghiera riparatrice e alla contemplazione.   

E per suo conto personale Essa ringraziava non soltanto delle grazie ordinarie, dei benefici piacevoli, ma altresì delle grazie dolorose e delle sofferenze. Era il consiglio del buon Maestro: “Bisogna ricevere i miei colpi con gioia e dire a ogni pena: Grazie, mio Dio!”.  

Se è vero che la riconoscenza è uno dei segni della bellezza dell'anima, quale anima bella quella della nostra Sorella! “Perdono, grazie!”, quanto spesso queste due parole le salivano dal cuore alle labbra!   

“Mia Sorella, che cosa bisogna dire a Gesù?”, le veniva qualche volta domandato. - “Due sole parole, rispondeva essa: “perdono, grazie” ma bisogna dirle sempre”. Questa intensità di spirito di fede, di preghiera e di riconoscenza aveva in Suor M. Marta, l'impronta di una perfetta Semplicità, che le attirava il Cuore del Divino Sposo.   

“La semplicità” secondo S. Francesco di Sales, non è altro che un “atto di carità puro e semplice, che ha un solo fine: acquistare l'amor di Dio; e la nostra anima è semplice quando questo è il solo scopo del nostro operare”. (1)   

E la nostra Sorella non aveva davvero “altro scopo”. La sua purità d'intenzione era giunta a quel grado in cui può definirsi: “lo sguardo della creatura che cerca lo sguardo di Dio”.  

“ Guardami - le diceva Gesù - poiché Io ti guardo sempre... E' la Faccia di un Dio che si volge a te. Quando ho una Sposa tengo sempre gli occhi rivolti a Lei... Guardami per imitarmi e Io ti guarderò per purificarti dalle tue miserie.” Suor M. Marta corrispondeva a questa amorosa provocazione dello Sposo. E delle ore intere scorrevano così, soprattutto durante le veglie notturne: “Il tuo sguardo mi basta - le diceva il Diletto - e Io ti guardo”.   

Sguardo di contemplazione e d'amore che si prolungava, pur tra le occupazioni della giornata; e come era dolce a Gesù il sentirselo confermare dalle labbra della Sua Sposa! Presentandosi un giorno a Lei, mentre era intenta a spazzare il grande Chiostro del Monastero: “Dimmi, lo fai solo per il mio sguardo Divino?” - Sì, mio buon Maestro!”.  

Per chi avvicina Suor Maria-Marta, questo unico sguardo dell'anima sua verso Dio, non poteva passare 

inosservato: “Si sentiva, - diceva una delle sue compagne - che in lei nulla vi era di umano, e che non si occupava di se stessa”. Simile all'ancella di cui parla il Salmista (2), essa cercava solo in Dio la sua linea di condotta senza considerazioni umane, e senza ripiegarsi sull'io. 

Disposizione questa tanto più gradita al Signore perché accompagnata da innocente CANDORE. “Essa ha veramente il candore dell'infanzia”, attesta la sua Superiora. “Noi le domandavamo, riguardo alla grazia di cui gode di veder ogni giorno Gesù Bambino nella Santa Comunione: “Quando eravate nel mondo non parlaste mai di ciò al Confessore?” - “Oh! no, mia Madre, io credevo che tutti Lo vedessero egualmente”. 

  

Quando N. Signore le richiese tre segni di croce per ottenere la preservazione delle patate, Suor Maria-Marta previde un giorno che essa non avrebbe potuto il giorno dopo ridiscendere nella cantina: “Vi sono tre segni anche per domani, se Voi lo permettete, mio Gesù”. 

  

Nel settembre 1885 mentre faceva per ordine della Superiora la raccolta dei fichi, perdé l'equilibrio sulla sommità d'una scala e aggrappandosi ai rami esclama: “Buon Gesù, reggetemi, nostra Madre mi ha affidata a Voi”. 

  Ingenuità, candore, rettitudine assoluta, caratterizzano la sua fisonomia morale. 

  Semplicità nei rapporti con Dio, le Superiore, il prossimo. Semplicità in tutto. 

