mercoledì 13 ottobre 2021

Il nostro dovere è quello di parlare con chiarezza, in Giustizia e Carità

 


La Battaglia  Finale del Diavolo


Formuliamo le nostre accuse 

Gravi sono le calamità che affliggono ormai la Santa Chiesa e  l’umanità in generale. Nel capitolo precedente abbiamo visto come  lo stesso Papa Benedetto XVI abbia ammesso che “in vaste zone della  terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non  trova più nutrimento,” che dopo il Vaticano II “si è smesso di parlare di  certe verità fondamentali della fede, come il peccato, la grazia, la vita  teologale e i novissimi,” e che pertanto la Chiesa soffre a causa di un  “ambiente ecclesiale secolarizzato” e in molti luoghi sembra esservi un  “deserto senza Dio”. 

Questa situazione non si è verificata per caso. Le ammissioni del Papa  sono un’accusa implicita contro quei membri della gerarchia Cattolica  che hanno permesso questa catastrofe e ne sono quindi responsabili.  Il nostro Santo Padre, quand’era ancora il Cardinale Ratzinger, lesse  il Terzo Segreto nella sua integralità, pertanto quelle sue parole sono  state chiaramente pronunciate alla luce dei contenuti dell’intero Terzo  Segreto. 

 In questi tempi straordinari, proprio come durante la crisi Ariana,  i laici devono accollarsi delle responsabilità che in tempi normali non  gli competerebbero. In quanto membri del Corpo Mistico di Cristo,  abbiamo il dovere di combattere questa crisi della Chiesa, in base  alle nostre possibilità concrete. Dobbiamo quindi rifiutare il consiglio  di chi ci dice di indulgere nella grossolana presunzione che sia “Dio  a comandare la Chiesa”, se questo vuol dire rimanere in silenzio e  non fare niente contro l’errore e l’ingiustizia perpetrati dai membri  della gerarchia, o peggio ancora sottometterci ciecamente a qualsiasi  decisione proveniente dalle autorità ecclesiastiche, a prescindere da  quanto possano essere disastrose le conseguenze. 


Il nostro dovere è quello di parlare con chiarezza, in Giustizia e Carità

Questa non è la via del Cattolicesimo, non è ciò che fecero i laici  e religiosi rimasti fedeli durante la crisi Ariana e non è quello che  dobbiamo fare adesso. Il nostro silenzio e la nostra accondiscendenza  di fronte al disastro imminente sono per prima cosa un’ingiustizia nei  confronti della Chiesa, nonché un tradimento verso il nostro solenne  dovere di cercare la giustizia a tutti i costi, in quanto Cattolici Cresimati  e quindi soldati di Cristo.

Abbiamo anche l’obbligo di agire in carità verso i nostri fratelli  Cattolici, inclusi i nostri superiori nella gerarchia ecclesiastica. È pertanto  nostro dovere, in spirito di carità verso i nostri superiori, quello di opporci a ciò che sta accadendo alla Chiesa, anche se questo significa compiere un  passo estremo come quello di riprendere pubblicamente i nostri superiori. 

Come insegna San Tommaso d’Aquino: “Qualora ci fosse un  pericolo per la Fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro  prelati anche pubblicamente”. Per quale motivo in questi casi è giusto  e caritatevole che una persona rimproveri – persino pubblicamente - un  proprio superiore? San Tommaso afferma che “presumere di essere in  modo assoluto migliore del proprio prelato è un atto di presuntuosa  superbia, ma stimarsi migliore in qualcosa non è presunzione: poiché  nessuno in questa vita è senza qualche difetto. E si deve anche notare  che, quando un suddito ammonisce con carità il suo prelato, non per  questo si stima superiore a lui ma offre solo un aiuto a colui che, stando  alla regola di S. Agostino [Epist. 211], ‘quanto più si trova in alto,  tanto più è in grave pericolo.’”496 Ovviamente, anche i nostri fratelli  Cattolici corrono un pericolo – il più grave che si possa immaginare – a  causa dell’attuale condotta, innovativa e distruttiva allo stesso tempo,  intrapresa da alcuni elementi del Vaticano che hanno voluto voltare le  spalle, non solo al Messaggio di Fatima, ma anche alla missione salvifica  della Chiesa e ai suoi dogmi. 

Il desiderio sfrenato di seppellire il passato, in nome del Vaticano  II e del “nuovo orientamento” della Chiesa, è ciò che ha spinto l’attuale  Santo Padre a chiedere “un’ermeneutica della continuità” riguardo al  Concilio, piuttosto che “un’ermeneutica della rottura,” che consideri  cioè il Concilio come una rottura col passato. Che il Papa sia arrivato a  chiedere che il Concilio venga considerato in continuità col passato della  Chiesa – cioè con i Suoi insegnamenti tradizionali, la Sua liturgia, le Sue  pratiche e le Sue devozioni – è di per sé un segno dell’enormità della  crisi che ci troviamo ad affrontare. Tuttavia, i tentativi di restaurazione  di Papa Benedetto – ricordiamoli ancora: la “liberazione” della Messa  in Latino, la “riabilitazione” della Società di San Pio X, il suo rifiuto di  amministrare la Comunione nella mano, e così via – vengono purtroppo  ignorati, contestati o addirittura attivamente sabotati da più parti  all’interno della Chiesa. Il Papa rimane sostanzialmente prigioniero di  una burocrazia Vaticana, dominata dalla Segreteria di Stato, che sembra  avere una vita propria. È quindi necessario che i fedeli chiedano che  vengano prese misure adeguate contro le azioni e le omissioni di quei  loro superiori che sono implicati in questa crisi, o che comunque hanno  fatto poco o niente per impedirla. 

