Maria e gli Eutichiani
Stante l'universale e ferma credenza dei fedeli nella Divina Maternità di Maria SS. ma, non reca meraviglia che in tutto il mondo, cattolico si levasse un grido di santa indignazione quando Nestorio, con la sua lingua rigonfia di veleno, osò lanciare la immonda sua bava contro la Beatissima sempre Vergine Maria, tentando di strapparLe dall'augusta fronte il glorioso diadema di Madre di Dio.
Ma, purtroppo, anche dopo la condanna del Concilio di Efeso, Nestorio non cessò di diffondere la sua eresia. E i santi Padri, da parte loro, non cessarono mai dal combattere la perversa dottrina.
Se non che, tra coloro stessi che combattevano Nestorio, vi fu anche chi cadde in nuove eresie. Tra questi, in modo speciale, va ricordato un certo monaco di nome Eutiche.
Eutiche nacque a Costantinopoli nel 378. Ancora giovane di età, abbracciò la vita Religiosa in un Monastero situato nei dintorni della città natale. Ebbe come maestro un certo Massimo, acerrimo avversario del nestorianismo, e seppe infondere nel discepolo l'odio contro l'eresia. Divenuto Sacerdote ed eletto Superiore del suo Monastero, Eutiche si gettò a capofitto nelle controversie dottrinali del tempo, mentre la prudenza avrebbe dovuto suggerirgli il silenzio, data la sua scarsa conoscenza teologica. Comunque, al tempo del Concilio di Efeso, dove Nestorio venne condannato, si unì ai Monaci della capitale e guidato dall'abate Dalmazio, appoggiò S. Cirillo di Alessandria.
Morto Dalmazio, Eutiche divenne una delle più nobili figure del Monachismo. Il suo prestigio si accrebbe ancor più quando salì al potere, come ministro dell'imperatore, un certo Crisafio, che egli aveva tenuto al Battesimo.
Però questo stroncatore di eretici, non era un ortodosso puro...!
Eutiche infatti finì per iscrivere tra i nestoriani tutti coloro che professavano due nature in Gesù Cristo, dopo l'unione.
All'opposto di Nestorio, Eutiche insegnava che in Cristo esistevano sì due nature complete, ma solo prima della unione della umanità con la divinità. Dopo il mirabile connubio, non rimase che la natura Divina. L'umanità di Cristo non sarebbe quindi stata della stessa natura degli altri uomini, e Maria fu solo veicolo, non generatrice del Corpo del Signore (Enciclp. Catt.).
Chi intuì la nuova eresia, fu Eusebio, Vescovo di Dorilea (in Frigia), già amico di Eutiche. Provò il buon Vescovo di richiamare l'amico a migliori consigli, ma Eutiche si mostrò sempre irremovibile: e fu allora che Eusebio si decise di denunciarlo alla Chiesa.
In un Concilio, raccolto in Costantinopoli, di 32 Vescovi, Eutiche fu invitato dai Padri a giustificarsi; ma per sei giorni non comparve, allegando pretesti di età e di salute. Finalmente si presentò e, dietro richiesta, fece aperta dichiarazione della sua dottrina: «Credo in Cristo due nature prima dell'Incarnazione; una sola dopo l'Incarnazione». Duplice bestemmia: una col dire che Cristo esistette anche prima della Incarnazione del Verbo, come semplice uomo, e con questo è negata la Divina Maternità di Maria; l'altra nel dire che dopo l'Incarnazione, in Cristo non esiste la natura umana, e con questo si viene a negare la redenzione del mondo.
I Vescovi presenti, con tutta la paternità e dolcezza, cercarono di persuadere Eutiche, presentandogli e spiegandogli la dottrina cattolica, ma Eutiche, irremovibile, si rifiutò di accettarla. Fu allora che i Padri del Concilio lo scomunicarono, lo deposero dal Sacerdozio e dalla carica di Superiore del suo Monastero (Mauri Lez. St. ecc, P. 1. p. 219).
Nel 449, con mille intrighi, l'eresiarca riuscì a farsi riabilitare presso l'Imperatore con l'appoggio di Crisafio, ma fu un successo di breve durata. Nel 451, nel Concilio di Calcedonia, mentre i suoi scritti furono gettati nel fuoco e Crisafio condannato a morte, Eutiche fu nuovamente condannato e cacciato dal suo Monastero (Enciclp. Catt.).
Anche in questa eresia, è la Beatissima Vergine Maria che viene intaccata nella sua Divina Maternità; ma sarà proprio Essa che interverrà ancora una volta a sgominare l'eresia e a far risaltare la verità.