In Suor Maria-Marta nulla che risenta l'affettazione, la posa, nonché il rispetto umano. Niente d'impicciato in Lei. Dopo le sue estasi se ne ritorna bonariamente alle sue occupazioni ordinarie senza dar mostra del minimo imbarazzo. 

Semplicissima pure nella sua vita interiore: il dovere, la volontà di Dio, il servizio della Comunità, l'amore di Gesù e di Maria, la preghiera per tutti: ecco i suoi soli fini. 

In verità, Gesù poteva dire alla sua Diletta: “Io ho modellato il tuo cuore a gusto mio e per me solo. Vi ho tolto ogni sguardo verso la creatura. Vi ho posto una grande riconoscenza che ti fa ricordare dei miei benefici. Vi ho messo la semplicità del bambino”.   

Gesù aveva cura di coltivare nella sua Diletta questa semplicità. Le sue esigenze su questo punto andavano molto avanti, particolarmente quando si trattava dei rapporti con le Superiore.   

Un giorno, Gesù Bambino le si mostrò rivestito di una bellezza così incantevole, che Essa rimase immersa in un delizioso rapimento. Gelosa di godersi da sola tanta felicità, si promise di non farlo sapere a nessuno. Subito il Divin Bambinello le rimprovera questo pensiero: “Mi piacciono i bambini che Mi assomigliano e che dicono tutto con semplicità. Il vero bambino dice tutto alla mamma e tu, mia figlia, devi dire tutto a tua Madre”.  

Una volta Gesù le aveva chiesto di portare un messaggio alla Superiora ed essa tardava a trasmetterlo. Mostrandosele allora sotto forma di fanciullo (la nostra Sorella assicura di averlo veduto coi propri occhi), le domandò severamente: “Chi di noi due è il più grande?...” Meravigliata Suor M. Marta risponde: “Mio dolce Signore, di corporatura sono più grande io; ma sono un nulla davanti a Voi”. 

Allora Nostro Signore le fece comprendere che la sua domanda conteneva un rimprovero: essa aveva fatto “la grande” non piegandosi prontamente alla Volontà Divina.   

Simili rimproveri, però, non diminuivano la confidenza di Suor Maria-Marta. Essa aveva capito troppo bene questa lezione del Divin Maestro: “Desidero veder le mie Spose avanzare sulla via dell'amore e della confidenza. Le altre vie sono meno sicure e tropo difficili”.   

La pratica di questa confidenza, non era tuttavia senza difficoltà per la nostra Sorella; la sua delicatezza di coscienza, il suo amore ardentissimo per Gesù, l'avrebbero portata ad affliggersi eccessivamente di certe mancanze puramente esteriori. Se da un lato i favori del Cielo le furono largamente compartiti, non dimentichiamo che essa conobbe pure le angosce morali, le incertezze sulla propria via spirituale, le molestie e gli assalti accaniti del demonio.   

In tali dolorosi frangenti, il suo unico rifugio era una fede incrollabile nella bontà di Dio e nella parola dei di Lui rappresentanti. Sotto quest'egida Suor M. Marta trionfava d'ogni attacco nemico, e si manteneva nella confidenza semplice e serena. E non aveva forse come asilo supremo il Cuore stesso del Suo Diletto? Gesù infatti, benché l'avesse scelta per vittima e “la crocifiggesse” in mille modi, le dissipava però ogni timore esagerato: “Gettati nelle mie braccia - le diceva - qui non si può perire. Io non voglio che tu nutra la minima diffidenza. Io voglio l'amore e non il timore”.   

Favorita della Comunione quotidiana, la nostra Sorella esitava talvolta ad accostarsi alla Santa Mensa credendosi, nella sua umiltà, una grande peccatrice. “Mio buon Gesù, diceva una mattina, tutta ansiosa, nostra Madre vuole che io mi comunichi. - Vieni pure a me tranquillamente - le rispose il buon Maestro, - tu farai come il pulcino che chiude gli occhi nascondendosi sotto l'ala materna.   

