venerdì 29 ottobre 2021

LA CITTÀ DI DIO

 


...la soggezione della crudeltà... 

10. 4. Ma alcuni, si dice, anche se non avevano che consegnare,  sono stati torturati perché non creduti. Ma anche costoro forse  desideravano di avere e non erano poveri in virtù di una scelta  santa. A loro si doveva far capire che non le ricchezze ma gli stessi  desideri disordinati sono degni di tali sventure. Se poi non avevano  riposto oro e argento per un impegno di vita più perfetto, non so se  a qualcuno di loro avvenne di essere torturato perché si è creduto  che l'avesse. Ma anche se è avvenuto, certamente chi, fra le torture  testimoniava una santa povertà, testimoniava Cristo. Pertanto  anche se non è riuscito a farsi credere dai nemici, tuttavia un  testimone della santa povertà non poté essere torturato senza la  ricompensa del cielo. 


...l'inedia... 

10. 5. [11.] Ma una fame prolungata, dicono, ha fatto morire anche  molti cristiani. I buoni fedeli hanno volto anche questo fatto a  proprio vantaggio sopportando con fede. La fame, come la malattia, ha sciolto dai mali di questa vita coloro che ha estinto e ha  insegnato a vivere più morigeratamente e a digiunare più a lungo  coloro che non ha estinto. 


Anche la morte non è l'irrazionale. 

11. Ma, soggiungono, molti cristiani sono stati uccisi, molti sono  stati sterminati da varie forme di morte per contagio. Se il fatto è  penoso, è comunque comune a tutti quelli che sono stati generati  alla vita sensibile. Questo so che nessuno è morto se non doveva  morire una volta. Il termine della vita eguaglia tanto una lunga  come una breve vita. Quello che non è più, non è né migliore né  peggiore né più lungo né più breve. Che differenza fa con quale  genere di morte si termina la vita se colui, per il quale è terminata,  non è più soggetto a morire? Innumerevoli tipi di morte minacciano  in un modo o nell'altro ciascun uomo nelle condizioni di ogni giorno  della vita presente, finché è incerto quale di esse sopravverrà.  Chiedo dunque se è peggio subirne una morendo o temerle tutte  vivendo. E so bene che senza indugio si sceglie vivere a lungo sotto  l'incubo di tante morti anziché non temerne più alcuna morendo  una sola volta. Ma un discorso è ciò che l'istinto atterrito per  debolezza rifugge ed un altro ciò che la riflessione diligentemente  liberata dal timore dimostra come vero. Non si deve considerare  cattiva morte quella che è preceduta da una buona vita. E non  rende cattiva una morte se non ciò che segue alla morte. Coloro  che necessariamente moriranno non devono preoccuparsi molto di  ciò che avviene per farli morire ma del luogo dove saranno costretti  ad andare dopo morti. I cristiani sanno che è stata di gran lunga  migliore la morte del povero credente tra i cani che lo leccavano  che quella del ricco miscredente nella porpora e nella batista 37.  Dunque in che cosa quel ripugnante genere di morte ha  danneggiato i morti vissuti bene?.

Sant'Agostino

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