Si espongono i mezzi per cui il direttore può acquistare la predetta discrezione degli spiriti.
§.1
36. Se ogni professore è tenuto a sapere e a praticare i mezzi per cui conseguire il fine della sua arte, quanto più sarà obbligato un maestro di Spirito di sapere e mettere in pratica quei mezzi per cui può solamente (se pure Iddio non voglia con doni straordinari soccorrerlo) giungere a discernere lo spirito vero dal falso, e a dare ciascuno di essi la debita direzione; mentre questa, secondo il celebre detto di s. Dionisio Areopagita, è l’arte la più eccelsa e la più divina che possa darsi, cooperandosi con essa alla salute e perfezione delle anime per cui ha Iddio dato la vita ed ha votato del suo preziosissimo sangue tutte le vene (s. Dion. Areop. De coelen. hierarch. C. 3). I mezzi che devono usarsi sono molti; ed io tra questi sceglierò i primari e i più importanti, e brevemente gli esporrò.
37. Primo mezzo: chiedere a Dio incessantemente lume di discrezione perché i pensieri e gli affetti de' mortali sono incerti e dubbiosi – “I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni (Sap. 9, 14): e Iddio solo che vede l’intimo dei cuori, è il ponderatore de' nostri spiriti come se ne protesta egli stesso ne' Proverbi:
(Prov.16, 2): e però da lui solo deve sperarsi quella luce che è necessaria per discernerli senza errore. Ad esso, dice S. Lorenzo Giustiniani, si appartiene il donare una certa intelligenza per cui con guardo mentale si mirano le illusioni spirituali de' demoni, e si distinguono le diverse qualità dei moti interiori delle anime (S. Laurent. fustin. Sermo in festo Pentec.). Dunque, avvisa S. Giacomo (Gc.1,5): se alcuno ha bisogno di un certo lume di sapienza discernitivo degli altrui spiriti, lo chieda a Dio, che lo dà a mani piene. Ma avverta, soggiunge l'apostolo, di domandarlo con viva e ferma fede; perché quello che tituba, è simile alle onde del mare agitate da' venti che non hanno fermezza, sicché essendo egli fluttuante nel credere, sarà anche inabile a ricevere il bramato discernimento (Gc.1,6-7).
38. Allora però conviene rinnovare le preghiere con più fervore quando il direttore si accinge all’esame di qualche anima; e più specialmente, quando si imbatte in certi punti più intrigati e più astrusi che non sa egli penetrare e distinguere col suo sapere, affinché Iddio gli rischiari la mente coi suoi celesti lumi. Allora deve dire col santo re Giosafat (2 Paralip. 20, 12): io, Signore, non so, che giudizio formare di quest'anima: altro non mi resta che alzar gli occhi e la mente a te, ed implorar la tua luce.
39. Ma qui nasce subito un dubbio. Se anche per questa discrezione è necessaria la luce soprannaturale, non vi sarà diversità fra la discrezione che si acquista con industrie, e quella che si riceve per dono; mentre l'una, e l'altra dipendono dalla divina illustrazione. Rispondo, che bisogna distinguere due luci soprannaturali; una straordinaria, l’altra ordinaria; quella è una grazia «gratis data”; questa appartiene alla grazia, che chiamano «gratum faciens”, comune a tutti gli uomini giusti: quella si concede ai pochi; questa non si nega ad alcuno, massime se si trovi in grazia. Ora la luce che appartiene al dono della discrezione infusa, di cui parlammo nel capo terzo, non è questa seconda, è quella prima, e consiste in una illustrazione della mente pura, chiara, penetrativa, per cui vede subito la persona (o in sé stessi, o per piccoli indizi senza perquisizioni ed esami) i moti degli animi altrui, e distingue tosto la qualità di tali movimenti.
Questa specie di discrezione (quando pure Iddio la concede) è la migliore, chi non lo vede? Perché con essa si giunge presto e con sicurezza a scoprire ciò che si nasconde negli altrui cuori. La spiega a meraviglia bene S. Giovanni della Croce dicendo così: «Si dee però avvertire, che questi, che hanno lo spirito purificato, con più facilità possono conoscere, ed uno più dell’altro, ciò ch'è nel cuore o nell'interno dell'anima, e le inclinazioni ed i talenti delle persone, e questo per indizi esteriori, quantunque siano moho piccoli, come per parole, movimenti, ed altri segni ... Laonde, quantunque naturalmente non possono le persone spirituali conoscere i pensieri o quello ch'è. nell'interno; ben lo possono conoscere mediante l'illustrazione soprannaturale per indizi» (S. G. della Croce, Sal. del mon. Car. lib. 2, cap. 26.).
40. La luce però, che appartiene alla discrezione ordinaria degli spiriti, acquistabile da chi che sia, di cui parliamo nel presente capitolo, non è sì purificata, sì vivace, sì penetrante; ma è più bassa, più oscura e più debole, e non può, né per se stessa, né con la sola scorta di qualche indizio, penetrare l'origine delle mozioni interne.
Ha bisogno di lunghi, diligenti e replicati esami. Ha bisogno di precetti, di regole e di ben fondate dottrine: perché alla fine il suo uffizio altro non è che, rischiarare e dirigere la mente del maestro spirituale, acciocché applichi bene ne' casi particolari le regole che si danno per la discrezione degli spiriti; onde quegli con questa buona applicazione giudicando, colga nel vero. Questa luce dunque è ordinaria. né si nega ad alcuno; che però ogni superiore, padre spirituale e direttore delle anime, ha da chiederla continuamente a 'Dio, e specialmente quando si pone ad esaminare lo spirito de' suoi discepoli, o essi gli rendano conto del loro interno; ma più particolarmente ne' casi ardui e dubbiosi: altrimenti, non ostante qualunque notizia ch'egli abbia acquistata, fallirà nell'applicazione delle dottrine, non darà giusto e vero giudizio delle altrui interne operazioni, e solo potrà dirsi di lui, che sia un buon discernitore degli spiriti in speculativa, ma non in pratica. In somma si ricordi dell'insegnamento autorevole del Concilio Tridentino: che Iddio vuole, che facciamo ciò che possiamo per abilitarci; e dove non arrivano le nostre industrie vuole che imploriamo il suo aiuto dichiarandosi pronto a somministrarcelo (Trid. sess. 6. cap. II).
G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS
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