Un giorno del settembre 1875, in cui la nostra Sorella era tormentata più del solito dallo spirito maligno, si mise a cantare a modo suo pur continuando il proprio lavoro, come per sfidare il nemico: “O Padre Eterno, io vi offro le cinque Piaghe del Vostro Figlio Gesù, affine di ottenere per il mondo e per le nostre Sorelle la guarigione delle nostre piaghe, e la liberazione delle anime sante del Purgatorio”.   

Questa voce, così poco armoniosa all'orecchio delle creature, penetrò i Cieli... Gesù, a questi accenti accorse tosto a consolare la sua Sposa mostrandole “il valore e la bellezza di un simile cantico”.   

Trovandosi un giorno in pena per una lieve mancanza, Nostro Signore le disse: “Vieni da Me: tu sei come un piccolo bimbo... Un padre non si offende mica, un padre non bada alle “puerilità” dei suoi piccini. Io amo tanto i bimbi piccini, mi son care le anime che vengono con fiducia a Me dopo le loro mancanze”.  

“Figlia mia, - le diceva un'altra volta - Io sto con te giorno e notte, presente nel tuo cuore e vi resterò continuamente fino a tanto che tu ti manterrai così come Io ti voglio, piccola, umile, immersa nel tuo nulla”. Candidamente, la nostra Sorella replicava: “Mio buon Gesù, quando io commetto qualche mancanza, come fate a restare con me? - Tu sei il bambino che offende suo padre senza saperlo - rispose il Salvatore, - ma appena se ne accorge si getta nelle braccia del padre, e questi dimentica tutto”.  

Pareva a Suor M. Marta, che la sua unione con Gesù, fosse più stretta e perfetta quanto più grande era la propria miseria: “Mio Gesù, aspetto tutto da Voi solo, perché io non sono che miseria”.   

Quando la confidenza si esprime con tanta umiltà e fede, si chiama ABBANDONO.   

Questa virtù, nelle circostanze ordinarie, non era scabrosa per lei: amava tanto nostro Signore, che cercava solo il suo Divino beneplacito sempre pronta a sacrificare al dovere, nell'oscuro e faticoso suo lavoro, le divine consolazioni dell'Orazione.   

Ma in una vita seminata di prove dolorose, l'abbandono assoluto nelle mani di Dio includeva talora una vera immolazione.  

Negli anni di digiuno richiesti dal Signore, vi furono momenti in cui la povera Sorella si sentiva estenuata e provava l'istintiva impressione di dover morire di sfinimento. Quale generosità e quale abbandono le occorreva allora, per conformarsi alle raccomandazioni del Signore: “Stai tranquilla... aspetta il cenno della mia volontà per tornare al refettorio”.  

Lo stesso si dica delle penose perplessità circa le sue vie straordinarie, con il loro corteggio di umiliazioni e di difficoltà... Essere il “Giocattolo d'amore” di Gesù comportava tutto ciò; e Suor M. Marta seppe esserlo docilmente.   

“Mia Madre - confessava alla sua Superiora - vedo che Nostro Signore è sempre più Padrone di me: io non faccio ciò che voglio io; ma ciò che vuole Lui”.   

Ma per arrivare a questo punto, la nostra cara Sorella avrà dovuto lottare molto? Il progresso fu lento o rapido? Non è facile rispondere... Comunque sia, sembra che essa sia andata ben lungi su questa via tanto cara al nostro Santo Fondatore.   

Cinque o sei mesi prima del suo decesso, racconta la sua Aiutante spirituale, le domandammo se temeva la morte o se la desiderava. Con l'espressione di un intenso desiderio, e come se gustasse di già le delizie dell'unione divina e l'eterna beatitudine tante volte intravvista, sua Carità esclamò: “Ah! avrei ben caro morire!...”. Poi, riprendendosi subito: “Ma, ecco!... desidero più di tutto la Volontà di Dio. Vivere o morire non conta nulla, purché io faccia la Volontà di Dio - Sì, comprendo; ma il Purgatorio non vi fa forse paura? - Oh sì! io non ci penso (sic), io mi abbandono. Che Egli faccia la sua Volontà; PER ME, IO MI ABBANDONO!”. 

RELIGIOSA DELLA VISITAZIONE SANTA MARIA DI CHAMBERY

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