lunedì 17 gennaio 2022

SECONDA LETTERA - Differenza tra lui e gli altri. * La sola fede è coerente e persistente. * Depreca che questo stato sia considerato un'illusione.

 


SECONDA LETTERA

Differenza tra lui e gli altri. * La sola fede è coerente e persistente. * Depreca che questo stato sia considerato un'illusione.


NON trovando il mio modo di vivere nei libri, anche se non ho difficoltà al riguardo, tuttavia, per maggiore sicurezza, sarò lieto di conoscere i vostri pensieri al riguardo.

In una conversazione di qualche giorno fa con una persona pia, mi disse che la vita spirituale è una vita di grazia, che inizia con il timore servile, che è accresciuta dalla speranza della vita eterna, e che è consumata dall'amore puro; che ognuno di questi stati ha le sue diverse fasi, attraverso le quali si arriva infine a quella beata consumazione.

Non ho seguito tutti questi metodi. Al contrario, da non so quali istinti, ho trovato che mi scoraggiavano. Questa fu la ragione per cui, al mio ingresso nella religione, presi la risoluzione di consegnarmi a DIO, come la migliore soddisfazione che potessi fare per i miei peccati; e, per amore di Lui, di rinunciare a tutto il resto.

Per i primi anni, durante il tempo dedicato alla devozione, mi occupavo comunemente di pensieri di morte, giudizio, inferno, paradiso e dei miei peccati. Così continuai per alcuni anni applicando la mia mente attentamente il resto della giornata, e anche nel mezzo dei miei affari, alla presenza di DIO, che consideravo sempre come con me, spesso come in me.

Alla fine arrivai insensibilmente a fare la stessa cosa durante il tempo stabilito per la preghiera, cosa che provocava in me grande gioia e consolazione. Questa pratica produsse in me una così alta stima di DIO, che la sola fede fu capace di soddisfarmi su questo punto. [Suppongo che egli intenda dire che tutte le distinte nozioni che poteva formarsi di DIO erano insoddisfacenti, perché le percepiva come indegne di DIO, e quindi la sua mente non doveva essere soddisfatta che dalle vedute della fede, che apprende DIO come infinito e incomprensibile, come Egli è in Se stesso, e non come può essere concepito dalle idee umane].

Questo fu il mio inizio; e tuttavia devo dirvi che per i primi dieci anni soffrii molto: l'apprensione di non essere devoto a DIO, come avrei voluto, i miei peccati passati sempre presenti alla mia mente, e i grandi favori immeritati che DIO mi fece, furono la materia e la fonte delle mie sofferenze. Durante questo periodo cadevo spesso e mi rialzavo subito. Mi sembrava che le creature, la ragione e DIO stesso fossero contro di me; e la fede soltanto per me. A volte mi tormentava il pensiero che credere di aver ricevuto tali favori fosse un effetto della mia presunzione, che pretendeva di essere subito dove altri arrivano con difficoltà; altre volte che fosse un'illusione intenzionale, e che non ci fosse salvezza per me. Quando non pensavo ad altro che a finire i miei giorni in questi guai (il che non diminuiva affatto la fiducia che avevo in DIO, e serviva solo ad accrescere la mia fede), mi trovai subito cambiato; e la mia anima, che fino a quel momento era in difficoltà, sentì una profonda pace interiore, come se fosse nel suo centro e luogo di riposo.

Da allora cammino davanti a DIO con semplicità, con fede, con umiltà e con amore; e mi applico diligentemente a non fare e a non pensare nulla che possa dispiacerGli. Spero che quando avrò fatto ciò che posso, Egli farà di me ciò che gli piacerà.

Per quanto riguarda ciò che passa in me al momento, non posso esprimerlo. Non ho nessun dolore o difficoltà per il mio stato, perché non ho altra volontà che quella di DIO, che mi sforzo di compiere in ogni cosa, e alla quale sono così rassegnato, che non prenderei una paglia da terra contro il Suo ordine, o per qualsiasi altro motivo se non quello del puro amore per Lui.

