La Battaglia Finale del Diavolo
Formuliamo le nostre accuse
Gravi sono le calamità che affliggono ormai la Santa Chiesa e l’umanità in generale. Nel capitolo precedente abbiamo visto come lo stesso Papa Benedetto XVI abbia ammesso che “in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento,” che dopo il Vaticano II “si è smesso di parlare di certe verità fondamentali della fede, come il peccato, la grazia, la vita teologale e i novissimi,” e che pertanto la Chiesa soffre a causa di un “ambiente ecclesiale secolarizzato” e in molti luoghi sembra esservi un “deserto senza Dio”.
Questa situazione non si è verificata per caso. Le ammissioni del Papa sono un’accusa implicita contro quei membri della gerarchia Cattolica che hanno permesso questa catastrofe e ne sono quindi responsabili. Il nostro Santo Padre, quand’era ancora il Cardinale Ratzinger, lesse il Terzo Segreto nella sua integralità, pertanto quelle sue parole sono state chiaramente pronunciate alla luce dei contenuti dell’intero Terzo Segreto.
In questi tempi straordinari, proprio come durante la crisi Ariana, i laici devono accollarsi delle responsabilità che in tempi normali non gli competerebbero. In quanto membri del Corpo Mistico di Cristo, abbiamo il dovere di combattere questa crisi della Chiesa, in base alle nostre possibilità concrete. Dobbiamo quindi rifiutare il consiglio di chi ci dice di indulgere nella grossolana presunzione che sia “Dio a comandare la Chiesa”, se questo vuol dire rimanere in silenzio e non fare niente contro l’errore e l’ingiustizia perpetrati dai membri della gerarchia, o peggio ancora sottometterci ciecamente a qualsiasi decisione proveniente dalle autorità ecclesiastiche, a prescindere da quanto possano essere disastrose le conseguenze.
Il nostro dovere è quello di parlare con chiarezza, in Giustizia e Carità
Questa non è la via del Cattolicesimo, non è ciò che fecero i laici e religiosi rimasti fedeli durante la crisi Ariana e non è quello che dobbiamo fare adesso. Il nostro silenzio e la nostra accondiscendenza di fronte al disastro imminente sono per prima cosa un’ingiustizia nei confronti della Chiesa, nonché un tradimento verso il nostro solenne dovere di cercare la giustizia a tutti i costi, in quanto Cattolici Cresimati e quindi soldati di Cristo.
Abbiamo anche l’obbligo di agire in carità verso i nostri fratelli Cattolici, inclusi i nostri superiori nella gerarchia ecclesiastica. È pertanto nostro dovere, in spirito di carità verso i nostri superiori, quello di opporci a ciò che sta accadendo alla Chiesa, anche se questo significa compiere un passo estremo come quello di riprendere pubblicamente i nostri superiori.
Come insegna San Tommaso d’Aquino: “Qualora ci fosse un pericolo per la Fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente”. Per quale motivo in questi casi è giusto e caritatevole che una persona rimproveri – persino pubblicamente - un proprio superiore? San Tommaso afferma che “presumere di essere in modo assoluto migliore del proprio prelato è un atto di presuntuosa superbia, ma stimarsi migliore in qualcosa non è presunzione: poiché nessuno in questa vita è senza qualche difetto. E si deve anche notare che, quando un suddito ammonisce con carità il suo prelato, non per questo si stima superiore a lui ma offre solo un aiuto a colui che, stando alla regola di S. Agostino [Epist. 211], ‘quanto più si trova in alto, tanto più è in grave pericolo.’”496 Ovviamente, anche i nostri fratelli Cattolici corrono un pericolo – il più grave che si possa immaginare – a causa dell’attuale condotta, innovativa e distruttiva allo stesso tempo, intrapresa da alcuni elementi del Vaticano che hanno voluto voltare le spalle, non solo al Messaggio di Fatima, ma anche alla missione salvifica della Chiesa e ai suoi dogmi.
Il desiderio sfrenato di seppellire il passato, in nome del Vaticano II e del “nuovo orientamento” della Chiesa, è ciò che ha spinto l’attuale Santo Padre a chiedere “un’ermeneutica della continuità” riguardo al Concilio, piuttosto che “un’ermeneutica della rottura,” che consideri cioè il Concilio come una rottura col passato. Che il Papa sia arrivato a chiedere che il Concilio venga considerato in continuità col passato della Chiesa – cioè con i Suoi insegnamenti tradizionali, la Sua liturgia, le Sue pratiche e le Sue devozioni – è di per sé un segno dell’enormità della crisi che ci troviamo ad affrontare. Tuttavia, i tentativi di restaurazione di Papa Benedetto – ricordiamoli ancora: la “liberazione” della Messa in Latino, la “riabilitazione” della Società di San Pio X, il suo rifiuto di amministrare la Comunione nella mano, e così via – vengono purtroppo ignorati, contestati o addirittura attivamente sabotati da più parti all’interno della Chiesa. Il Papa rimane sostanzialmente prigioniero di una burocrazia Vaticana, dominata dalla Segreteria di Stato, che sembra avere una vita propria. È quindi necessario che i fedeli chiedano che vengano prese misure adeguate contro le azioni e le omissioni di quei loro superiori che sono implicati in questa crisi, o che comunque hanno fatto poco o niente per impedirla.