L’insegnamento di San Tommaso sul dovere di rimproverare i  nostri superiori se le azioni di quest’ultimi minacciano la Fede, riflette  gli insegnamenti unanimi dei Santi e dei Dottori della Chiesa. Come  insegnava il Dottore della Chiesa San Roberto Bellarmino, nella sua  opera sul compito del Pontefice Romano, anche il Papa può essere  rimproverato, disobbedito e persino resistito, se minaccia di recare un danno alla Chiesa: 

Così come è lecito resistere ad un Pontefice che aggredisca  fisicamente una persona, è ugualmente lecito resistere a colui che  aggredisca le anime o che disturbi l’ordine civile, o sopratutto, a  colui che cerchi di distruggere la Chiesa. Io dico che è giusto resistere a questa persona, non obbedendogli ed impedendo che i suoi ordini  vengano eseguiti; non è invece lecito tuttavia, giudicarlo, punirlo o deporlo, dato che queste azioni competono ad un superiore.497

Allo stesso modo si espresse il grande teologo Francesco Suarez,  vissuto nel XVI secolo (e che Papa Paolo V definì “Doctor Eximius et  Pius”):

… in questa seconda via il Papa potrebbe essere scismatico, se si rifiutasse di restare in unione con l’intero corpo della Chiesa,  come accadrebbe se per esempio decidesse di scomunicare  l’intera Chiesa, oppure, come osservano Torquemada e Cajetan, se desiderasse cambiare i riti della Chiesa basati sulla Tradizione  Apostolica. … Se [il Papa] desse un ordine contrario alle giuste  tradizioni, egli non dovrebbe essere obbedito; se cercasse di  compiere qualcosa di palesemente opposto alla giustizia e al bene  comune, sarebbe lecito resistergli; se egli attaccasse con la forza,  con la forza potrebbe essere combattuto, con la moderazione  proporzionata alla giusta difesa.498

Se è lecito resistere persino agli ordini o alle azioni di un Papa, se  quest’ultime possono recare un danno alla Chiesa, allora lo è a maggior  ragione per le azioni dei prelati che abbiamo nominato nelle pagine  precedenti. Papa San Felice III riuscì a riassumere questo concetto con  grande efficacia: “Non opporsi ad un errore vuol dire approvarlo; non  difendere la verità vuol dire sopprimerla”. I laici ed i semplici religiosi  non sono esenti da un simile dovere. Tutti i membri della Chiesa ne  sono effettivamente soggetti.

Abbiamo quindi il dovere di parlare apertamente di ciò che questi  prelati hanno fatto o impedito di fare. Abbiamo il dovere di portare  all’attenzione del Papa quelle che crediamo essere, in coscienza, le  prove assai ben documentate del fatto che questi prelati hanno causato  gravi danni alla Chiesa ed all’umanità, cospirando attivamente contro  il Messaggio di Fatima. Questa loro cospirazione li ha portati a tentare  di “modificare” il Messaggio, affinché potesse adattarsi alla loro fallace  saggezza umana che li ha portati a supporre di poter “aggiornare” la  Chiesa e di farla adattare al “mondo moderno”. Abbiamo il dovere di  supplicare il Santo Padre, per mezzo delle suppliche, affinché intervenga  per mettere fine a quest’ingiustizia contro la Madonna di Fatima e il Suo  Messaggio, che è indirizzato alla Chiesa e all’umanità tutta.

Questo nostro libro è in effetti una sola, lunga supplica al Santo  Padre – più completa e esaustiva di quella riportata nel Capitolo 19.  Anche lo stesso libro di Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima - che  ha accusato il Segretario di Stato del Vaticano di occultare una parte  del Terzo Segreto e di impedire la realizzazione della Consacrazione  della Russia - è sostanzialmente una specie di petizione al Santo Padre,  il quale non solo ha letto il libro di Socci – come da lui stesso riportato  (vedi Capitolo 14) – ma gli ha anche inviato una lettera personale sul  suo libro, “ringraziandomi per ‘i sentimenti che l’hanno suggerito.’”499  Che nessuno osi dire, quindi, che questo libro eccede o abusa del diritto  dei fedeli di comunicare tra loro e con i membri della gerarchia - incluso  il Papa regnante – in merito alle proprie preoccupazioni sui problemi  che affliggono la Chiesa – un diritto naturale che è sancito tra l’altro dal  Codice di Diritto Canonico.500 

Stiamo sottoponendo il nostro caso alla vostra considerazione, in  quanto membri fedeli della Santa Chiesa Cattolica, nella speranza che  possiate unirvi a noi nel supplicare il Santo Padre affinché intervenga  personalmente nella vicenda di Fatima. 

Padre Paul Kramer

Nessun commento:

Posta un commento