Ho abbandonato ogni forma di devozione e di preghiera, tranne quelle a cui il mio stato mi obbliga. E non faccio altro che perseverare nella Sua santa presenza, dove mi mantengo con una semplice attenzione e un generale riguardo affettuoso a DIO, che posso chiamare una presenza effettiva di DIO; o, per parlare meglio, una conversazione abituale, silenziosa e segreta dell'anima con DIO, che spesso provoca in me gioie ed estasi interiori, e talvolta anche esteriori, così grandi che sono costretto a usare mezzi per moderarle e impedirne la comparsa agli altri.

In breve, sono sicuro al di là di ogni dubbio, che la mia anima è stata con DIO più di questi trent'anni. Tralascio molte cose per non tediarvi, ma ritengo opportuno informarvi su come mi considero davanti a DIO, che considero il mio Re. Mi considero come il più miserabile degli uomini, pieno di piaghe e di corruzione, e che ha commesso ogni sorta di crimini contro il suo Re; commosso con un sensibile rammarico gli confesso tutta la mia malvagità, gli chiedo perdono, mi abbandono nelle sue mani, perché faccia di me ciò che gli piace. Questo Re, pieno di misericordia e di bontà, lungi dal castigarmi, mi abbraccia con amore, mi fa mangiare alla sua tavola, mi serve con le sue stesse mani, mi dà la chiave dei suoi tesori; conversa e si diletta con me incessantemente, in mille e mille modi, e mi tratta in tutto e per tutto come il suo preferito. È così che mi considero di tanto in tanto alla sua santa presenza.

Il mio metodo più abituale è questa semplice attenzione, e un tale generale appassionato riguardo a DIO; al quale mi trovo spesso attaccato con più dolcezza e delizia di quella di un bambino al seno della madre: così che, se oso usare l'espressione, dovrei scegliere di chiamare questo stato il seno di DIO, per l'inesprimibile dolcezza che vi assaporo e provo. Se talvolta i miei pensieri si allontanano da esso per necessità o infermità, sono subito richiamato da moti interiori, così affascinanti e deliziosi che mi vergogno di menzionarli. Desidero che la vostra riverenza rifletta piuttosto sulla mia grande miseria, di cui siete pienamente informato, che sui grandi favori che Dio mi fa, indegno e ingrato come sono.

Quanto alle mie ore fisse di preghiera, non sono che una continuazione dello stesso esercizio. A volte mi considero lì, come una pietra davanti ad un intagliatore, di cui egli deve fare una statua: presentandomi così davanti a DIO, desidero che Egli faccia la sua immagine perfetta nella mia anima, e mi renda interamente simile a Lui.

Altre volte, quando mi applico alla preghiera, sento tutto il mio spirito e tutta la mia anima sollevarsi senza alcuna cura o sforzo da parte mia; e continua come sospeso e fermamente fissato in DIO, come nel suo centro e luogo di riposo.

So che alcuni accusano questo stato di inattività, illusione e amore per se stessi: Confesso che è una santa inattività, e sarebbe un felice amor proprio, se l'anima in quello stato ne fosse capace; perché in effetti, mentre è in questo riposo, non può essere disturbata da quegli atti a cui era prima abituata, e che allora erano il suo sostegno, ma ora la ostacolerebbero piuttosto che aiutarla.

Tuttavia non posso sopportare che questo sia chiamato delirio, perché l'anima che così gode di DIO non desidera altro che Lui. Se questa è un'illusione in me, spetta a DIO porvi rimedio. Che faccia di me ciò che gli piace: Io non desidero che Lui, ed essere completamente devota a Lui.

Tuttavia, mi farete la cortesia di mandarmi la vostra opinione, alla quale ho sempre una grande deferenza, perché ho una singolare stima della vostra riverenza, e sono vostra nel nostro Signore.

Lawrence, Brother (Nicholas Herman, c. 1605-1691)

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