L’insegnamento di San Tommaso sul dovere di rimproverare i nostri superiori se le azioni di quest’ultimi minacciano la Fede, riflette gli insegnamenti unanimi dei Santi e dei Dottori della Chiesa. Come insegnava il Dottore della Chiesa San Roberto Bellarmino, nella sua opera sul compito del Pontefice Romano, anche il Papa può essere rimproverato, disobbedito e persino resistito, se minaccia di recare un danno alla Chiesa:
Così come è lecito resistere ad un Pontefice che aggredisca fisicamente una persona, è ugualmente lecito resistere a colui che aggredisca le anime o che disturbi l’ordine civile, o sopratutto, a colui che cerchi di distruggere la Chiesa. Io dico che è giusto resistere a questa persona, non obbedendogli ed impedendo che i suoi ordini vengano eseguiti; non è invece lecito tuttavia, giudicarlo, punirlo o deporlo, dato che queste azioni competono ad un superiore.497
Allo stesso modo si espresse il grande teologo Francesco Suarez, vissuto nel XVI secolo (e che Papa Paolo V definì “Doctor Eximius et Pius”):
… in questa seconda via il Papa potrebbe essere scismatico, se si rifiutasse di restare in unione con l’intero corpo della Chiesa, come accadrebbe se per esempio decidesse di scomunicare l’intera Chiesa, oppure, come osservano Torquemada e Cajetan, se desiderasse cambiare i riti della Chiesa basati sulla Tradizione Apostolica. … Se [il Papa] desse un ordine contrario alle giuste tradizioni, egli non dovrebbe essere obbedito; se cercasse di compiere qualcosa di palesemente opposto alla giustizia e al bene comune, sarebbe lecito resistergli; se egli attaccasse con la forza, con la forza potrebbe essere combattuto, con la moderazione proporzionata alla giusta difesa.498
Se è lecito resistere persino agli ordini o alle azioni di un Papa, se quest’ultime possono recare un danno alla Chiesa, allora lo è a maggior ragione per le azioni dei prelati che abbiamo nominato nelle pagine precedenti. Papa San Felice III riuscì a riassumere questo concetto con grande efficacia: “Non opporsi ad un errore vuol dire approvarlo; non difendere la verità vuol dire sopprimerla”. I laici ed i semplici religiosi non sono esenti da un simile dovere. Tutti i membri della Chiesa ne sono effettivamente soggetti.
Abbiamo quindi il dovere di parlare apertamente di ciò che questi prelati hanno fatto o impedito di fare. Abbiamo il dovere di portare all’attenzione del Papa quelle che crediamo essere, in coscienza, le prove assai ben documentate del fatto che questi prelati hanno causato gravi danni alla Chiesa ed all’umanità, cospirando attivamente contro il Messaggio di Fatima. Questa loro cospirazione li ha portati a tentare di “modificare” il Messaggio, affinché potesse adattarsi alla loro fallace saggezza umana che li ha portati a supporre di poter “aggiornare” la Chiesa e di farla adattare al “mondo moderno”. Abbiamo il dovere di supplicare il Santo Padre, per mezzo delle suppliche, affinché intervenga per mettere fine a quest’ingiustizia contro la Madonna di Fatima e il Suo Messaggio, che è indirizzato alla Chiesa e all’umanità tutta.
Questo nostro libro è in effetti una sola, lunga supplica al Santo Padre – più completa e esaustiva di quella riportata nel Capitolo 19. Anche lo stesso libro di Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima - che ha accusato il Segretario di Stato del Vaticano di occultare una parte del Terzo Segreto e di impedire la realizzazione della Consacrazione della Russia - è sostanzialmente una specie di petizione al Santo Padre, il quale non solo ha letto il libro di Socci – come da lui stesso riportato (vedi Capitolo 14) – ma gli ha anche inviato una lettera personale sul suo libro, “ringraziandomi per ‘i sentimenti che l’hanno suggerito.’”499 Che nessuno osi dire, quindi, che questo libro eccede o abusa del diritto dei fedeli di comunicare tra loro e con i membri della gerarchia - incluso il Papa regnante – in merito alle proprie preoccupazioni sui problemi che affliggono la Chiesa – un diritto naturale che è sancito tra l’altro dal Codice di Diritto Canonico.500
Stiamo sottoponendo il nostro caso alla vostra considerazione, in quanto membri fedeli della Santa Chiesa Cattolica, nella speranza che possiate unirvi a noi nel supplicare il Santo Padre affinché intervenga personalmente nella vicenda di Fatima.
Padre Paul Kramer
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