AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO
Ancora una testimonianza di Giobbe.
11. 28. Quel medesimo sant'uomo di Giobbe dice: In tutta la mia vita il mio cuore non mi rimprovera nulla 119. Allora, nella vita presente in cui viviamo di fede, il nostro cuore non ci rimprovera nulla, solo se la medesima fede, in forza della quale con il cuore si crede per ottenere la giustizia 120, non trascura di rimproverarci il nostro peccato. L'Apostolo dice in proposito: Io non compio il bene che voglio, ma il male che detesto 121. Il bene infatti che voglio è di non desiderare, e questo bene vuole il giusto che vive di fede 122, e tuttavia egli fa il male che detesta, perché desidera, benché non vada dietro alle sue concupiscenza 123: se vi è andato dietro, allora è proprio lui che l'ha fatto così da cedere, da acconsentire, da obbedire al desiderio del peccato. È allora che il suo cuore lo rimprovera, perché allora rimprovera personalmente lui e non più quel peccato che abita nelle sue membra. Se al contrario egli non lascia che il peccato regni nel suo corpo mortale così da obbedire ai suoi desideri, se non offre le proprie membra come strumenti d'ingiustizia al peccato 124, il peccato risiede, sì, nelle sue membra, ma non vi regna, perché le sue brame non sono assecondate. Perciò nel fare quello che detesta, cioè nel desiderare mentre non vuol desiderare, si trova d'accordo con la legge che è buona 125 . Vuole infatti egli stesso quello che vuole anche la legge: egli vuole non desiderare e la legge dice: Non desiderare 126. In questo, poiché vuole ciò che vuole la legge, è d'accordo con la legge. Tuttavia desidera perché non è senza il peccato, ma non è più lui stesso a farlo, cioè a desiderare, bensì il peccato che abita in lui 127 . Il suo cuore quindi non gli rimprovera nulla in tutta la sua vita, cioè nella sua fede, perché è di fede che vive il giusto 128 e dunque la fede è la vita del giusto. Sa infatti che non abita il bene nella sua carne dove abita il peccato 129, ma senza consentire al peccato vive di fede e con essa invoca Dio che lo aiuti mentre combatte contro il peccato, riguardo al quale ha il desiderio che non abiti affatto nella sua carne, ma non ha la capacità di fare perfettamente tal bene in se stesso 130. Non è che gli manchi la capacità di fare il bene, ma gli manca la capacità di fare il bene perfettamente. Per esempio, non consentendo al peccato fa il bene, e odiando la propria concupiscenza fa il bene, e non cessando di elargire elemosine fa il bene, e perdonando a chi pecca contro di lui fa il bene, e chiedendo che gli siano rimessi i suoi debiti, e dichiarando con sincerità di rimetterli egli stesso ai suoi debitori, e pregando di non essere indotto in tentazione, ma di essere liberato dal male, fa il bene: tuttavia fare perfettamente il bene non è alla sua portata. Lo sarà quando non esisterà più quella concupiscenza che abita nelle sue membra. Non è lui dunque che il suo cuore rimprovera quando rimprovera il peccato che abita nelle sue membra e quando non ha da rimproverare a lui personalmente nessuna mancanza di fede. Così da una parte il giusto non è rimproverato dal suo cuore nella sua vita, ossia nella sua fede, dall'altra è convinto che non è senza peccato. Lo confessa di sé anche Giobbe dicendo: Nulla ti è sfuggito dei miei peccati. Hai sigillato in un sacco le mie colpe e hai notato perfino le mie trasgressioni involontarie 131. Noi pertanto abbiamo spiegato, come ci è stato possibile, quale interpretazione si deve dare alle parole del santo Giobbe, citate da costui; egli al contrario non ha risolto la difficoltà che nasce dal testo del medesimo Giobbe riferito da lui: Chi è mondo dal peccato? Nemmeno un bambino che abbia un solo giorno di vita sopra la terra 132 .
Sant'Agostino
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