La condanna di Eutiche, fu il trionfo di Maria Vergine, e, per Lei, la Chiesa diffuse maggiormente le glorie della Madre di Dio, che si mostrò, come sempre, distruggitrice dell'errore e difesa della verità.
Ecco infatti i santi Padri che, esprimendo il pensiero della Chiesa, con i loro scritti diffondono gl'insegnamenti della fede.
Fra i tanti, citiamo Tertulliano, figura di primo piano fra i rappresentanti del pensiero cristiano latino nei primi secoli. Quando parla di Gesù Cristo che ha preso la nostra carne da Maria, così si esprime: «Dio volle strappare dagli artigli infernali l'immagine sua e la sua somiglianza impressa nella natura umana... Eva, cacciata dal Paradiso, fra i dolori generò un figlio fratricida: Maria Vergine, per contrario, diede alla luce Colui che, con la sua morte, avrebbe un giorno salvato Israele, suo fratello e suo uccisore» (De carn. Chr. 17.32).
Ma come avrebbe potuto Tertulliano chiamare Israele fratello di Gesù Cristo, senza ammettere in Cristo la natura umana? Se l'uomo doveva riparare l'offesa fatta a Dio, come avrebbe potuto Gesù Cristo salvare Israele, cioè l'umanità intera, se non era un vero uomo? Non diversamente si esprime S. Anselmo Cantuariense: «Si ammiri quell'Unigenito Figliuolo consustanziale di Dio Padre, coeterno, Coonnipotente, di sua sostanza! Ora questi, come unico a sé, non volle il Divin Genitore che rimanesse unicamente suo; ma volle che quel medesimo divenisse, con tutta verità, Unigenito e Figlio naturale della Vergine: non nel senso che fossero due, uno Figlio di Dio e l'altro Figlio di Maria; ma quello stesso che è Figlio di Dio Padre, fosse pure Figlio di Maria, e quegli che è Figlio di Maria, sia Figlio di Dio» (De excell. B. V. c. 3).
Non meno bello e chiaro è il commento che S. Ambrogio fa sulle parole del Profeta Isaia «Flos de radice eius ascendet». (c. 2.1). Dice il Santo Dottore che «Maria è la radice e Gesù il fiore». Giustamente si chiama Maria Radice da cui venne Gesù Cristo, che tolse il fetore delle mondane brutture ed infuse un profumo di vita eterna. E con la figura del fiore che, attraverso lo stelo, è unito alla radice, S. Ambrogio vuole farci conoscere l'intima unione che esiste tra il Cristo e la Vergine sua Madre. La Beatissima Maria produce il fiore bellissimo dei campi, e questo moltiplica sulla terra rose e gigli.
Cosa poteva dirsi di più per esprimere che in un solo e medesimo decreto si dichiari l'unione della Vergine con Cristo nella grande opera della santificazione del mondo?
«A questa grande opera, dice il celebre Abate di Preneste, era necessaria la radice di Iesse, dalla quale doveva nascere quel frutto che, gustato, non recasse la morte, ma ridonasse la vita» (In Deip. Ann.).
A queste affermazioni, si potrebbero aggiungere i detti di altri Padri e Dottori Ecclesiastici, dei quali si è parlato confutando le precedenti eresie. Tutti sono concordi nell'esporre la dottrina della Chiesa, e cioè che dalla Maternità Divina della Vergine Maria scaturisce la verità: «Cristo è vero Dio e vero Uomo»!
Ora se noi troviamo che i Padri presentano Maria SS. ma come opera coordinata ab aeterno al Divin Salvatore, e, come Lui, così la Vergine uscita dalle mani di Dio per la riparazione e salute del genere umano, ben si comprende perché la Chiesa Cattolica sia tanto propensa ad onorare ed esaltare Maria, e come dopo Gesù, riporre in Lei ogni sua speranza.
Su l'esempio della Chiesa, cerchiamo anche noi di onorare ed ossequiare la Madre di Dio quanto più possiamo, ed in ogni nostra necessità, ricorriamo a Lei e riponiamo nel suo Cuore materno la nostra fiducia.
Indubbiamente dobbiamo compassionare Eutiche, che fu più ignorante che colpevole. Ebbe il gravissimo torto di volersi occupare di teologia, nonostante la sua impreparazione; e giustamente S. Leone Papa disse di lui: «Fuit multum imprudens et nimis imperitus» (Epis. 28).
P. AMADIO M. TINTI
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