sabato 9 novembre 2019

PADRE PIO E IL DIAVOLO



Gabriele Amorth racconta... 

Tradimenti 

San Giovanni Rotondo fu il teatro di una battaglia continua, quotidiana, durissima, anima per anima, fra il monaco santo e il suo avversario. Che utilizzò ogni strumento, ordinario e straordinario, per togliere di mezzo quello che evidentemente giudicava un combattente temibile. A San Giovanni Rotondo vi furono manifestazioni eccezionali del diavolo, ma soprattutto fu lì che si sviluppò, con il concorso e l'aiuto di uomini di chiesa, l'operazione principale contro Padre Pio: l'attentato alla sua credibilità. Fu un capitolo doloroso, che portò a una disgraziatissima «Visita apostolica», (una specie di indagine della Santa Sede, fatto sempre traumatico, dove avviene, che sia una diocesi, un convento, o un seminario) e addirittura a spiare, con microfoni e registratori i colloqui e probabilmente - checché se ne dica ufficialmente - anche le confessioni di Padre Pio: una violazione gravissima del Sacramento della riconciliazione. Possiamo solo accennare alle linee portanti della questione, d'altronde notissima, per rendere comprensibile quello che racconteremo. 
Padre Pio veniva accusato di avere comportamenti non leciti con alcune sue figlie spirituali, del gruppo delle «pie donne»; cioè quelle che seguivano il suo apostolato con particolare fervore. L’accusa giungeva - anche, ma non solo - da una o più seguaci, che si sentivano meno privilegiate, o scavalcate; e in particolare da Elvira, una delle sorelle Serritelli, residenti a San Giovanni Rotondo. E una vicenda dai contorni che hanno dell’incredibile. Il professore Antonio Bianchi, uno dei testimoni sentiti dagli autori della Positio, dirà: «... La loro denuncia non è il prodotto di un inconsulto raptus di follia. La loro follia è fredda e paziente: cerca un aggregazione e una risonanza. Una visita apostolica non si decide dalla sera al mattino. Quasi certamente non era nelle previsioni delle Serritelli. Eppure, quando si profila, esse non accusano incertezze ed entrano in scena come se da tempo avessero studiato il copione e previsto comparse collaterali. Le Serritelli cercarono adesioni anche in un’altra direzione. Trovarono sintonia e gamma d'onda in padre Giustino. Attorniavano puntualmente l'altare dove celebrava padre Giustino prima della messa del Padre. Dall'intesa la partecipazione del segreto che le Serritelli, sia pure con cautela, si studiavano che non rimanesse segreto. Di qui l'atteggiamento secco e sprezzante di padre Giustino nei confronti del Padre, la collocazione di un suo confessionale con le spalle girate e in alternativa a quello di Padre Pio e il susseguente accanimento anche dopo la morte del Padre, che trova una spiegazione nella fede prestata alle confidenze delle Serritelli.» 

Padre Giustino è l’ideatore e l’autore delle registrazioni scandalose; un cappuccino «esiliato» a Malta, e fatto richiamare in convento a San Giovanni Rotondo proprio da Padre Pio. Di lui dice padre Carmelo. 

Durante che padre Giustino, già da studente di teologia: «Per il suo legalismo di “zelota”, si adoperò con tutti i mezzi, anche con ricorsi arbitrari a Roma, di far rinviare l'ordinazione sacerdotale a uno o più confratelli da lui ritenuti indegni. Tra gli studenti scoppiò un dramma insanabile».  

Padre Giustino vedeva sesso e peccato ovunque; incaricato di occuparsi di Padre Pio, che ormai era nei settant'anni, temeva in maniera maniacale per la salvezza della sua anima. 
Insieme a fra’ Masseo; fu lui, grazie alla sua esperienza di muratore, che installò cavi, microfoni e registratore. Fra’ Masseo da San Martino in Pensilis, racconta padre Carmelo Durante, «del padre Giustino fu fedelissimo collaboratore, esecutore e segretario. Entrambi, per consiglio di una certa suor Lucina, arrivarono, secondo testimonianze di testi oculari, a seguire Padre Pio, esorcizzandolo, con getti di acqua santa, convinti che fosse invasato dal demonio!...». 

MARCO TOSATTI 

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