LA PERSECUZIONE CONTRO LA CHIESA
«È infinito l’amore che ti porto!»
Il dì 21 gennaio 1815 così la povera Giovanna Felice: subito levata sono stata favorita da particolare illustrazione. Questa illustrazione mi mostrava quale e quanto sia
l’amore che Dio porta alla povera anima mia. A questa cognizione sentivo accendermi di amore verso l’infinita bontà di Dio. Intanto andava crescendo la cognizione, e il mio spirito andava inoltrandosi viepiù.
Oh, come si struggeva di amore verso l’eterno, l’infinito, l’amante Signore!
Nella santa Comunione, da questa vasta cognizione sono passata ad un intimo raccoglimento, senza però perdere la vista intellettuale dell’eterno bene, anzi più chiaramente
lo scolpiva, ma l’anima mia andava appresso a Dio con sommo silenzio, solo compiacendosi di compiacere l’oggetto amato, che dolcemente mi tirava col manifestarmi occultamente le sue nobilissime perfezioni. Il perfetto
silenzio era di tratto in tratto interrotto dalla sua voce divina, che pronunciando amorosi accenti verso la povera anima mia, l’andava inebriando di amore: «Figlia», diceva, «diletta mia, ti ho creato
per beneficarti!».
A queste parole la degnava di tenero amplesso. L’anima mia restava immersa in Dio. Dopo pochi momenti tornava nuovamente Dio a compiacersi: «Amica mia», diceva, «è
infinito l’amore che ti porto!». Nuovamente si degnava di abbracciare la povera anima mia. Tornò per la terza volta a compiacersi con maggior gagliardia, che credetti veramente di restare estinta: «Sposa
mia», diceva, «oggetto delle mie compiacenze!».
Le sue parole erano per me tanti dardi che incendiavano il mio povero cuore. Mio Dio! e come potrò io manifestare grazia sì grande? Padre mio, giunsi in quei felici momenti
ad amare Dio quanto si può amare da anima viatrice. Fu tale e tanta la speciale impressione che l’anima mia ricevette da questo favore, che le compartì Dio per pura sua misericordia, che dal giorno 21 fino
al giorno 25 ho sperimentato i buoni effetti della suddetta grazia, con l’essere più o meno sempre assorta in Dio.
Beata Elisabetta Canori Mora
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